di ANTONIO AMENDOLA
Grande successo a Roma per 100 click 4 Change, la mostra a cura di pianoBI che ha proposto in 100 scatti i primi due anni di vita del network internazionale di fotografi sociali Shoot 4 Change. Dal 16 al 30 settembre, il celebre Palazzo Valentini ha fatto da prima tappa a un’esposizione che intende essere itinerante, coinvolgendo altre città in Italia e all’estero dando spazio man mano alle opere di tutti i fotografi del network.
Per ridare visibilità a storie di bisogno sociale sottovalutate dall’informazione mainstream, in mostra anche scatti fatti con gli smartphone. Perché quando la fotografia era agli albori, c’era un rituale di posa e scatto, di esercizi di laboratorio che conferivano un carattere unico all’immagine prodotta. Con l’avvento delle fotocamere digitali abbiamo ora a disposizione strumenti e dispositivi che, per molti versi, hanno via via indebolito questa sensazione di unicità. E l‘iPhoneography, l’arte di scattare fotografie con un iPhone (e in generale con tutti gli smartphone), ha probabilmente restituito questa sensazione di ‘unicità’, rendendola ancora possibile. Forse è solo una modesta illusione, forse bisognerebbe indagare in profondità, ma è certo che sta nascendo un nuovo linguaggio fotografico che Shoot 4 Change evidenzia con alcuni esperimenti.
Il progetto GRZ Lampedusa, ad esempio, in occasione dei primi sbarchi di profughi dalla Tunisia nel febbraio 2011. Oppure il lavoro di Stefano Pesarelli, che propone Africa through iPhone, un ampio progetto che amalgama la realtà e le storie di un continente con questo nuovo modo di fare fotografia.
La verità, come scrive Riccardo Luna nell’introduzione del catalogo della mostra, è che non abbiamo mai scattato tante foto e non ne abbiamo mai condivise così tante. La rivoluzione digitale ha messo in crisi i giornali, ha invecchiato di un secolo la tv, ma sembra aver dato nuova linfa alla fotografia: oggi non è uno slogan affermare che siamo tutti fotografi. Grazie agli smartphone abbiamo un’ottima macchina fotografica sempre in tasca, cosa che prima non accadeva nemmeno ai professionisti. E grazie alle applicazioni sempre più evolute, possiamo aggiungere effetti speciali e fare ritocchi davvero in un click. Grazie alla rete, infine, possiamo fare vedere i nostri scatti a tutto il mondo. Subito. Una volta c’era Flickr e naturalmente c’è ancora. Ma ormai è Facebook la più grande banca dati fotografica del pianeta, con oltre 100 miliardi di immagini caricate, mentre il ‘fenomeno’ Instagram ha superato 150 milioni di immagini scattate soltanto con iPhone.
Quelle foto ci raccontano il mondo che cambia in tempo reale e quello che vogliamo vedere di quel mondo: gatti, feste, amici, cibo, fidanzata. Oppure si può usare questo strumento potentissimo per aiutare una persona dimenticata, denunciare un’ingiustizia, celebrare una rivoluzione in corso.
Dipende da noi. E il merito di Shoot 4 Change è proprio questo: aver capito che anche con una foto è possibile cambiare il mondo e che tante foto condivise in rete possono renderlo un posto migliore.
Una volta quest’onere spettava solo ai fotografi professionisti. Oggi no, oggi i fotoreporter continuano a svolgere un ruolo fondamentale ma teoricamente siamo tutti fotografi. Lo strumento per raccontare una storia ce lo abbiamo in tasca e il resto lo fanno i nostri occhi e il nostro cuore. Anche grazie a questo nuovo modo di intendere la fotografia, Shoot 4 Change intende proporrre una riflessione sulla crowdphotography, la fotografia di folla: numerosi fotografi che pur non conoscendosi fotografano sfumature diverse dello stesso evento (Marcia mondiale per la Pace, Liberi Nantes, Mondiali Antirazzisti), collaborando inconsapevolmente per scrivere un unico racconto.
Ogni macchina fotografica che si aggiunge al mosaico offre una prospettiva diversa, magari impercettibile ma fondamentale e necessaria se si vuole dare completezza al racconto. La crowdphotography, intesa come storytelling collettivo, è soprattutto virale e contagiosa nonchè occasione per i tanti volontari che aderiscono a Shoot 4 Change di entrare fisicamente nelle storie da raccontare e di farlo insieme agli altri.
Antonio Amendola
Stefano Pesarelli – Africa through iPhone
Yelenia Posniak -Marcia Mondiale per la Pace, New York