I manuali di giornalismo digitale sono così numerosi e così frequenti che riempiono, ormai, scaffali di libreria, nonostante il rischio che l’evolvere della tecnologia li renda obsoleti prima che uno abbia finito di leggerli, specie quelli più dettagliati dal punto di vista informatico e, quindi, molto più esposti alla senescenza dei contenuti.

Il saggio di Davide Mazzocco appena pubblicato dalle Edizioni della Sera (200 pagg, 15 euro), con una prefazione di Sergio Mastriello, corre assai meno dei prodotti analoghi questo rischio, perché è un manuale operativo più giornalistico che tecnologico. Architettura, programmazione, ottimizzazione sono i tre temi che Mazzocco, che non risulta all’anagrafe un nativo digitale, tratta: entrato nel mondo dell’informazione online nel 2000 con Sports.com, vanta oggi un’esperienza professionale estremamente diversificata e variegata.

Nel presentare il libro, l’editore scrive: “La rivoluzione che sta interessando la stampa non è solo una riconversione di supporto. Si tratta invece di un’irreversibile riorganizzazione della produzione, della tempistica e della fruizione, capace di ribaltare la logica che voleva i giornalisti unici mediatori fra gli eventi e il pubblico”.

L’editore continua: “Pur conservando le vecchie norme deontologiche, il giornalista digitale deve essere conscio della necessità di un diverso confronto con la realtà, nel quale gli stessi lettori, con i loro feedback, possono diventare co-autori del prodotto editoriale”. Senza contare il variare del concetto di fonte e del rapporto tra la fonte e il giornalista.

Il volume affronta tutte le problematiche di una star-up giornalistica online. Il volume è completato da interviste a specialisti del settore, che delineano, con le loro testimonianze, le direzioni verso cui si sta muovendo il giornalismo digitale.

Nella sua prefazione, Maistrello scrive che “il compito del giornalista sarà sempre meno quelli di dare le notizie, perché la notizie saranno date a prescindere dalla sua partecipazione. Il suo ruolo deve dunque salire a un livello logico superiore, dentro la sfera della complessità dell’informazione, laddove un contributo professionale è determinante per fare sintesi competenti, per sviluppare approfondimenti originali, per generale relazioni”. Questa collocazione del giornalista digitale ‘al di là della notizia’ mi appare estremamente discutibile, ma è anche estremamente stimolante. E comunque conferma che la digitalizzazione dell’informazione non è la morte del giornalismo, ma ne esplora, piuttosto, nuove frontiere.

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