Il 10 Aprile 2014 l’Agenzia per l’Italia Digitale ha presentato le linee guida del Programma Nazionale per la cultura, la formazione e le competenze digitali. Agostino Ragosa, presidente dell’agenzia, ha centralizzato sulle competenze la strategia con cui l’Italia deve cercare di raggiungere quegli obiettivi che ogni giorno sono sempre più rilevanti e improcrastinabili. Scontiamo un ritardo decennale che ci vede indietro in tutte le metriche comparative rispetto al comprato digitale in Europa, ed è proprio in una prospettiva continentale che dobbiamo assumerci la responsabilità di prendere impegni decisivi. Gli impegni sono nei confronti tanto delle imprese e della pubblica amministrazione quanto dei cittadini. Imprese e PA devono poter fruire delle infrastrutture tecnologiche senza le quali nessun piano strategico avrebbe un senso, banda larga in senso prioritario. I cittadini devono poter partecipare attivamente alla trasformazione dei modi in cui si è membri della comunità nazionale. La cittadinanza digitale non è la virtualizzazione dei diritti/doveri ma l’integrazione della nostra rappresentazione di persone pubbliche e di relazioni sociali, di documentalità e di accesso a servizi e funzioni, utilizzando lo strato tecnologico e l’interfaccia pubblica in tempo reale. I dati documentali del singolo cittadino devono poter essere messi a disposizione di chi ne è proprietario, il cittadino, e di chi ne è in possesso, la Pubblica amministrazione, inteso come gestore di norme e leggi che tutelano la socialità e l’individualità. Tutto questo implica una serie di consequenze. La PA deve evolversi verso l’integrazione dei dati; lo si sta già facendo con la datizzazione delle anagrafe pubbliche degli 8000 comuni italiani. l’obiettivo è avere il primo strato, quello base, di un datawarehouse globale, dentro il quale segmentare, virtualizzare e ottimizzare il data base generale italiano. Deve consequentemente mettere a disposizione delle imprese interessate a fornire nuovi servizi a valore aggiunto, i dati publicizzabili, che siano compatibili con le norme sulla privacy, attraverso il paradigma degli Open Data. I nuovi servizi generati serviranno a rendere più efficienti i consumi, la logistica, la sostenibilità e la produzione generando un circolo virtuoso e un molto probabile aumento del PIL nazionale e nuovi potenziali posti di lavoro. Le smart cities devono diventare qualcosa di reale e non solo un concetto di tendenza. L’E-governement e l’open government, in altre parole, devono assumere lo stesso ruolo pubblico di volano virtuoso che ebbe a suo tempo il new deal all’indomani della grande crise degli anni 30. Quello che si deve fare quindi sono investimenti in sicurezza, formazione e cultura. Il cerchio che è aprtito dalla parola chiave ‘copetenze’ si chiude in modo efficacie. Siamo carenti di figure professionali con competenze digitali, lo siamno in questi tre comparti. Per mettere in sicurezza l’asset che andiamo a costruire e che , per sua natura, è esposto a criticità e fragilità che ala tempo stesso stesso lo rendono interconnesso, flessibile, modulare e scalabile. Siamo carenti in competenze professionali nelle imprese che devono aprirsi e poi gestire questa trasformazione; la scuola e l’Università deve rispondere in prima persona a questo impegno. Siamo indietro soprattutto nella riqualificazione professionale nell’ottica delle competenze digitali e questo significa difficoltà nel cambiare in tempo reale strategie aziendali per adeguarsi a nuovi mercati e a nuovi processi. in questo la formazione digitale deve essere il volano prioritario per far ripartire in modo non effimero l’economia dell’Italia.
Giorgio Fontana