Questa settimana segnaliamo il libro di Ugo Barbàra: “Breaking news. Conversazioni in redazione” (Edizioni Piemme ).

Avete presente Newsroom? Tutto quel clima concitato, le battute sempre pronte, la parlantina a raffica di tutti i personaggi, la breaking news da battere per primi… Ecco: quello NON è il giornalismo. È come i lettori credono che sia il giornalismo e come i giornalisti vorrebbero che fosse. Se davvero volete sapere com’è il mestiere più bello del mondo, allora dovete immaginarvi redazioni in cui fa troppo caldo in inverno e troppo freddo d’estate; a ore e ore passate alla scrivania a discutere con collaboratori inaffidabili e capi convinti di saperla più lunga di tutti; ad articoli scritti da semianalfabeti convinti di essere Hemingway e a familiari, che a casa si domandano perché non mandate tutti al diavolo e tornate per cena.

Però è bellissimo. È divertente, è esaltante, è straniante e appassionante. È come vivere con una donna che vi fa impazzire di rabbia, ma che non potete smettere di amare.

Narra la leggenda che l’idea de L’Armata Brancaleone venne ad Age e Scarpelli dopo aver visto un film sui samurai. Il rigore morale, la disciplina, il ferreo codice d’onore dei guerrieri giapponesi li aveva impressionati e si erano convinti che dovesse, più o meno, corrispondere a quello dei cavalieri medievali in Europa. Convinzione che però non aveva retto a qualche bicchiere di vino e alla loro indole istintivamente dissacratoria. Così era venuta fuori l’idea di raccontare come doveva essere veramente la vita dei cavalieri nell’Italia medioevale: un’accozzaglia di cialtroni squattrinati in caccia di avventure tanto quanto lo erano di facili bottini e una notte d’amore. Chiunque abbia il privilegio di vivere la vita di redazione, sa che la differenza tra i samurai raccontati in film come Tutti gli uomini del Presidente sono ben diversi da quell’Armata Brancaleone che nella realtà manda avanti la baracca dell’informazione. Certo, ci sono i cavalieri senza macchia e senza paura che smascherano truffe, svelano complotti, sfidano la criminalità organizzata, ma intorno a loro vive un’umanità variegata fatta di onesti scudieri della notizia, indefessi carpentieri della pagina, instancabili maniscalchi del menabò che respirano la stessa aria di inguaribili imboscati, famelici sciacalli e imbarazzanti raccomandati. E tutti parlano, parlano sempre ad alta voce per sovrastare il volume delle tv, le voci degli altri e le urla dei capi.

E quello che dicono… beh scopritelo calandovi nei panni di uno stagista convinto di entrare nella redazione di Woodward e Bernstein e che si trova spalla a spalla con Gianni e Pinotto.

Ugo Barbàra ha 46 anni e vive a Roma, dove è vicecaporedattore dell’Agenzia Giornalistica Italia. Ha pubblicato con la casa editrice Piemme i romanzi Desidero informarla che le abbiamo trovato un cuore, La notte dei sospetti, Il corruttore, finalista al Premio Scerbanenco, In terra consacrata, ispirato alla scomparsa di Emanuela Orlandi, candidato al Premio Strega 2009, vincitore del Premio Alziator e finalista al Premio Scerbanenco, Le mani sugli occhi, candidato allo Scerbanenco e per Frassinelli il romanzo Due Madri. Il racconto L’Avaro è stato pubblicato nell’antologia Seven, curata per Piemme da Gian Franco Orsi. Scrive progetti e sceneggiature per il cinema ed è autore del film sulla strage di via D’Amelio Gli angeli di Borsellino. Insegna scrittura creativa all’Università La Sapienza e a Roma Tre.

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