Concretezza, coerenza, coesione: rifletto su questa costellazione di vocaboli, tutti con la C per iniziale, allorché cerco di sintetizzare le mie impressioni sull’incontro con Maria Ludovica Agrò, direttora (concedetemi un pizzico di linguaggio politically correct) dell’Agenzia per la Coesione Territoriale. Ovvero, l’organismo baricentro per lo sviluppo del nostro Paese, in particolare – ma non esclusivamente – per le Regioni meridionali.
L’Agenzia, infatti, in coerenza con l’art. 119 della Costituzione, sostiene, promuove ed accompagna, secondo criteri di efficacia ed efficienza, programmi e progetti, nazionali e comunitari, per lo sviluppo e la coesione economica, rafforzando, al fine dell’attuazione degli interventi, l’azione di programmazione e sorveglianza di queste politiche.
Nel dettaglio, obiettivo strategico dell’Agenzia è di fornire supporto all’attuazione della programmazione comunitaria e nazionale, a cominciare da quella 2007-2013, attraverso azioni di accompagnamento alle Amministrazioni centrali e regionali titolari di Programmi e agli enti beneficiari degli stessi, con particolare riferimento agli Enti locali, nonché attività di monitoraggio e verifica degli investimenti e di supporto alla promozione e al miglioramento della progettualità e della qualità, della tempestività, dell’efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi. Insomma, un organismo che sostiene, stimola, razionalizza, evita la masochistica e controproducente parcellizzazione degli interventi. Per far funzionare questa macchina di grande complessità e farla crescere, dopo la sua istituzione nell’agosto 2013, fu chiamata a dirigerla, giusto un anno fa, una donna di grande spessore ed esperienza, con una solida vocazione internazionale, Maria Ludovica Agrò.
Le ho chiesto di raccontare la sua vocazione pubblica.
“Ho sempre avuto le idee abbastanza chiare (NdR: concretezza, coerenza e coesione sono, dunque, le definizioni che ricorrono sin dal nostro approccio e fanno parte di un modo di essere personale…). Vengo da una famiglia con una tradizione di ‘civil servant’ e mi piaceva l’idea di volerne proseguire il percorso, con una predisposizione verso la trattazione degli affari comunitari e internazionali; cosa che ho fatto nei vari settori in cui mi sono trovata ad operare.
Mi sono laureata in Scienze Politiche con indirizzo in Politiche internazionali e ho sostenuto un concorso pubblico al Ministero dello Sviluppo Economico, nel cui ambito si sono svolti tutti i 35 anni della mia carriera. Sono entrata a 26 anni, cambiando diversi settori, e curando sempre in modo particolare gli aspetti comunitari e internazionali connessi”.

Nei ruoli che ha ricoperto, quale risultato ottenuto l’ha particolarmente inorgoglita?
“Molti sono stati i risultati e le soddisfazioni di questo ultimo faticosissimo anno, importanti per il Paese. Ne ricordo due. Aver operato una risalita impensabile nell’assorbimento delle risorse della programmazione europea 2007-2013 che sembrava largamente compromessa e con un rischio di perdita importante portandola al pieno assorbimento o, sicuramente, a sfiorarlo, quindi sfatando quello che sembrava un percorso obbligato con esito negativo visti i 13.2 mld € di risorse ancora da certificare all’inizio del 2015. La seconda è la costituzione definitiva dell’Agenzia oramai compiuta, che ha richiesto l’emanazione di molteplici atti, quattro tra DPCM e regolamenti per l’esattezza, la costituzione e l’insediamento degli organi direttivi e di controllo e, infine, la presentazione di un Piano triennale.
Nel campo dell’innovazione mi piace ricordare il contributo dato con l’introduzione della ricerca di anteriorità sui brevetti nazionali ottenuta con l’Accordo tra l’Italia e l’Ufficio Europeo dei Brevetti del 2008 che ha riaperto un negoziato chiuso da trenta anni e assicurato all’Italia la miglior ricerca di anteriorità del mondo, fino a quel momento riservata a livello di sistema solo alla Francia e all’Olanda e in via indiretta alla Germania. Rafforzare il brevetto italiano e dargli nuova dignità è stata una grande soddisfazione”.

E oggi è la timoniera dei fondi europei per il nostro Paese…
“Vorrei sfatare un equivoco ricorrente.
In realtà, l’Agenzia per la coesione territoriale non si occupa solo di Fondi Strutturali, ma di tutte le risorse aggiuntive, e degli investimenti pubblici fatti sia con risorse cofinanziate sia con fondi solo italiani. Anche se le politiche di coesione hanno una forte base comunitaria, bisogna essere coscienti che si tratta di politiche complessive, dove noi, come Stato membro, possiamo valorizzare quanto si fa anche con risorse unicamente nazionali”.

Sui giornali è quasi di routine sentir parlare di fondi… perduti, ovvero non spesi e restituiti all’Europa perché le Regioni non sanno presentare progetti adeguati agli standard richiesti dalla Commissione. Quale è la situazione reale?
“Pur senza voler dare un’immagine di un Paese a due velocità, è evidente che ci sia al Nord una grande esperienza e una forte efficienza nell’utilizzo dei fondi. Naturalmente, le risorse aggiuntive messe a disposizione sono ridotte rispetto a quelle destinate alle aree meridionali, nonché destinate ad investimenti meno complessi.
La situazione delle Regioni del Sud è ben diversa: la struttura amministrativa è forse più fragile e si trova a dover gestire programmi di ampia valenza finanziaria e investimenti su grandi infrastrutture, che sono quelli che, nella loro realizzazione, tendono a registrare, in Italia, i maggiori ritardi rispetto agli altri Paesi. Ciò riguarda anche le Regioni settentrionali, ma raramente al Nord i finanziamenti che riguardano le grandi infrastrutture sono effettuati con risorse aggiuntive, ed è per questo che si avverte per la Coesione un gap maggiore”.

Questa forbice Nord/Sud si registra anche per la programmazione riguardante i temi dell’innovazione?
“La storia ci dice che al Nord esiste un numero rilevante di imprese, specie nel settore dell’innovazione e ricerca, le quali, pur a fronte di risorse finanziarie assai minori, è propositivo, attento alle opportunità e capace di sviluppare le necessaria progettualità.
Al Sud, invece, i sistemi della ricerca e dell’innovazione sono meno strutturati, anche se disporrebbero di risorse assai più consistenti: riuscire a stimolarli rappresenta la vera sfida, sin dai primi anni 2000.
Con il quadro di programmazione 2014 – 2020 abbiamo a disposizione uno strumento in più per sollecitare tali sistemi, la SNSI: il concetto di Smart Specialisation Strategy indica la nuova strategia per la ricerca e l’innovazione flessibile e dinamica concepita a livello regionale, ma valutata e messa a sistema a livello nazionale, con l’obiettivo di sistematizzare le politiche di ricerca e innovazione ed evitare quindi la frammentazione degli interventi.
La strategia è volta a sviluppare sistemi d’innovazione regionali che ne valorizzino i settori produttivi di eccellenza tenendo conto del posizionamento strategico territoriale e delle prospettive di sviluppo in un quadro economico globale.
Le Regioni di tutti gli Stati membri dell’UE sono pertanto chiamate a redigere un documento che delinei, a partire dalle capacità di cui dispongono, la propria Smart Specialisation Strategy, con l’obiettivo di valorizzare i vantaggi competitivi e il potenziale di innovazione, riunendo le risorse e i soggetti coinvolti attorno a una visione del futuro basata sull’eccellenza.
Tale modus operandi è stato fortemente voluto dalla Commissione europea come ‘condizionalità ex ante’ per l’utilizzo delle risorse allocate sull’Obiettivo ‘Ricerca e Innovazione’ e, in parte, anche sull’Obiettivo Competitività e Imprese”.

Come si è proceduto?
“Vi è stata, come dicevamo, una mappatura delle competenze dei territori nazionali e regionali tale da far emergere competenze e potenzialità, evidenziando i settori su cui il territorio può scommettere e individuandone le più promettenti traiettorie di sviluppo. Non sarà più possibile, com’è avvenuto in passato disporre di un’area a caso, da destinare ad una cattedrale nel deserto o la rincorsa delle utopie, ma occorrerà ‘investire’ sulla concreta aspettativa, basata su solidi presupposti, che gli investimenti saranno in grado di alimentare crescita territoriale e occupazione”.
Un modo di procedere capace di ottenere risultati concreti, in un termine medio – breve e misurabile: potrebbe essere questa la ricetta per attrarre anche finanziamenti privati?
“Certamente l’identificazione delle traiettorie di sviluppo rappresenta per le risorse private che andranno a impegnarsi su settori e ambiti tematici per i quali si può prevedere già un promettente futuro e di cui i territori sono consapevoli.
L’Italia ha colto appieno quest’occasione e anche le Regioni meridionali hanno partecipato in modo qualificato, concretizzando un buon lavoro col supporto di un gruppo ad hoc dell’Agenzia”.
Possiamo, in tal modo, focalizzare lo sviluppo futuro di ciascuna Regione meridionale sostenuto dalle risorse messe a disposizione?
“Il nuovo Nucleo di verifica e controllo che affianca l’Agenzia ha anche, fra le sue competenze, il compito di monitorare l’implementazione della strategia nazionale e la coerenza degli interventi regionali rispetto ad essa. In tal modo, è possibile avere una precisa visione d’insieme e superare qualsiasi ‘trappola’ di finanziamenti dagli esiti incerti”.
Quali sono, nello specifico, le traiettorie di sviluppo nazionale?
“Abbiamo cinque aree tematiche: 1) l’Agenda Digitale, le smart communities e i sistemi di mobilità intelligenti; 2) l’Aerospazio e Difesa; 3) l’Agrifood, la salute e la qualità della vita; 4) l’Industria intelligente e sostenibile, l’energia e l’ambiente; 5) il Turismo, il patrimonio culturale e le imprese creative”.
Mi piacerebbe approfondire i temi dell’Agenda digitale, delle smart communities e dell’industria intelligente, più affini ai temi del nostro target. Quali ne sono i pilastri?
“Occorre partire dal presupposto che la nuova programmazione è strettamente legata, sui temi dell’innovazione agli obiettivi specifici di Europa 2020.
Sono stati sviluppati quadri strategici che sorreggeranno l’implementazione di tutte le traiettorie di sviluppo, come ad esempio, entro il 2020, la copertura territoriale al 100% con banda ultralarga da 30 Megabyte e, al 50% con banda ultralarga da 100 Megabyte.
Per raggiungere tale obiettivo, è già stato tracciato un percorso comune fra Governo, Amministrazioni centrali e Regioni. Il nostro ruolo è quello di assicurare il coordinamento fra i diversi attori nell’utilizzo delle risorse dedicate, in linea con gli obiettivi del Piano, sostenendo, altresì, le amministrazioni direttamente competenti, ovvero il Ministero dello Sviluppo economico.
Sul tema specifico dell’Agenda Digitale, abbiamo il ruolo di monitorare l’utilizzo delle risorse aggiuntive della Coesione. La digitalizzazione nazionale è attualmente incompleta, l’infrastruttura è insufficiente e la programmazione prevede un importante sostegno per il miglioramento dei servizi. Per fare ciò, stiamo lavorando con il Ministero della Funzione pubblica e l’AGID (l’Agenzia per l’Italia Digitale), assicurandoci di convergere su piattaforme nazionali e dando priorità ad alcune scelte del Governo, come il CAD, ovvero il Codice dell’Amministrazione Digitale e la carta d’identità elettronica”.
Anche l’Aerospazio ha le sue implicazioni in tema d’innovazione. A che punto è il Piano strategico che lo riguarda?
“Il Piano strategico che lo riguarda è già pronto ed è in fase di approvazione. Esso rappresenta un vero e proprio hub d’innovazione che coinvolge un amplissimo, inedito ventaglio di stakeholders, con un’alleanza mai realizzata prima d’ora fra amministrazioni pubbliche, centri di ricerca pubblici e privati, imprese. Il Piano non solo identifica le traiettorie di sviluppo più promettenti, ma anche le più immediate applicazioni industriali o di ricerca.
Sui temi nevralgici della Crescita digitale è già pronto il documento da condividere e approvare; le altre tematiche andranno via via portate a compimento con lo stesso metodo di coinvolgimento degli stakeholder e degli obiettivi di sviluppo territoriale e dell’occupazione. Dopo l’Expo è stato avviato il tavolo Agrifood, che raccoglie i frutti sul tessuto produttivo nazionale, i risultati dell’Expo, e coinvolge i rappresentanti dei settori pubblico e privato per una proficua azione di crescita dei territori.
Ci attendiamo, coscienti del gran lavoro già in atto, di concretizzare i primi piani strategici già a partire dal prossimo autunno”.

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Annamaria Barbato Ricci
Annamaria Barbato Ricci è una stimata e nota giornalista italiana, free lance e già capo-ufficio stampa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dei Trasporti e consulente nello staff di Presidenza dell’UNICEF. E' stata coordinatrice e co-autrice della trilogia “Radici Nocerine: la Storia al servizio del Futuro”, e ideatrice de Le Italiane, un libro che racconta 150 anni di Italia al femminile.