L’opera di Geert Lovink traccia un percorso innovativo analizzando, criticamente e senza pregiudizi, motori di ricerca, blog, radio digitale, video on line fino ad arrivare a Wikileaks. “Le reti prive di scopo sono divoratrici di tempo, e così veniamo risucchiati sempre più in profondità in una caverna sociale senza sapere cosa stiamo cercando”. Così il professore associato all’Università di Amsterdam, fondatore e direttore dell’Institute of Network Cultures, considerato uno dei massimi studiosi dei nuovi media e della rete, ha definito i social media nell’introduzione al suo ultimo lavoro “Ossessioni Collettive”.
Un trattato a tutto tondo nel quale l’autore non solo offre una voce fuori dal coro per una valutazione critica dei social network, di come si sono trasformati dall’idea iniziale di un mondo parallelo, decentralizzato che apriva la società alla partecipazione politica, alla cultura, invece, del giardino recintato nel quale l’autoreferenzialità diventa nodo essenziale della nostra ricerca del già conosciuto, del gruppo di amici e fan ben definiti, ma è anche una disamina della rete nella sua interezza e complessità, che ripercorre tutti gli sviluppi dagli albori del Web 2.0.
Per Lovink, uno dei principali paradossi della società contemporanea è costituito dal fatto che tutti vogliamo “essere unici” eppure siamo mossi da desideri identici; ciò ha reso agevole il lavoro della classe imprenditoriale del Web che ha costituito le piattaforme di social networking proprio sulla base della convinzione che siamo tutti spinti “dall’incestuoso desiderio di essere proprio come i nostri amici”. Il libro esamina la nostra ossessione collettiva per l’identità e il management di se stessi coniugati con la frammentazione e il sovraccarico di informazione della cultura online.
Capire come vogliamo comunicare nel futuro deve essere al centro delle nostre discussioni del presente e il messaggio di Geert Lovink è chiaro su questo punto. Dobbiamo prendere coscienza per influenzare dal basso la tecnologia e gli spazi del web altrimenti il rischio è quello di disperdersi nella rete, omologandosi al flusso del discorso pubblico senza confronto. Ciò è possibile attraverso l’attivismo mediatico, per inventarsi utilizzi dei media diversi da quelli preordinati rilanciando il dialogo con nuove prospettive fuori dagli schemi dell’autoreferenzialità.
Autore.
Geert Lovink, fondatore e direttore dell’Institute of Network Cultures, Associate Professor all’Università di Amsterdam, Professor of Meda Theory alla European Graduate School, Saas-Fee, in Svizzera, è uno dei massimi studiosi dei nuovi media e della Rete. Fra i suoi libri vanno ricordati Dark Fiber (2002), Uncanny Networks (2002), My First Recession (2003) e Zero Comments (2007).

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