Le elezioni le abbiamo associate ai diversi ambienti media della nostra società: la stampa, con tutti i suoi problemi sta al mondo Bersani. L’universo Blog evidentemente è ben rappresentato da Grillo ed infine, ma non ultima, la televisione ben si associa a Berlusconi.
Che ne dite?
Di ritorno dal MWC dobbiamo considerare che lo schermo sarà (ma in parte lo è già) l’oggetto che guadagnerà maggior parte del nostro tempo. La televisione è ancora il media con più utenti, sebbene la giornata dell’utente medio si divide fra diversi gadget e nel tardo pomeriggio il consumo da tablet cresce. Il cambiamento è in atto e le elezioni lo hanno dimostrato, così come è successo con la democrazia politica dopo l’introduzione dell’alfabeto in Grecia e a Roma. Sono processi lunghi. Rispetto ad allora, oggi ci vorrà meno tempo perché gli effetti importanti diventino evidenti. L’evoluzione e la rivoluzione del sociale, soprattutto quando dipendono dagli strumenti che trasportano il linguaggio, oggi sono velocissime. Alcune hanno anche conseguenze brutali: le guerre mondiali sono state guerre del telegrafo e della radio. Le guerre dell’epoca di Internet le stiamo vedendo. Nel frattempo la mediazione giornalistica sta traendo benefici dalla contaminazione con la popolazione connessa e twittante. Le fonti tradizionali non possono rischiare di diffondere notizie false, l’informazione in tempo reale avviene attraverso la gente, l’ambiente diviene un unicum dove tutto si consolida: comunicazione degli individui e informazione delle testate tradizionali si filtrano mutualmente. Passiamo sempre più tempo davanti a uno schermo, di qualsiasi tipo sia. È già questo è di per sé un cambiamento nel nostro uso dello spazio e del tempo. Questo comporta anche un cambiamento “mentale”, che deriva dall’essere così connessi. Raggiungiamo tutti e siamo sempre raggiungibili. Avere accesso al mondo intero è cosa visibilmente utile. Quali le conseguenze di un mondo che ha accesso a noi stessi? Siamo bagnati, innervati nell’informazione in tutte le forme, regolate dall’elettricità e dalla sua figlia, la digitalizzazione. L’intellettualità diffusa è un principio di coesione. La collaborazione di tutti su Facebook, Twitter, la creazione di apps, la ricerca scientifica, la produzione e promozione di servizi e prodotti, è un segno di crescita dell’intelligenza collettiva. La forma globale dell’intelligenza è la somma di tutte le intelligenze individuali, a partire dai milioni di connessioni intelligenti. L’intelligenza collettiva è quella che forma un’etica diversa. Ci sarà un momento in cui, contiamo non troppo lontano, vedremo accadere un riconoscimento generale delle incompetenze, per non dire delle disonestà dell’ordine politico e finanziario (già in corso). Scopriremo l’urgenza di condividere di più rispetto non solo l’intelligenza ma sopratutto il senso della nuova responsabilità sociale che deriva dell’essere così connessi.