La scuola italiana non finisce con il cappello dell’asino dietro la lavagna 2.0. Infatti, secondo l’Ocse, il piano nazionale per la scuola digitale ha le carte in regola per aiutarci a superare il ritardo che ci separa dalla maggior parte dei paesi sviluppati sul fronte delle dotazioni multimediali e dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Ma l’handicap di partenza non è certo stato ancora colmato: nel 2011 solo il 30% degli studenti italiani di terza media, infatti, utilizzava le tecnologie come strumento di apprendimento durante le lezioni di scienze, rispetto a una media del 48% in altri Paesi Ocse.
I risultati della valutazione esterna sul piano nazionale italiano per la Scuola Digitale, richiesta dal ministro Francesco Profumo all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sono stati illustrati il 6 marzo a Roma, presso il dicastero di viale Trastevere. Noi qui ne ricaviamo e ne riproduciamo le informazioni dalla cronaca su EurActiv.it di Alessandra Flora.
Commentando il rapporto dell’Ocse, il ministro Profumo ha osservato: “Pensare che tutto possa essere messo a disposizione dalla scuola è utopia: serve un lavoro di squadra. Se uno studente ha un tablet, lo porti pure a scuola, come fosse un libro, e lo usi per studiare. E’ però chiaro che la scuola deve mettere a disposizione le grandi infrastrutture (banda larga, ad esempio)”.
Secondo lo studio congiunto dell’équipe Ocse, in collaborazione con Università di Cambridge, che comprende anche un’analista italiano, Francesco Avvisati, le “punte di diamante” del piano, che meglio hanno funzionato sono le lavagne interattive multimediali (LIM) e l’iniziativa pilota Scuol@ 2.0, che offre a Istituti e insegnanti selezionati la possibilità di sperimentare utilizzi delle tecnologie didattici e di reinventare insegnamento e apprendimento in ambienti ad alto contenuto tecnologico.
Il maggiore limite del Piano LIM consiste nella lentezza dell’attuazione. Nel 2012, un massimo del 16% delle classi italiane erano dotate di lavagne interattive, rispetto al 5% del 2010. Al ritmo attuale, ci vorranno circa 15 anni per arrivare all’80% delle classi italiane, ovvero per raggiungere l’odierno livello del Regno Unito. E ciò crea una presenza disomogenea delle dotazioni nelle scuole che causa discontinuità nell’esperienza didattica delle tecnologie digitali degli insegnanti, ne limita le occasioni di utilizzo e ne riduce la capacità di sfruttare a pieno il potenziale didattico tecnologico.
L’Ocse formula, quindi, alcune raccomandazioni: accelerare l’integrazione delle Tlc nelle scuole e, aumentando i finanziamenti per il piano LIM e ridefinendone alcuni aspetti; sviluppare una piattaforma di scambio virtuale per gli insegnanti; consentire alle scuole di organizzare la formazione in modo flessibile; istituire e promuovere premi per gli insegnanti e occasioni d’incontro dedicate; fissare obiettivi operativi, tappe per il completamento del programma e criteri di valutazione dei risultati.