di MARIA PIA ROSSIGNAUD –
Le notizie si pagano, dal New York Times al Washington Post, si apre la sfida al business digitale. Ne parliamo con Vittorio Sabadin, esperto e protagonista della grande mutazione nel mondo editoriale, autore di libri e protagonista del nuovo corso de “La Stampa”.
“E’ giusto pagare. Il New York Times con i suoi 500mila abbonamenti circa è già un caso di successo. Gli utenti pagano per contenuti di qualità, originali e approfondimento. Il New York Times ancora oggi impone l’agenda delle notizia in USA”.
Il Washington Post ha le stesse caratteristiche?
“Lo segue… Direi che è al limite in questo emisfero intriso di originalità e professionalità. Faccio un esempio generico: nei momenti duri, di crisi, i tagli sono necessari in ogni impresa e redazione. Laddove le misure toccano il superfluo, non il cuore pulsante dell’azienda come nel caso del NYT, la qualità del prodotto non ne risente. Non potrei dire altrettanto per il Washington Post”.
La soluzione di dar un certo numero di notizie gratis e per poi passare alla richiesta di una fee funziona?
“Penso proprio di sì, il lettore soddisfatto del prodotto desidera continuare a leggere, non può più fare a meno del prodotto. Possiamo fare un paragone con la tecnica del push, ci si abitua e poi manca”.
La redazione dunque dovrà essere composta da persone di alto profilo…
“Per la redazione del futuro ho un’idea chiara: ci saranno i produttori di contenuto. Persone che inviano articoli modulari, cioè, già pronti per l’uso in diverse piattaforme. Le prime tre righe adatte a Twitter, le prime 20 per un Social Network diverso, le prime 40 per tablet ed il testo completo per un giornale del tipo tradizionale o di approfondimento”.
Maria Pia Rossignaud
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