di GIORGIO FONTANA –
Il 30 Maggio è iniziato il book tour di Matteo Renzi e del suo nuovo pamphlet politico dal titolo ‘Oltre la rottamazione’, concetto che fa il paio anche con l’hashtag della striscia di eventi in giro per l’Italia e per il web, #oltrelarottamazione. A Roma, il luogo del lancio è stato l’area convegni dell’Ara Pacis, raccolta e minimale, con i suoi marmi freddi e lisci che forse stonano con gli approcci colorati con il quale il Renzi, obamiano senza giacca, aveva entusiasmato i suo follower nelle performance di ‘Adesso!’.
In effetti il pubblico ritardatario è restato in parte fuori dall’evento live, dovendosi accontentare dello streaming sul sito ufficiale www.matteorenzi.it. Quello che è riuscito, come me, a conquistarsi un posto, si è trovato di fronte un palco sgombro con una scenografia limitata alla gigantografia della prima e quarta di copertina del libro e ad un pulpito microfonato col colore intonato al dorso.
L’effetto è quello di un autore che appare da dentro un libro virtuale e diventa l’esegeta di se stesso, un po’ più solo, un po’ meno leader dalle grandi speranze, un po’ più addomesticato, un po’ meno rottamatore.
Infatti il tema dell’essere leader solitario, diventa ben presto uno degli abbozzi che Renzi propone per una propria mitopoiesi popolare. Nel punto di svolta della narrazione, dello storytelling, termine che sa che deve utilizzare per qualificarsi nel gergo della Rete, sbuca dallo schermo che lo segue, alle sue spalle, come un’ombra che sottolinea i punti chiave, la foto di Fausto Coppi immortalato nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo. La Cuneo-Pinerolo tappone emblematico del Giro, per la lunghezza, le asperità ed i dislivelli, per il gesto atletico del campionissimo, che macinò una fuga eterna, ma anche per la comunicazione orale del cronista radiofonico per eccellenza, Mario Ferretti, appartiene alla storia del giornalismo nazionale e non solo sportivo.
La frase citatissima in ogni aforisma resterà come ‘Un uomo solo al comando’, ed è quella che deve diventare cara ai seguaci del leader Renzi. Almeno nelle sue intenzioni.
La comunicazione dell’Ara Pacis, insegue questa metafora, la insegue sapendo che Obama si è proposto agli americani come il Presidente che, malgrado la massa critica dei suoi milioni di follower, del suo carisma influente, delle migliaia di militanti che lo circondano, alla fine, nel momento delle decisioni importanti e cruciali, è e resta solo. Lo è quando deve vincere e non deve accettare l’aiuto di chi potrebbe danneggiarlo; la metafora che Renzi usa per questo lemma è quello di Dorando Petri, il maratoneta, simbolo della potenza individuale, della lenta e inesorabile misurazione delle forze, dell’energia mentale che deve sorreggerti nell’ultimo miglio, quello nel quale devi contare solo e soltanto sulle tue forze.
Renzi afferma, dal palco romano, che le elezioni politiche, per il Pd, sono state come la maratona di Dorando Petri, perduta dopo essere sempre stato primo, perduta perché l’atleta fu sorretto da chi lo fece squalificare, perché alla fine di una corsa potente, gli mancò la testa. Lo è anche quando si spoglia dei panni del politico e indossa quelli del teatrante, anzi nuovamente dell’atleta, il campione di wrestling, il corpulento e triste uomo muscoloso, costretto a esibire la sua potenza in una danza totemica, vestito con tutine improbabili, spesso con maschere che gli impongono sembianze animalesche, tutto per la voglia di sangue misto a fango che sarebbe la comunicazione della moderna democrazia.
In questa messinscena il politico perde però il controllo della sua volontà e diventa preda dei desideri e delle emozioni dei tanti, troppi, individui che lo consumano nell’arena ed in tv.
Per questo l’uomo solo al comando impone la sua agenda e non se la lascia imporre dagli avversari.
Sarà per questo che, la ‘rottamazione gentile’, la seconda fase del percorso renziano, sarà meno sudore e folla, meno camperistica, più distaccata ed elitaria, senza le maschere concesse allo spettacolo o ai rituali di partito. Il leader sa che deve raccontare parabole per far capire a tutti il suo pensiero ed essere, al tempo stesso, cosciente che una lontana sera ci sarà la solitudine del giardino degli ulivi, tutto per lui e per la risoluzione epica del suo mandato.