Dopo tante discussioni, tante riunioni e soprattutto il lavoro dei nostri più giovani colleghi Sara Alesi, Roberto Baciotti, Erminio Cipriano, Luigi Garofalo, Alessandro Giuliani e Jlenia Sellitri, la precisa raccolta di informazioni relative alla aspetti legali di Isabella Splendore dell’ufficio legale FIEG (Federazione italiana editori giornali), le conclusioni non potevamo che affidarle al più autorevole pensatore fra noi: Derrick de Kerckhove. Il guru canadese, infaticabile divulgatore del mondo della cultura digitale invita a riflettere sulle contraddizioni che inevitabilmente emergono da questo panorama dedicato ai nuovi modi di comunicare e di comunicarsi. Non è d’accordo con chi sostiene che in Rete le riflessioni su concetti rilevanti e stimolanti per la crescita intellettuale muoiano a favore di un chiacchiericcio sempre più sterile e poco costruttivo. Ammette però che nel corso della sua esperienza ha individuato – sopratutto tra gli adolescenti – una fascia notevole di adepti che passa la maggior parte del tempo non a condividere idee e interessi, ma a perdere tempo, fenomeno caratterizzato dall’impressionante diffusione dei Widget (quiz, sondaggi, mini videogame). Tendenza o sistema? Un concetto sul quale invitiamo ad inviare commenti su www.mediaduemila.it.

Twitter media del futuro? L’articolo di Giampiero Gramaglia riporta una tendenza in questo segmento di comunicazione spicciola, pochi caratteri per diffondere una notizia, un sentimento, un disagio e de Kerckhove subito lancia la sfida: i nuovi media elimineranno i vecchi! La storia ci insegna che ciò non è mai accaduto, ed oggi come ieri i cari e vecchi giornali sono sempre lì, al loro posto per raccontare dei russi che oscurano i social network, di voci “contro”, come quelle iraniane, che emergono dai nuovi canali e che altrimenti non avrebbe avuto nessun eco. “La mia è una semplice osservazione che scaturisce da una analisi di alcune interazioni tra persone e Rete che da sempre mi incuriosisce – spiega il guru – mi chiedo perché dopo 20 anni dalla repressione dell’esercito cinese, per le proteste di piazza Tienanmen, non sappiamo ancora molto di ciò che successe. Oggi ciò non sarebbe più possibile perché la Rete aiuta a smascherare il volto disumano e brutale di dittature, di pseudo-democrazie, di guerre ed ingiustizie varie. I primi disperati avvisi della repressione in corso in Iran sono arrivati proprio da Twitter. Ai brevi testi, paragonabili ai tribali tam tam degli antichi tamburi, si sono presto aggiunti i video. Nessun filtro: la tragedia in corso ha così raggiunto anche le coscienze più difficili da smuovere. Queste coscienze, finalmente indignate hanno cominciato a protestare con il governo iraniano nel momento in cui YouTube ha reso pubblico il video straziante sulla morte della giovane ed innocente Neda. Subito dopo i gruppi nati su Facebook, e altri social network, hanno funzionato come aggregatori della protesta internazionale. Certo il regime di Ahmadinejad ha subito solo delle pressioni, ma è già qualcosa. Tutto ciò sarebbe stato impossibile senza l’esistenza della Rete. Certo, e lo ripeto, ci troviamo davanti ad una contraddizione: la socializzazione e la collaborazione fra uomini al servizio di grandi cause versus la banalizzazione, la passività della socializzazione stessa. Concetti opposti che viaggiano sulla stesso vettore: la Rete”. La Rete, dunque, siamo noi. Siamo noi che possiamo creare cultura e valore, e siamo noi che possiamo alimentare un chiacchiericcio sterile e poco costruttivo. L’uomo è sempre al centro del cambiamento, della rivoluzione culturale. “Certo – ribatte de Kerckhove – è per questo motivo che penso di escludere a priori la scomparsa di una comunicazione personale, diretta, come forma più elevata di interazione in grado di produrre cultura come valore. Una comunicazione off line che, in generale, rimane la base su cui costruire una fruttuosa comunicazione on line. Con ciò non intendo sottovalutare i pericoli che derivano da una possibile svalutazione della comunicazione personale e sensoriale, ad opera di una generazione che dedica gran parte del proprio tempo a collezionare centinaia di amicizie virtuali su Facebook o MySpace. Ma ancora una volta siamo noi a decidere del nostro Futuro e della nostra Storia”. Guardando al futuro i social network sicuramente caratterizzeranno la Rete ancora per molti anni. A questo proposito ciò che il successore di McLuhan prevede, ma non auspica, è un’evoluzione dei social network in social web e cioè una fusione di tutte le reti sociali, che significa una identità unica, un unico profilo, un’unica rete di contatti: “In questo caso basterebbe accedere a uno solo dei vari social network esistenti per registrarsi e creare la propria pagina personale visibile a coloro che appartengono alla stessa comunità ed anche a tutti gli altri. Raggiungere tutti e farsi raggiungere da tutti immediatamente e semplicemente – conclude de Kerckhove -. Il grande fratello del futuro la pensa così, sia esso Microsoft o Google, Myspace o Facebook. Il mondo è pieno di questo genere di iniziative. Insomma tutti intendono dare la possibilità ai loro utenti di poter contattare tutte le persone presenti in Rete. Se ciò accadrà, scommetto che ogni Nativo Digitale si affretterà ad edificare la propria identità virtuale, più o meno fittizia, che favorirà la voglia generazionale di marchiare la propria presenza nell’universo digitale, e quindi la propria esistenza nel mondo reale”.

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