Il primo aprile 2014, salvo colpi di scena – auspicabili ma ormai improbabili – l’Italia diventerà il primo Paese in Europa nel quale qualsiasi contenuto potrà essere rimosso dallo spazio pubblico telematico su ordine di un’Autorità Amministrativa dietro semplice segnalazione di chi si presenti come titolare dei relativi diritti d’autore ed all’esito di un procedimento sommario destinato a concludersi in una manciata di giorni.
È questa la sostanza del nuovo Regolamento sulla tutela del diritto d’autore online approvato dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni nei giorni scorsi.
Tanti – forse troppi – gli aspetti della nuova disciplina varata dall’AGCOM che non convincono.
Ma è proprio per questo che, probabilmente, conviene iniziare da quelli che convincono o, almeno, che sollevano minori perplessità.
Tanto per cominciare, nonostante il parere contrario di talune, l’AGCOM, in effetti, doveva necessariamente varare un regolamento sulla tutela del diritto d’autore perché tanto le impone – sebbene in modo inopportuno – il testo unico della fornitura dei servizi media audiovisivi.
Dura lex sed lex e l’Authority, pertanto, non avrebbe potuto, in nessun caso, sottrarsi al compito che il legislatore le ha affidato.
Certo tra il dettare un regolamento relativo ai soli contenuti audiovisivi prodotti e distribuiti dai soli fornitori di servizi media audiovisivi e scrivere una nuova legge sul diritto d’autore online applicabile a qualsiasi genere di opera dell’ingegno in digitale da chiunque prodotta e/o distribuita il passo è decisamente lungo.
Di questo, tuttavia, diremo più avanti a proposito dei profili del nuovo regolamento che lasciano perplessi.
L’altro aspetto del Regolamento, oggetto, forse di contestazioni eccessive è l’idea che un’Autorità amministrativa possa ordinare ad un intermediario della comunicazione di impedire la continuazione di una condotta illecita che non può essere altrimenti bloccata.
Anche sotto tale profilo, tuttavia, nel suo nuovo Regolamento l’Authority sconfina abbondantemente oltre il legittimo.
Per il resto, il Regolamento, è davvero tutto – o quasi – da rifare o, meglio, da non rifare.
Tanto per cominciare, come si è anticipato, l’Authority non aveva nessun potere di dettare regola applicabili ad ogni forma di contenuto digitale da chiunque pubblicato.
È un profilo che, da solo, rischia di costare ad AGCOM una sonora declaratoria di illegittimità da parte del Giudice amministrativo davanti al quale, nelle prossime settimane, molti soggetti trascineranno l’Authority con il suo regolamento.
L’AGCOM si è lasciata, decisamente, prendere la mano ed ha preteso di sostituirsi a Parlamento o Governo che soli possono scrivere regole di così ampia portata.
Il secondo aspetto difficilmente digeribile in termini democratici è la scelta di comprimere il procedimento di accertamento di una violazione di diritti d’autore in tempi e modalità tali da cancellare ogni tenue parvenza di giusto processo.
Il “processo” all’esito del quale l’Authority perverrà ad ordinare la rimozione di ogni genere di contenuti dal web è radicalmente ingiusto perché non consente al soggetto che ha pubblicato il contenuto di difendersi adeguatamente.
Cinque giorni – che possono addirittura diventare tre nei casi ritenuti più gravi dall’Autorità – non possono essere ritenuti sufficienti per difendere la legittimità della pubblicazione di un contenuto da parte di un utente.
È per questo che a seguito della segnalazione all’AGCOM da parte di chi si presenta come il titolare di un diritto d’autore che assume essere stato violato, la sorte del contenuto sembra segnata.
Il Regolamento, per questa via, finisce, di fatto, con l’esautorare i Giudici ordinari di ogni potere in relazione alla tutela del diritto d’autore online giacché i titolari dei diritti non vi ricorreranno trovando, naturalmente, più economico, rapido ed efficace il procedimento dinanzi all’AGCOM ed i responsabili di pagine web e siti internet non si rivolgeranno certamente ai giudici amministrativi, affrontando migliaia di euro di spese legali ed attendendo anni, per sentir dichiarare illegittimo il provvedimento con il quale si è ordinata la cancellazione di un proprio contenuto dallo spazio pubblico telematico.
È un brutto regolamento quello che entrerà in vigore nei prossimi mesi, un regolamento che non risolverà nulla, aumenterà il conflitto tra titolari dei diritti e utenti del web e, soprattutto, costerà milioni di euro all’anno in termini di attuazione.
Ciò che, tuttavia, preoccupa di più è che la disciplina appena dettata dall’Authority possa divenire un “esempio” di “giustizia sommaria” ma efficace da adottare anche in ambiti diversi dal diritto d’autore.
In fondo, uno degli argomenti più frequente utilizzati dai supporters dell’iniziativa dell’AGCOM per difenderne la piena legittimità è che già oggi, si adottano procedimenti egualmente sommari in materia di pedopornografia online o gioco d’azzardo.
L’appetito – si sa – vien mangiando e, sfortunatamente, certe cattive abitudini si diffondono in fretta.

Guido Scorza

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Guido Scorza
Avvocato, Dottore di Ricerca in Informatica Giuridica e Diritto delle nuove Tecnologie, è docente presso il Master di Diritto delle Nuove Tecnologie della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, presso il Master in Sicurezza dei sistemi e delle reti informatiche dell’Università La Sapienza di Roma, presso la Scuola Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, presso il Corso di Laurea in tecnologie informatiche dell’Università "La Sapienza" nonché presso la European School of Economics. È membro del Consiglio Scientifico e del Consiglio dei Docenti del Master di Diritto delle Nuove Tecnologie dell’Università degli Studi di Bologna. Tiene lezioni e seminari in numerosi corsi di specializzazione, di laurea e master presso i quali cura prevalentemente l’insegnamento delle materie connesse alla tutela giuridica del software, alla proprietà intellettuale nella società dell’informazione, ai contratti ad oggetto informatico nonché al diritto della concorrenza e dei consumatori in internet. Collabora con numerosi periodici, quotidiani e riviste, tra cui L’Espresso, wired.it, Punto Informatico, PC Magazine, Win Magazine, Office Magazine e il Corriere giuridico. Ha fondato e presiede l’Istituto per le Politiche dell’Innovazione. Ha fondato lo studio Scorza, Riccio & Partners ed è membro di E-Lex, network di studi legali. È autore di numerose pubblicazioni in materia di informatica giuridica e diritto dell’informatica.