È la tecnologia l’elemento decisivo che condizionerà il panorama energetico mondiale nei prossimi anni. Ne è convinto David Goldwyn, presidente e fondatore di Goldwyn Global Strategies, che in un’intervista a Oil, disegna i nuovi scenari che si apriranno nell’oil&gas e anticipa vincitori e sconfitti. Stati Uniti, Canada, Messico, i Paesi che, grazie alla scoperta di grandi giacimenti di idrocarburi non convenzionali, vedranno aumentare in misura maggiore le proprie risorse energetiche e le possibilità di sfruttarle. E, proprio il grande ruolo che giocheranno tight oil e gas nella partita dell’energia, favorirà le compagnie petrolifere internazionali (IOC), che, nelle aree in cui tecnologia e sviluppo dei progetti sono importanti possono contare su un notevole vantaggio competitivo nei confronti delle compagnie di Stato.
Quali sono i più importanti mutamenti che prevede per i mercati della produzione e del consumo di energia nel corso dei prossimi dieci o vent’anni?
“Il cambiamento più importante sul fronte della produzione è rappresentato dall’espansione delle risorse globali grazie all’utilizzo della fratturazione idraulica e della trivellazione orizzontale nei settori del tight oil e del tight gas. Oggi la tecnologia ha aperto nuovi orizzonti in Occidente ed ha aumentato le scorte e la produzione potenziali, un fatto questo che rappresenta un notevole cambiamento. Potrebbe inoltre aprire nuovi orizzonti in Russia nel campo del tight oil, in Europa Orientale nel campo del gas e in Cina e Sud America nel campo del tight gas. Quindi nel corso dei prossimi vent’anni si profila un potenziale aumento nell’accesso alle risorse per entrambi questi idrocarburi. Sul fronte dei consumi, il cambiamento maggiore sarà rappresentato dal fatto che due terzi della crescita della domanda di idrocarburi, e di energia in generale, proverrà da paesi asiatici in via di sviluppo. Il secondo maggiore cambiamento a cui probabilmente assisteremo è la trasformazione delle tecnologie per i trasporti, con una maggiore integrazione fra veicoli ibridi ed elettrici e magari con l’utilizzo di biocarburanti di seconda generazione. Inoltre entro il 2035 assisteremo a notevoli cambiamenti per quanto riguarda la quantità della domanda di idrocarburi. Il terzo cambiamento sul fronte dei consumi sarà la crescente diffusione della generazione distribuita per i reattori nucleari modulari e per le piccole reti isolate, che fornirà elettricità a molte popolazioni in zone poco servite ma che aumenterà anche la quantità di energia prodotta a partire dal gas in forme trasportabili o a partire dall’energia rinnovabile”.
Sta quindi parlando per i prossimi vent’anni di una ridefinizione della mappa dell’energia globale?
“Non la chiamerei una ridefinizione della mappa dell’energia globale. I giacimenti di tight oil e tight gas sono presenti in molte zone nelle quali abbiamo già giacimenti più convenzionali di petrolio, gas o carbone. Ciò che sta accadendo è che le risorse complessive di tutte queste zone sono aumentate enormemente. E quel che è significativo è che le risorse sono cresciute in aree che vantano eccellenti possibilità per quanto riguarda gli investimenti internazionali, ad esempio nei paesi non-OPEC. Si tratta di paesi che in precedenza erano ritenuti in notevole declino. Pensavamo che gli Stati Uniti fossero un paese con risorse ormai quasi interamente sfruttate, destinato ad aumentare le importazioni. Ora sappiamo invece dell’esistenza non solo della Eagle Ford Formation occidentale, ma anche di forse sette od otto giacimenti minori, ma sempre importanti, dove dovrebbe essere possibile l’estrazione di petrolio o di gas. Lo stesso accade in Messico, un paese che ha assistito ad una diminuzione delle scorte per ragioni politiche, ma che si è sempre considerato povero di risorse di gas. Bene, il Messico possiede un giacimento paragonabile alla Eagle Ford Formation, quindi se sarà in grado di adottare una politica fiscale adatta ad attrarre gli investimenti, il paese potrebbe non solo diventare autosufficiente per quanto riguarda le forniture di gas, riducendo così le attuali importazioni di GNL, ma potrebbe anche diventare un paese esportatore di gas. È una questione politica, non una questione di risorse. È questo l’elemento di novità. La Cina e la Russia sono altri due esempi in questo senso. Sappiamo che la Russia possiede importanti risorse di gas e di petrolio, anche se in aree considerate molto difficili per i processi di estrazione. Ora si scopre che la Russia potrebbe sfruttare notevoli risorse di tight oil se sarà in grado di attrarre gli investimenti tecnologici necessari. La Cina, dal canto suo, per quel che possiamo valutare, ha delle potenzialità nel campo del tight gas più che del petrolio. Ma per quanto concerne la fornitura di gas, la Cina potrebbe anche rendersi ben più autosufficiente di quel che si sarebbe potuto credere quattro anni fa”.
Nel corso dei prossimi decenni quali paesi saranno protagonisti in positivo? E quali in negativo?
“Suddividerei i paesi in vincitori, in sconfitti e in punti interrogativi. Su base economica i vincitori sono gli USA, il Canada (che oltre alle sabbie bituminose ha giacimenti di tight oil e tight gas), il Messico (di cui abbiamo già parlato) e l’Iraq. L’apertura dell’Iraq agli investimenti (se verranno effettuati, e questo punto rappresenta un parziale punto interrogativo) potrebbe rendere il paese un produttore di petrolio molto importante nei prossimi anni. Fra gli sconfitti figurerà probabilmente il Qatar, dato che subirà una concorrenza notevole per quanto riguarda il GNL e il gas derivato da altre risorse. Più in generale saranno sconfitti il Medio Oriente e l’Africa del Nord, poiché dovranno accettare di abbassare i prezzi, al fine di mantenere la propria quota di mercato, oppure di cedere quote di mercato ad altri paesi. I paesi ai margini di questa rivoluzione sono il Venezuela e la Bolivia che, a causa in particolare del proprio sistema fiscale, vedranno i potenziali mercati nel settore del petrolio e del gas sottratti da altri paesi. I grandi punti interrogativi sono la Russia e la Cina. La Russia perché ha un enorme potenziale, ma un potenziale che richiederebbe cambiamenti molto importanti alle proprie politiche fiscali al fine di attrarre gli investimenti tecnologici necessari per sfruttare tali risorse. Le maggiori società russe non possono farcela da sole. Si tratta di un cambiamento enorme e non è chiaro se sarà in grado di farlo. La Cina è l’altro grande punto interrogativo, perché possiede risorse potenziali ma molto difficili da utilizzare e, considerato l’attuale sistema, è improbabile che le società straniere con la tecnologia necessaria a sviluppare le risorse del paese siano interessate nel corso dei prossimi anni a fare qualcosa in più oltre a studiare la geologia della Cina. Inoltre è altrettanto improbabile che la Cina riesca, entro i prossimi 15 anni, a sviluppare da sola tali tecnologie, tenuto conto del tempo impiegato dagli Stati Uniti per raggiungere lo stesso obiettivo con un sistema infrastrutturale superiore”.
L’AIE prevede che gli Stati Uniti diventeranno il maggiore produttore mondiale intorno al 2020, scalzando temporaneamente l’Arabia Saudita dal primo posto. Cosa può significare tutto questo per le relazioni fra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita?
“È possibile che gli Stati Uniti arrivino a produrre 11 milioni di barili al giorno, se i prezzi supportano questa cifra e se il paese è in grado di trovare un accordo a livello sociale sulle modalità di gestione dell’impatto ambientale che tale sviluppo comporterebbe. Il fatto che gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita possano produrre ingenti (e all’incirca paragonabili) quantità di petrolio è importante in termini economici, ma non così rilevante in termini geopolitici. Gli Stati Uniti consumeranno tutto ciò che produrranno e di conseguenza il mercato delle esportazioni non subirà alcun impatto. Il petrolio resterà una materia prima quotata a livello globale e perciò gli Stati Uniti saranno vulnerabili alle interruzioni della fornitura e alle oscillazioni dei prezzi quanto lo sono oggi. Di conseguenza il ruolo dell’Arabia Saudita come swing producer, in grado sia di condurre l’OPEC ad un taglio delle forniture al fine di alzare i prezzi, sia di garantire capacità inutilizzata in caso di interruzioni della fornitura, continuerà ad essere cruciale. Quindi non potremo fare a meno di occuparci del Medio Oriente. Anche se la gran parte della domanda proverrà in futuro dall’Asia, saremo infatti costretti ad occuparci ancora della stabilità della regione, dal momento che tutti i nostri amici ed alleati continueranno a fare affidamento sul petrolio proveniente dal Medio Oriente; quindi sarà importante sapere chi controlla il petrolio, se ci sono interruzioni della fornitura o meno e se lo stretto di Hormuz o altre vie marittime sono aperte al commercio. Nei prossimi vent’anni gli Stati Uniti continueranno a preoccuparsi del destino dei paesi mediorientali per ragioni che vanno al di là del petrolio. Gli Stati Uniti saranno molto interessati a quelle nazioni che si svilupperanno secondo principi di pace, stabilità e democrazia. Sarà importante sapere se questi paesi ospitano governi fondamentalisti che potrebbero risultare ostili ai nostri interessi e sarà importante sapere se essi sono o meno paesi produttori per il mercato del gas e
del petrolio”.
Le società petrolifere internazionali devono far fronte a sfide sempre crescenti lanciate da società petrolifere nazionali. In quali paesi questo confronto è più acceso?
“Oggi le società petrolifere internazionali hanno un notevole vantaggio nelle aree in cui contano la tecnologia e lo sviluppo dei progetti. Le società petrolifere internazionali continueranno a dominare in aree come i giacimenti sottomarini, i giacimenti non convenzionali e i giacimenti artici. Per quanto riguarda le società petrolifere nazionali, esse saranno costrette ad affidarsi alla produzione convenzionale oppure a scegliere altri metodi per creare nuove partnership con le società petrolifere internazionali al fine di sfruttare quelle risorse. È questa la ragione per cui oggi vediamo che la Russia sta improvvisamente creando nuove partnership, perché è interessata allo sfruttamento di risorse non convenzionali. Per questo non si vede alcuna crescita d’importanza per quelle società petrolifere nazionali africane che non sono in grado di sfruttare da sole i giacimenti sottomarini, perché esse devono affidarsi a società petrolifere internazionali. Così accade in Cina, dove solo la CNOOC (China National Offshore Oil Corporation) ha tentato l’esplorazione dei giacimenti sottomarini ma non è stata in grado di avere alcuna capacità significativa nei giacimenti sottomarini offshore del paese. Hanno pur sempre bisogno delle società petrolifere internazionali per coordinare lo sviluppo di queste risorse. E si può dire lo stesso delle nuove partnership per lo sviluppo delle risorse non convenzionali in Cina. Le società petrolifere nazionali saranno al primo posto per quanto riguarda la sfruttamento di risorse convenzionali, ma se si parla di frontiere dello sviluppo dovranno affidarsi ancora per qualche tempo alle società petrolifere internazionali. Credo che le società petrolifere internazionali non avranno granché da temere dallo sviluppo di nuove frontiere. Le società petrolifere nazionali sono in grado di occupare una posizione di predominio quando, grazie allo sfruttamento di risorse convenzionali, non sono costrette a collaborare con società petrolifere internazionali (pensiamo a Saudi Aramco, Korea National Oil Company e alcune altre). La competizione fra società petrolifere nazionali e internazionali si avrà in merito alle modalità con cui verranno create tali partnership, alle modalità con cui esse condivideranno il controllo delle operazioni e alle modalità con cui si spartiranno i costi di produzione nel corso dei prossimi vent’anni. In alcuni casi (come oggi nella parte meridionale dell’Iraq) abbiamo delle proposte di collaborazione con società petrolifere internazionali che non vanno a buon fine. Ci sono altre aree, in particolare in Europa orientale, nelle quali delle piccole società richiedono l’intervento di società petrolifere internazionali e in cui si potrebbe assistere ad una crescita significativa. È tuttavia ancora una volta in Medio Oriente che vedremo una battaglia fra società petrolifere nazionali ed internazionali per stabilire chi otterrà i guadagni maggiori. Sul fronte del downstream, credo che le società petrolifere nazionali potranno essere in grado di dominare la distribuzione del petrolio, ma il settore della raffinazione sarà un’altra area in cui società petrolifere nazionali e internazionali collaboreranno, dato che le raffinerie di petrolio pesante sono strutture complesse. Le tecnologie sono di proprietà di società petrolifere internazionali e queste sono aree in cui le partnership sembrano essere nell’interesse di entrambe le parti”.
In quali paesi crede che l’eolico, il solare e le altre energie alternative giocheranno un ruolo di primo piano?
“Assisteremo ad un notevole aumento dell’utilizzo di tecnologie solari negli edifici e nelle apparecchiature portatili. Abbiamo già visto come l’eolico sia diventato in molti paesi una realtà commerciale senza bisogno di sussidi. E continueremo a vederlo crescere. Credo che assisteremo alla crescita più importante in Europa, visti i mandati per la condivisione di energia rinnovabile. In secondo luogo, assisteremo ad una crescita significativa in Cina, perché si tratta di un paese che ha la capacità produttiva, per cui conta la sicurezza, nonché un paese che sta comprendendo i costi in termini di salute derivanti dall’inquinamento prodotto dal carbone. Quindi la Cina ha tutti motivi per sviluppare tali settori e diventare un paese esportatore di quelle tecnologie. La terza area in cui assisteremo ad una crescita significativa delle energie rinnovabili sarà il Medio Oriente e il Nord Africa. Credo che in particolare l’Arabia Saudita sia un paese da tenere sott’occhio, poiché attualmente brucia petrolio per produrre elettricità (così come fanno molti dei paesi limitrofi). La possibilità per i paesi mediorientali di pagare in anticipo i costi relativi all’investimento in tecnologie per l’energia solare e poi essere in grado di aumentare le proprie esportazioni senza aumentare la produzione, rappresenta qualcosa di molto concreto. Penso che l’Arabia Saudita faccia sul serio riguardo alla possibilità di una crescita notevole nel campo della tecnologia solare per la produzione di energia, poiché si tratta di un paese che è in grado di ridurre il consumo di petrolio a vantaggio del solare o anche del gas, purché sia in grado di sviluppare questi settori in modo da generare guadagni significativi. Sfortunatamente tutto ciò mette gli Stati Uniti all’ultimo posto in termini di maggiore crescita, se parliamo di volumi più che di quota percentuale delle energie rinnovabili. Gli Stati Uniti dovranno attendere una diminuzione importante del costo di tali tecnologie, così da poter essere competitivi senza sussidi o senza un miracolo politico che produca una carbon tax. Assistiamo a degli aumenti notevoli nella diffusione di energie rinnovabili per la produzione di elettricità. Gli altri cambiamenti necessari sono miglioramenti delle tecnologie per l’accumulo di energia elettrica e per le batterie. Ci vorrà del tempo”.
È realistico pensare, per il prossimo futuro, ad un mondo in cui l’energia rinnovabile riesca ad intaccare il predominio delle tradizionali fonti di energia come il petrolio o il carbone? Oppure il mondo avrà bisogno di così tanta energia che ciò non potrà mai accadere?
“Le previsioni per quanto riguarda la domanda di energia e la semplice constatazione del fatto che i paesi asiatici in via di sviluppo vorranno ciò che tutte le società in via di sviluppo vogliono (mobilità ed elettricità), ci dicono che assisteremo ad un’enorme crescita della quantità di energia richiesta a livello globale. I due maggiori cambiamenti riguarderanno l’uso di gas naturale per la produzione di energia elettrica (invece di carbone) e i mezzi di trasporto. Per quanto riguarda l’energia elettrica, la rivoluzione del gas cui stiamo assistendo avrà certamente in tutto il mondo effetti rilevanti sulla quota di energia prodotta dal carbone. Se si considera anche l’imperativo rappresentato dal cambiamento climatico, possiamo prevedere che in futuro ci sarà un passaggio importante dal carbone al gas. Il petrolio non subisce in maniera rilevante l’impatto dei cambiamenti nell’ambito della produzione di energia elettrica, quindi non prevedo che gli aumenti del settore dell’energia solare ed eolica possano intaccare il consumo di petrolio. I grandi cambiamenti per il petrolio verranno dai cambiamenti nella tecnologia per i mezzi di trasporto. Dato che assistiamo ad un aumento della tecnologia ibrida e delle auto di piccola cilindrata, in particolare nei paesi asiatici in via di sviluppo, si profila un modello molto diverso per quanto riguarda i trasporti pubblici e la mobilità. Tra 20 anni è davvero probabile che vedremo un modello di trasporto pubblico molto diverso rispetto a quello che i nostri paesi hanno seguito nel corso degli ultimi 50 o 60 anni. E questo sarà il maggiore cambiamento per quanto concerne il petrolio. Sebbene la popolazione crescerà e determinerà un notevole aumento della domanda, il petrolio è destinato fra 20 anni ad essere una risorsa molto meno strategica rispetto ad oggi, poiché cominceremo ad individuare alternative per il trasporto che oggi non abbiamo a disposizione. Una volte ottenute queste alternative, siano esse ibridi migliori o veicoli elettrici per brevi distanze, o ancora veicoli che funzionano con biocarburanti o migliori forme di trasporto, si assisterà ad una variazione della domanda di petrolio”.
In termini economici e finanziari, le società petrolifere dovrebbero essere ottimiste o preoccupate per il futuro?
“Tutte le società che erano società petrolifere dieci anni fa oggi si sono trasformate in società per la produzione di energia. Guardano alla situazione del mercato con 20, 30, 40 o 50 anni di anticipo e prevedono comunque una domanda significativa di petrolio, gas e altre materie prime. Sanno che avranno mercato, ma ora cominciano a tenere maggiormente in considerazione la domanda. Vedremo molte società guardare alla produzione di energia elettrica come ad un settore interessante, e allo stesso modo ora stanno guardando ai biocarburanti come ad una risorsa promettente da produrre e distribuire sul mercato. Stanno guardando maggiormente nella direzione del gas, dato che riscontrano un aumento dell’elettrificazione persino nei veicoli. Continuano a ritenere il petrolio, finché qualcosa di meglio non verrà scoperto, la risorsa più efficiente per la produzione di carburante per i trasporti e sono certe che continuerà ad esserci una richiesta di questa materia prima anche in futuro. Ma sarà necessario per le società petrolifere adottare una strategia a tutto campo, che le trasformi in società per la produzione di energia del futuro”.

Molly Moore

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