Nel corso della Giornata europea della protezione dei dati personali il 29 gennaio 2014, Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha invitato tre componenti importanti di una strategia della Pubblica Amministrazione, presso la sede del Garante a Roma per un convegno dal titolo “Educare alla rete. L’alfabeto della nuova cittadinanza nella società digitale”.
Gli invitati sono stati Maria Chiara Carrozza, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Francesco Caio, Commissario di Governo per l’attuazione dell’Agenda Digitale e Luigi Gubitosi, Direttore Generale della Rai.
Gli interventi che si sono succeduti a partire dalla relazione di Soro hanno toccato le tematiche principali che si sentono da anni attorno alla vita digitale in Italia, ma che si possono sintetizzare in una questione ben precisa che è quella del digital divide.
Con questo concetto si definisce quella forzata differenza che si instaura tra individui, territori, categorie sociali nell’accesso e nell’uso degli strumenti di rete, protocolli, procedure, device e piattaforme in un sistema nazionale.
Digital divide, come concetto e come pratica, non si limita, però, soltanto a questa forbice verticale, ma opera anche, soprattutto nel nostro Paese, su un piano orizzontale, dove, pur avendo risolto il problema dell’accesso, non risolve quello dell’uso consapevole, efficace e libero, diventando quindi un problema culturale.
Una doppia cesura, questa, che delimita due mondi che si vanno allontanando in modo sempre più netto, rischiando di lasciare indietro una fetta consistente di popolazione italiana, di settori produttivi, di opportunità di innovazioni e crescita con le quali l’Italia sta facendo drammaticamente i conti giorno dopo giorno.
L’Italia sta scivolando indietro in tutti gli indicatori socio economici internazionali, mentre i paesi che hanno investito in termini finanziari e culturali nel digitale ci stanno raggiungendo e sopravanzando.
In merito si può scorrere i dati dal Rapporto Annuale della “Digital Agenda Scoreboard”.
In generale, tralasciando quelle infrastrutturali, le questioni relative al nostro ritardo culturale sono quelle che si trovano nella pubblicazione del Garante della Privacy:
- L’utilizzo consapevole dei social network
- L’utilizzo ed il riuso a scuola dei canali online
- L’impatto dei dati tra Soggetti privati e Pubblica Amministrazione
- L’uso in mobilità di smartphone e tablet
- L’alfabetizzazione digitale
Tutto questo si sintetizza, come ha fatto Derrick de Kerckhove durante il convegno, nel prendere consapevolezza non soltanto di una nuova identità, digitale, che si sovrappone a quella reale, ma anche, e soprattutto, di un nuovo inconscio, digitale, che è tutto quel territorio che esiste realmente, di cui produciamo tracce, immagini, informazioni, emozioni, ma di cui non abbiamo visione e che resta immagazzinato in un lato identitario, oscuro e sempre più spesso irraggiungibile.
Soro, nella sua relazione, ha detto: “Reale e virtuale non possono più essere declinati come due mondi distinti dove ciascuno è libero di assumere una diversa identità a seconda della circostanza, ma rappresentano ormai territori integrati a una costante e sempre più pervasiva connettività”.
La connettività non deve essere però soltanto un prodotto ad uso della mercificazione dei nostri dati personali, un mezzo col quale produciamo lavori gratuiti gratificati dagli ambienti ludici, emozionali, desideranti e sexy di cui è ricca l’offerta digitale (prima fra tutte la sua condizione di gratuità in espansione); la connettività deve diventare uno strumento individuale e libero al servizio di ogni cittadino, anche se non propriamente un “bene comune”, ma neppure una commodity.
Quindi adottare pratiche positive, formulare nuovi principi di etica, definire una mappa condivisibile da tutti sono obiettivi che gli intervenuti hanno collocato nel loro giusto contesto.
Il ministro Carrozza quando ha parlato dell’interazione tra uomo e robot, ponendo l’accento sull’accelerazione anche emotiva, che certe prospettive tecnologiche e scientifiche stanno producendo, ha poi detto che “la conseguenza è quella di dotarsi di un corpus etico col quale avere una mappa il più precisa possibile per sapere dove stiamo andando come cittadini e come esseri umani”.
Anche Francesco Caio ha posto come “punto di partenza essenziale per l’Agenda Digitale l’individuazione di un terreno di coltura etica, in questo caso incentrato sulla privacy, in modo tale da armonizzare le esigenze del mercato con quelle dei cittadini”.
Paradossalmente, vorrei dire, il nostro ritardo, il fatto di trovarci a partire, dove e quando altri sistemi paese sono già arrivati, ci pone in una condizione di vantaggio nell’adozione di soluzioni di cui possiamo sapere quali sono i limiti ed i pericoli e agire di conseguenza.
“Insieme alla scuola, la RAI – ha sottolineato Gubitosi – è l’altro grande strumento a servizio dei cittadini con il quale veicolare l’alfabetizzazione digitale.
Missione, questa, che era giù stata raggiunta, con straordinaria efficacia negli anni tra il dopoguerra ed il boom economico, proprio grazie al servizio pubblico radiotelevisivo”.
Un obiettivo che viene posto in essere anche come scadenza per il 2016 quando la RAI dovrà rinegoziare la concessione governativa, ma che dovrà farlo anche con tutti noi, suoi utenti o meno, che chiederemo motivazioni forti per far sentire la RAI parte dei nostri “beni comuni”, anche in funzione della crescita di cultura digitale consapevole e condivisa.
In questo obiettivo da raggiungere ci collochiamo anche noi, di Media Duemila, nel nostro circoscritto, ma speriamo apprezzato, sforzo di contributo col Manifesto della Cultura Digitale.
Giorgio Fontana
media2000@tin.it