La sesta edizione del Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione di Ruben Razzante permette di riflettere su temi al centro del dibattito su internet da anni. Il diritto all’informazione, il pluralismo, il diritto alla privacy e quello di cronaca, la diffamazione a mezzo internet, il diritto (Siae diritto d’autore) ecc. sul quale stiamo collaborando con AG.COM per definire regole precise e quello all’oblio. Tutti temi che avevamo già iniziato ad affrontare quando ero Commissario all’AG.COM, nel 1979.
E, aggiungerei che con l’evoluzione dei media digitali a cui abbiamo assistito in questi anni, sono temi diventati centrali per la vita di ognuno di noi.
È difficile pensare oggi ad una vita quotidiana non connessa. E, di conseguenza, è impossibile credere che quei nodi centrali di diritti e doveri, che per anni abbiamo applicato alla stampa (diritto di cronaca) prima e alla televisione poi, non debbano essere traslati anche nella nostra vita digitale.
E qui nascono i problemi seri. Perché l’adattamento delle “regole” dalla stampa alla radio e alla televisione è stata tutto sommato abbastanza facile. In buona sostanza, e con le ovvie modifiche, il modello di applicazione è sostanzialmente lo stesso: un responsabile chiaramente individuabile (editore, amministratore delegato, direttore responsabile che sia), degli operatori (giornalisti, speaker, presentatori: in termini di fondo sono figure del tutto equivalenti), dei prodotti da veicolare sul proprio medium e, infine, dei fruitori “passivi”.
È sotto gli occhi di tutti che il mondo digitale, e quello della rete in particolare, ha spazzato via le certezze che esistevano fino a poco tempo fa.
Un editore in rete è figura molto più complessa e sfaccettata di ciò che era nella stampa e nella radiotelevisione, molto più difficilmente individuabile e, in molti casi, nient’altro che un elemento “passivo”, che si limita a ritrasmettere dati su cui ha possibilità di controllo, di scelta e di intervento spesso praticamente nulli.
E che dire del binomio “autore/pubblico”? Sempre di più sono due ruoli assimilabili, fino ai casi dei social network (Facebook e Twitter in testa), che non esistono se non nella coincidenza totale e obbligatoria delle due figure: non sei un fruitore di un social se non ne sei contemporaneamente autore.
Questo nuovo assetto dei media non tradizionali comporta una estrema difficoltà di riconoscimento giuridico di diritti e di doveri, e non solo per la complessità della questione, ma anche per la velocità con cui muta, anche radicalmente, il quadro complessivo.
Mi permetto di citare che “il diritto dell’informazione si aggiorna in modo galoppante soprattutto grazie alla giurisprudenza, che spesso affronta in modo assai innovativo casi concreti difficilmente risolvibili alla luce delle leggi vigenti. Esistono vuoti normativi che vengono di volta in volta colmati dagli organi giurisdizionali sia nazionali sia europei”.
C’è la necessità, insomma, di articolare un quadro giuridico complessivo, che normi in maniera organica la straordinaria complessità che abbiamo descritto. Ma contemporaneamente c’è la oggettiva impossibilità per il legislatore di stare al passo con i mutamenti radicali e velocissimi imposti dal mercato della connessione e della rete.
E, a complicare ulteriormente la situazione, c’è l’evidente inadeguatezza di leggi nazionali a fronte di strumenti di comunicazione mondiali, che hanno sedi extra nazionali e offrono servizi globali (leggi a livello mondiale).
Fra i tanti pregi, questa è una delle funzioni fondamentali del libro del prof. Ruben Razzante: seguire il percorso delle sentenze che stanno facendo giurisprudenza, sia a livello nazionale che internazionale, creando un quadro delle tendenze più avanzate e stabilendo quali siano le frontiere ancora da esplorare.
Voglio solo citare l’esempio che più mi ha colpito nella capacità di Ruben di sottolineare le necessità impellenti e di farlo con straordinaria tempestività: il diritto all’oblio.
La sentenza che la Corte di Giustizia Europea ha emesso solo pochi giorni fa, il 13 maggio, sembra una risposta diretta alla domanda che si fa Razzante: “È legittimo che una sanzione, una condanna, un precedente giudiziario assai lontano nel tempo restino sempre disponibili a chiunque navighi in internet?”.
È una sentenza importante, che pur negli inevitabili limiti (perché riguarda solo il pur grande mondo dei motori di ricerca e di Google in particolare, e perché rimangono comunque zone d’ombra e difficoltà di applicazione) stabilisce principi anche operativi di cui da oggi bisognerà tenere inevitabilmente conto.
Ecco, io credo che si debba considerare il libro del prof. Razzante come una guida sicura e in continua evoluzione, che riesce a focalizzare le tendenze giuridiche più aggiornate e all’avanguardia in un campo così vasto e complesso dove, senza anche l’aiuto di questo manuale, sarebbe veramente duro trovare un po’ di luce.
E non solo.
La profonda conoscenza di Ruben del mondo della comunicazione globale fa sì che nella lettura si respiri il profumo della competenza: non una raccolta asettica di leggi e sentenze, ma un profondo sguardo, nell’ottica del diritto, su quanto è successo, sta succedendo e succederà nel mondo dell’informazione.
Alessandro Luciano, presidente FUB