Maurizio Mensi è uno dei due autori del manuale “Il diritto del Web” (ed. CEDAM), che affronta alcune delle più rilevanti e attuali problematiche relative alla Rete.
Il 15 maggio a Roma, presso il Centro Studi Americani, se ne discuterà con Giovanni Buttarelli, Massimo Mucchetti, Paolo Messa, Giorgia Abeltino, e il 18 maggio in LUISS con Enzo Cheli, Franco Bassanini, Angelo Cardani, Antonello Giacomelli, Nicola Lupo, Elio Catania.
Quanta privacy concedere in cambio di sicurezza?
“Pensare di rinunciare alla privacy per ottenere sicurezza significa, paradossalmente, rischiare di perdere la prima senza avere la certezza di vedere maggiormente tutelata la seconda. Il caso Charlie Hebdo è emblematico al riguardo: i terroristi erano già ben noti alle forze di polizia francesi; il che avrebbe reso opportuno l’adozione di adeguate misure preventive. Ecco perché invocare automaticamente, in occasione di atti terroristici, maggiore controllo e vigilanza sulla Rete appare quasi un riflesso condizionato, come se la libertà individuale, su cui le nostre democrazie si sono fondate, non fosse più un valore meritevole di tutela e considerazione, dimenticando che ogni compressione della privacy deve essere proporzionata e giustificata sulla base di pericoli effettivi, come stabilito da regole di rango europeo e nazionale. Ecco perché suscita perplessità, dal punto di vista giuridico, la risposta normativa francese, che affida al Ministero dell’Interno il potere di ordinare agli ISP, senza l’intervento dell’autorità giudiziaria, il blocco dei siti Internet ritenuti responsabili della pubblicazione di contenuti che istigano ad azioni terroristiche o ne fanno apologia. D’altronde occorre considerare che il concetto di sicurezza nazionale è alquanto vago, ancora oggi del tutto indefinito anche a livello internazionale, e pertanto rimesso talora a valutazioni opinabili non soltanto da parte di governi dispotici, che sulla base di esso sono portati a giustificare qualsivoglia misura. In Italia, come peraltro dimostra il recente decreto antiterrorismo approvato in via definitiva qualche giorno fa, il sistema giuridico è per lo più accurato e ben calibrato, risultato di un’attenta ponderazione dei delicati profili che sono in gioco; cerca di contemperare garanzie individuali e sicurezza collettiva. Una legge del 2005 consente al Presidente del Consiglio di delegare i capi dei servizi di sicurezza ad adottare, anche in via preventiva, estesi controlli delle comunicazioni quando si tratta di prevenire attività terroristiche o eversive per l’ordinamento costituzionale, previo via libera dell’autorità giudiziaria”.
Caso Snowden, la Costituzione ci difende?
“Senza dubbio la nostra Costituzione costituisce un presidio importante, a tutela del cittadino e della sua libertà: stabilisce che la libertà e la segretezza delle comunicazioni sono inviolabili e ogni loro limitazione deve essere soggetta al controllo di un giudice. A questa si aggiunge un Codice della Privacy ben strutturato che nel corso degli anni si è rivelato strumento efficace. A livello europeo si può rilevare che entro fine anno sarà adottato un nuovo, importante regolamento europeo in tema di privacy, direttamente applicabile, che sostituirà una direttiva ormai desueta che risale al 1995 e che necessariamente comporterà l’aggiornamento della normativa vigente a livello nazionale in tema di sicurezza e protezione dati”.
Privacy e Cloud Computing, intreccio difficile da gestire?
“Il Cloud computing è ancora disciplinato da regole di fonte negoziale, clausole di carattere privatistico. Ad esso sono applicabili alcune previsioni contenute nel Codice del consumo, a protezione dell’utente, tuttavia ancora si attende una compiuta disciplina a livello europeo. Questo tema assume particolare rilievo con riferimento allo scambio transfrontaliero dei dati in quanto la maggior parte dei fornitori dei servizi Cloud sono stabiliti al di fuori del territorio europeo e la legge applicabile in questi casi deve garantire la stessa protezione di quella europea. Anche taluni aspetti del Cloud saranno riguardati dalla normativa europea che sarà a breve adottata”.
Diritto del Web: perché questo titolo?
“Il principale obiettivo è quello di cercare di sgombrare il campo da equivoci, contribuire ad una riflessione pacata e seria, immune da pregiudizi e condizionamenti ideologici sulla Rete, che non deve essere considerata di per sé né un rimedio salvifico ai vari problemi della nostra società né un Moloch di cui diffidare aprioristicamente e da contrastare, ragionando sullo stato dell’arte e, soprattutto, sull’adeguatezza dell’attuale quadro normativo. Il diritto – come spesso accade – segue, quasi mai precede una rivoluzione, come quella originata dalla “disruptive innovation” originata da Internet. La Rete è uno strumento di per sé neutro, a cui devono essere riconosciuti grandi meriti, in termini di promozione e diffusione della conoscenza, crescita sociale, economica e civile, come dimostrato dalla “cittadinanza digitale” che ha consento di delineare, tuttavia deve esse utilizzato con consapevolezza e maturità. Soltanto un sano Cyber-realismo può indurci a beneficiare appieno della Rete senza cadere nei pericoli insiti in un mezzo potente e per lo più incontrollabile, dalla memoria infallibile, destinato per le sue caratteristiche e modalità di funzionamento ad amplificare a dismisura sia comportamenti virtuosi sia atti scorretti e dannosi. In questo senso il libro può essere considerato, semplicemente, un invito a riflettere”.
Maria Pia Rossignaud