I cambiamenti continui del nostro quotidiano impressi dall’innovazione tecnologica hanno, fra i tanti risvolti, anche l’esigenza di formare professionalità adeguate a governarli nonché a immaginare ‘il nuovo più nuovo’. Testimonianze su questa generazione che fa dell’innovazione il suo mestiere hanno animato, mercoledì 7 ottobre, l’ultimo di una serie di convegni che EIT Digital ha organizzato a Milano, in ambito dell’Expo, stavolta nella cornice istituzionale del Padiglione dell’Unione Europea.

Fra i dottorandi che hanno raccontato la loro esperienza c’è Teresa Macchia, trevigiana, che sembra quasi aver ottenuto la mitica quadratura del cerchio, in fatto d’incrocio di talenti: diplomata al Liceo artistico, laureata in Sociologia all’Università di Trento, è ora fra i dottorandi d’élite in Informatica di cui il CEO di EIT Digital, Willem Jonker, ha parlato con fierezza come seminatori di innovazione.
La incontriamo a margine dell’evento, per farci narrare la sua esperienza.
“In questo momento – afferma – sto di fatto applicando, con le dovute declinazioni, la visione e l’approccio appresi studiando i principi dell’Architettura al Liceo Artistico, scuola che scelsi all’epoca seguendo le mie inclinazioni. Sono, infatti, convinta che sia molto importante avere una robusta formazione teorica, la quale ti dà una chiave d’accesso multidisciplinare, una sorta di passepartout.”

Come è avvenuto l’incontro con EIT Digital?
“Vi hanno contribuito una miscellanea di fattori. Mentre stavo per finire la laurea magistrale in Sociologia all’Università di Trento, ho cominciato a collaborare con una web agency della città, lavoro che mi ha permesso di acquisire un linguaggio utile da applicare a livello informatico.
Ho così provato una profonda attrazione per la materia, tant’è che mi sono licenziata per approfondirla attraverso un Dottorato. Ne desideravo uno in grado di soddisfare le mie esigenze culturali e le mie curiosità intellettuali e mi sono guardata in giro in tutto il mondo, alla ricerca di un Dottorato ad hoc”.

In tutto il mondo, ma era praticamente sotto casa…
“E’ stata una fortunata coincidenza. Il mio attuale advisor, il professor Vincenzo D’Andrea, era anche mio docente di sistemi informativi presso l’Università di Trento, nonché mio relatore di tesi. Fu lui a darmi un link che, a suo avviso, avrebbe potuto fare al caso mio. Era quello a cui si accedeva alla descrizione del programma di EIT Digital e si rivelò proprio ciò che cercavo anche presso gli atenei e i centri di ricerca più lontani, giacché rispondeva a tutte le mie curiosità sul design. Si era la metà del 2012 e decisi di partecipare”.

E’ stato difficile accedervi?
“Sto frequentando il Dottorato di Informatica all’Università di Trento, dopo aver concorso per una delle 10 borse di studio per conquistare le quali ci presentammo – mi dissero allora – in 1.700 candidati. Era una conditio sine qua non il sostegno della borsa di studio e m’impegnai per ottenerla. A breve mi ‘dottorerò’, spero entro marzo, con l’obiettivo di trovare un lavoro nel campo dell’IoT, attraverso contatti con persone che fanno parte del network di EIT Digital, ma anche altrove, dove la professionalità che ho acquisito sia richiesta. Vediamo cosa succederà.
D’altronde, la mia tesi è indirizzata proprio a sostanziare ciò che ho studiato in questi anni, perché illustra come le persone creino conoscenza nei Musei, a seconda che usino o meno le tecnologie interattive.
Ho affrontato due casi: il MUSE, ovvero il Museo delle Scienze recentemente inaugurato a Trento e ideato da Renzo Piano, assolutamente innovativo come approccio museale, e la Finnish National Gallery, presso la quale ho studiato sei mesi, avviando anche una collaborazione. Così studio e quotidianità convergono nell’Internet of Things”.

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Annamaria Barbato Ricci
Annamaria Barbato Ricci è una stimata e nota giornalista italiana, free lance e già capo-ufficio stampa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dei Trasporti e consulente nello staff di Presidenza dell’UNICEF. E' stata coordinatrice e co-autrice della trilogia “Radici Nocerine: la Storia al servizio del Futuro”, e ideatrice de Le Italiane, un libro che racconta 150 anni di Italia al femminile.