La tutela dell’apporto professionale dei giornalisti, in ogni sua declinazione, cartacea, radiotelevisiva e ora anche sul web, è un patrimonio per i cittadini. Da tutelare; da valorizzare.
Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, interpellato sul tema portante della VII edizione del Premio ‘Nostalgia di Futuro’: “ICT per i media: Interazione – Contenuto – Tutela – Generazioni a confronto” (18 novembre ore 15:00 – FIEG Roma) è chiaro, netto, non usa circonlocuzioni ‘ammorbidenti’ o giri di parole: “Le nuove piattaforme tecnologiche tendono a intersecarsi e a favorire lo scambio d’informazioni. Il punctum dolens è rappresentato dai contenuti. Non tutto ciò che circola è attendibile. Anzi, ad essere schietti, il 90% di ciò che si trova in Rete è pura spazzatura, perché non ha alcuna fonte di verità o di attribuibilità certa.
Se consideriamo che la Legge professionale obbliga ciascuno di noi alla verità sostanziale dei fatti, si capisce bene che l’informazione professionale è ben altra cosa rispetto al flusso incontrollato di ‘cosiddette’ notizie da cui i cittadini ‘naviganti’ sono bombardati. Ciò richiede una riflessione sugli effetti distorti discendenti dalla gratuità della Rete, ma anche un confronto su come intervenire per aumentare il consumo e la fruizione di informazione professionale Doc e, quindi, di buon giornalismo”.

Sembra la quadratura del cerchio…
“Non c’è alternativa: solo la qualità, ergo l’attendibilità, di ciò che viene scritto online è in grado di marcare la differenza, quindi di tener distinto ciò che è essenziale per la formazione e la crescita di un’opinione pubblica consapevole e di una coscienza civica, da quello che è totalmente infondato oppure usato per disinformare o manipolare il consenso.
E la qualità nell’informazione professionale costa. Occorre che vi sia un’adeguata remunerazione per professionisti dell’informazione, abili a rendere chiari i processi in atto nella società con assoluta autorevolezza, oggettività e serietà. Pertanto, risulta chiaro che quella che appare un’equazione assolutamente elementare viene messa a rischio da un’offerta smisurata di contenuti professionali a titolo assolutamente gratuito”.

Come combattere questo fenomeno così lesivo per la dignità professionale della categoria?
“Occorre ineludibilmente porsi il problema di una Rete e di motori di ricerca che realizzino rilevanti fatturati nella raccolta pubblicitaria grazie appunto alla qualità dell’informazione professionale fornita.
E’ chiaro che, alla lunga, questo corto circuito non può reggere, perché l’informazione professionale ha un costo e tale costo viene sostenuto dalle imprese editoriali; se queste ultime vedono calare il proprio fatturato proprio in ragione del fatto che i contenuti prodotti dai loro giornalisti vengono posti gratuitamente a disposizione dell’utenza, si ritrovano ad avere dei reali problemi di equilibrio economico, giacché su di esse grava un costo del lavoro che non sono in grado di recuperare, vedendo compromessa la loro stessa sopravvivenza”.

Quale potrebbe essere un rimedio a tale scompenso?
“Si tratta di un tema di cui necessariamente dovrebbe farsi carico anche il Governo, trovando il modo di assicurare adeguati ritorni in termini di entrate per i produttori d’informazione professionale.
Va, inoltre, rafforzata la tutela del diritto d’autore anche su tutto ciò che circola sulla Rete e coloro che generano fatturato pubblicitario in ragione del traffico derivante dall’informazione professionale prodotta da altri devono essere chiamati a remunerare i produttori di quell’informazione”.

Vi sono, poi, i siti che fanno informazione online senza essere emanazione di un’azienda editoriale ‘multicanale’, ovvero che non sono l’espressione del cartaceo o del radiotelevisivo.
“Lì il discorso appare diverso, perché non si può ‘spalmare’ il fatturato pubblicitario verso un settore che, senza contrappesi, fa poca raccolta. Come assicurare, in questo caso, che l’apporto professionale venga remunerato?
Ciò rappresenta un problema che ha una sua evidenza mondiale e si tratta di un tema dibattuto in Italia quanto negli Stati Uniti. Da noi come negli USA i fatturati pubblicitari per gli online non sono in grado di remunerare i professionisti che vi collaborano e il citizen journalism presenta l’inattendibilità che ho appena evidenziato.
Sarebbe necessario immaginare un contratto ad hoc per l’informazione online che non sia collegata con le grandi imprese editoriali. Tutto ciò, tenendo conto di due elementi: un’impresa, per quanto piccola essa sia, nasce da investimenti privati e deve potersi reggere sul mercato, naturalmente senza le stampelle di provvidenze pubbliche. D’altronde, non può rivalersi sul lavoro professionale gratuito per restare a galla. I contratti di lavoro vanno rispettati e se qualcuno li elude, lo Stato di diritto fornisce gli strumenti per farli rispettare. Se c’è qualcuno che, pur di restare aggrappato a qualcosa, accetta compensi inferiori ai minimi contrattuali o accetta di lavorare gratis, è chiaro che, in quel caso, si pone un problema di concorrenza sleale, oltre che di generale indebolimento dell’intera categoria professionale”.

Le imprese editoriali dell’online hanno però gioco facile dal grande bacino di potenziali contributor…
“Se c’è chi s’illude che in Italia possa esistere un mercato del lavoro giornalistico per i 120mila iscritti all’Ordine dei Giornalisti mente a sé stesso, sapendo di mentire.
Un mercato così ampio non solo non c’è oggi, in tempi di crisi, ma non c’è mai stato né ci sono le condizioni perché possa attuarsi in futuro.
E’ un dovere di tutti fare i conti con la realtà: conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione è un conto; esercitarla effettivamente un altro. Tra queste due condizioni esiste un’entità che si chiama mercato del lavoro, la quale non è in grado di assorbire tutti coloro che sono abilitati alla professione”.

C’è anche da tenere in considerazione i pensionati…
“I pensionati, lo dice la parola stessa, dovrebbero starsene in pensione, dopo aver avuto una vita professionale ricca e soddisfacente, che ha consentito loro di maturarla, non sottraendo posti di lavoro a chi ha l’età e le capacità professionali per occuparli.
Purtroppo, in questi anni abbiano assistito a un fenomeno eticamente riprovevole di giornalisti che, pur essendo approdati alla pensione o alla pensione anticipata, con tutti gli annessi e connessi, continuano ad occupare lo stesso posto di lavoro, magari utilizzando lo stesso tavolo di lavoro, lo stesso PC e lo stesso telefono.
Non è in discussione il diritto dei pensionati ad avere anche collaborazioni occasionali, ma quando essi restano nell’area del lavoro dipendente o assimilabile, si cade in una patologia che contribuisce a compromettere l’equilibrio del sistema”.

Al gran numero d’iscritti contribuisce il numero di candidati sfornati a ogni sessione d’esame dalle scuole di giornalismo?
“Bisogna sfatare quello che è soltanto un luogo comune e cioè che siano state le scuole di giornalismo a inflazionare il mercato del lavoro.
Se guardiamo ai numeri relativi agli esami di abilitazione all’esercizio della professione, gli allievi delle scuole di giornalismo incidono sì e no per il 20% sul numero dei candidati di ogni sessione.
Il resto, considerato che una minima parte arriva dal lavoro dipendente, è rappresentato da praticantati free lance, sulle cui regole di accesso ci sarebbe molto da dire, perché si fa riferimento a parametri retributivi molto al di sotto dei minimi tabellari fissati dal Contratto Nazionale di Lavoro.
E’ chiaro che vanno sempre tutelati i colleghi sfruttati dagli editori, ma quando si stabilisce che, per accedere all’esame, è sufficiente una retribuzione mensile di circa 400 euro, si pongono le basi per far saltare il sistema.
Pertanto, è necessario affrontare in maniera risolutiva il tema dell’accesso alla professione, perché la molteplicità delle strade, molto spesso gestite in modo del tutto discrezionali, indebolisce la professione stessa e l’intera categoria, non permettendo di affrontare il tema non secondario della qualità dell’informazione che, fatte salve le note eccezioni, è sempre più in caduta libera”.

Una domanda in casa FNSI. Il primo tentativo, dello scorso ottobre, di eleggere il nuovo Presidente, dopo la prematura scomparsa di Santo Della Volpe, ha sortito fumata nera. Quando si sbloccherà la situazione?
“Entro dicembre avremo un nuovo Presidente. Senza ulteriori ritardi”.

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Annamaria Barbato Ricci
Annamaria Barbato Ricci è una stimata e nota giornalista italiana, free lance e già capo-ufficio stampa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dei Trasporti e consulente nello staff di Presidenza dell’UNICEF. E' stata coordinatrice e co-autrice della trilogia “Radici Nocerine: la Storia al servizio del Futuro”, e ideatrice de Le Italiane, un libro che racconta 150 anni di Italia al femminile.