Le stesse tecnologie, come le metodologie multimediali, possono essere utilizzate in modalità positive, oppure negative.
Le stesse teorie di comunicazione, se finalizzate a costruire sinergie e a promuovere il dialogo, possono risolvere problemi complicati, ma se ribaltate nel loro significato, possono invece costruire barriere di non senso, diventando quindi strumenti pericolosi. La didattica della comunicazione oggi può fare avanzare nuove prospettive collaborative, ma un tessuto sociale tanto interconnesso, se permeato di aree di negatività, automaticamente crea derive di significati ed aberrazioni interpretative. Come esistono numerosi esempi di cattivo impiego delle tecnologie: se effettivamente utenti corretti possono costruire immagini bellissime con photoshop, e realizzare presentazioni positive o rappresentazioni di contenuto valido, possono esistere invece altri utenti che sulla base di falsificazioni di immagini, possono volere creare effetti disdicevoli, proliferandoli all’infinito sulla base di una unica immagine (matrice di pixel) già falsificata, che si può rendere perfino in animazione del tutto realistica, facendo deragliare il buon senso collettivo con livelli di verosimiglianza altissimi, data la sofisticazione delle risorse tecnologiche, che oggi sono disponibili ed accessibili a tanti.
In sintesi oggi, cioè dopo le prime ondate di entusiasmo per l’avanzamento delle tecnologie mutimediali, la vera emergenza sta nella necessità di educazione ad una multimedialità responsabile, perché un concetto estremo di democrazia, ha portato ad abusi che derivano dalla pratica incontrollata ed arbitraria di teorie e metodologie di comunicazione, che possono essere apprese anche da chi invece abbia obiettivi di distorsione, e quindi abbia come propria motivazione l’imparare quanto possibile, anche nelle aule accademiche, per poi fare agire con maggiore abilità, nella totale dissimulazione, nella realtà odierna di utenti distratti e frettolosi, che accettano senza verifiche. Questo purtroppo è vero su piano nazionale ed internazionale e il fatto colpisce più che mai le giovani generazioni che stanno diventando esponenzialmente aggressive senza neppure accorgersene.
Il futuro di ogni scienza socialmente sostenibile e di ogni tecnologia valida, e quindi anche della scienza della informazione e della comunicazione, è progettato e realizzato quotidianamente e si materializza non sulla base di accordi indistinti fra distanti comunità, ma come atto consapevole di singoli individui, autori e autrici, scienziati e scienziate, che dimostrando senso di piena responsabilità in relazione a quanto concepiscono e compongono, nel e per il loro territorio. Importante che sappiano indicare e scegliere con rispetto per gli utenti, cosa sia da pubblicare e quindi da consegnare all’immaginario di tanti altri, valutando gli effetti collaterali.Devono quindi essere coadiuvati con serietà da redattori ed editori, perché ogni pagina sia letta con attenzione, prima di essere effettivamente pubblicata. La collaborazione rispettosa dei lettori presenti e futuri, starà nella rivalutazione del processo di selezione, e nell’apprezzamento rispettoso della accurata scelta, della meditata mediazione, per evitare la proliferazione di non amabili testi che porta alla diffusione di dannosi oppure anche solo inutili refusi.

Esistono oggi (oltre a quelle di cui sono io stessa autrice, e nei confronti delle quali quindi mi ritengo personalmente impegnata), molte altre teorie e metodologie che permettono di analizzare con maggiore o minore precisione, a seconda dei casi, le onde e frequenze di espressioni scherzose linearizzate, poi trascritte e quindi assunte in forma di espressioni letterali, che hanno subito diversi gradi di modifica della rispettiva intenzionalità, a causa della estrazione dal relativo contesto di origine e di intesa significazione.
Riflettendo poi sull’ampiezza dei fenomeni di deriva, e di degrado, nella confusione delle intenzioni, e sulla intensità degli effetti collaterali nell’immaginario dei lettori e ascoltatori, soprattutto adolescenti, è giusto oggi più che mai promuovere una attenzione scientifica al problema nazionale, comunitario, ed internazionale, del fraintendimento e dalla confusione che derivano dagli eccessi di disponibilità di accesso informativo, spesso da fonti non verificate, e quindi anche dalla diffusione di versioni deformate, di conversazioni riportate, più volte e che diventano quindi assai distoniche rispetto a quelle originarie, e travisate poi quindi sempre di più , da parte dei lettori e degli ascoltatori.

Oggi è necessario fornire prospettive efficaci per una riconversione terminologica precisa, non soltanto attenta alla forma, ma anche alla sostanza delle espressioni colorite locali, dei detti scherzosi, leggeri proprio per preservare il senso dell’umorismo, della emozionalità che trova sfogo in un detto per dire, che tutela il singolo dall’implosione umorale che ammala subdolamente, anche con le colorite espressioni del come ci si esprime infatti nelle rispettive specificità regionali. Riconoscendo e indicando quindi tonalità e paradossi ulteriori nel mondo della comunicazione cablata, che anziché avvicinare di fatto allontana spesso sempre di più, emittenti e riceventi fra di loro, congelando la interazione comunicativa spontanea.

Mai come oggi, chi sia scienziata della comunicazione e quindi analista delle pratiche tecnologicamente diffuse, deve essere anche e soprattutto al servizio della quotidianità confusa, rispettando lettori ed utenti, che assorbono così facilmente ogni residuato ambientale e spesso non hanno i sufficienti anticorpi critici, per sopravvivere a germi di potenziale deformante, che portano al costante cinismo o alla violenza mascherata dal desiderio di sapere tutto a tutti i costi. Esiste anche il diritto di non volere sapere nulla che non sia pienamente verificato, per non farsi ammalare di riflesso negativo.

“Vogliamo dati verificati e non detti pour parler, vere e proprie farneticazioni”, potrebbe essere il nuovo motto. “Vogliamo asserzioni provate e non illazioni importunanti”. Deve essere un nuovo diritto e le donne nella scienza lo possono e devono promuovere per prime.
Oggi è più che mai essenziale differenziare e distinguere, separare ipotesi da provata evidenza prima che sia la farraginosa chiosa, a prevalere sulla pagina inutilmente tormentata, e questo deve rassicurare anche i catalogatori che devono comunque concludere con decisioni quando devono classificare tante pagine.
Letteratura Computazionale Italiana oggi significa in sintesi proprio questo. Basata sulla esistenza materiale di un fondo scientifico e letterario di una unica autrice Graziella Tonfoni, a differenza di molti altri archivi, e anche di molti altri fondi scientifici e letterari della stessa autrice, quelli già catalogati correttamente, e quindi come tali ospitati per consultazione interna o al pubblico, presso altre sedi scientifiche, non potrà essere mai catalogabile secondo le logiche e le categorie della biblioteconomia tradizionale contemporanea, in modo esaustivo.
Non solo eccessiva è la mole dei materiali documentali, manoscritti, dattiloscritti, disegni, schemi, inclusa la quadreria, con epistolari surreali, e copie di pubblicazioni, editi ed inediti e ristampe, e volumi ormai diventati rari, spesso confusi da molti con e mescolati quindi alle sue realizzazioni didattiche, ovvero alle sue pratiche di docente, ed eserciziari guidati dalla autrice.
Non esiste tavola di criteri all’oggi disponibile che possa di fatto completamente rappresentare una matassa interdisciplinare di tali e tante complessità, né coprirne adeguatamente lo specchio di conoscenze innovative che emergono da ognuna delle pagine e tabulati. Nessun catalogo può essere esauriente. Giusto allora fare transitare il valore storico scientifico e letterario di questi materiali per quella matassa che costituiscono, come un tutto unico atipico, ma non per questo meno importante, perché restino quindi tante pagine, nella storia del pensiero informatico contemporaneo, anche detto computazionale, proprio per la loro particolarità di testimonianza di un percorso di ricerca unico nel suo genere. In questo caso e a differenza di ogni altro archivio, che per sua stessa natura, acquisisce un suo valore aggiunto proprio dall’essere catalogato, e quindi dal risultare catalogabile, piuttosto che sacrificare la impervia complessità stilistica, poetica e retorica di quaderni documenti e volumi che per essere pagina per pagina spiegati, richiederebbero ognuno almeno una giornata intera di spiegazione da parte dell’autrice, unica depositaria del senso completo delle sue opere, possa questo fondo complesso che documenta la evoluzione della nostra realtà post moderna a comunicazione alternata e spesso convulsa, transitare nella storia del pensiero contemporaneo, come tale ovvero con la etichetta che più corrisponde alla sua stessa natura ovvero “impossibile da classificare completamente ma definibile complessivamente come spazio di testimonianza della donna scienziata che si sente responsabile delle proprie ricerche”.

Sicuramente tutto quanto vi sia conservato è da preservare per la sua rilevanza: interessa ed attraversa almeno una decina di settori disciplinari tutti insieme che vi si intersecano ed avvicendano senza mai ostacolarsi in perfetto equilibrio interdisciplinare.
E quindi dato che proprio una categoria la dovevamo inserire, seppur in linea di massima, possa il termine di “Letteratura Computazionale Italiana” comprendere il lavoro di una autrice che intende testimoniare come l’eccesso di accessibilità, a tutto ed a tutti, non solo non garantisce a nessuno la maggiore comprensibilità, ma diminuendo la fiducia nei selettori competenti, di fatto crea le condizioni per un mondo in cui ogni sogno comunicativo interrotto o infranto, diventa un ingorgo interpretativo, che si può effettivamente tradurre in incubo collettivo. Diritto della comunità scientifica oggi è anche quello di preservare sogni e idealità per un futuro in cui esista non solo il dovere di essere informati, ma anche il piacere del conoscere e soprattutto si garantisca il diritto a tutti e a tutte di leggere prose che, se intendono informare, siano davvero effettivamente verificate.

di Graziella Tonfoni

Premiata Minerva Donna nella Ricerca Scientifica e nella Cultura, nel 1984

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