“L’Italia è impegnata nella grande battaglia globale dell’innovazione tecnologica” e sta mettendo in campo importanti risorse: lo ha detto il ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, intervenendo qualche giorno fa, a Roma, alla serata conclusiva del Concorso “Inarcassa Premia le Idee”, lanciato – fatto piuttosto insolito – da una cassa di previdenza e assistenza, quella degli ingegneri e degli architetti italiani.
Calenda ha definito i progetti premiati “delle vere e proprie start up tecnologiche”, riprendendo e sviluppando l’affermazione del sen. Massimo Mucchetti, presidente della 10ma commissione permanente Industria, Commercio, Turismo del Senato, che poco prima aveva sottolineato la validità delle soluzioni proposte mettendo anche il luce il contesto nel quale le nuove idee vanno fiorendo.
“E’ un contesto tecnologico in rapida trasformazione – ha spiegato il sen. Mucchetti – che oggi va identificato in quel fenomeno dell’industria 4.0 che costituisce la seconda fase della rivoluzione robotica avviata mezzo secolo fa”. L’obbiettivo delle nuove tecnologie sembra essere quello di rinunciare sempre di più al lavoro dell’uomo, con “gli stabilimenti senza operai distribuiti nel mondo in prossimità dei mercati di sbocco, la dematerializzazione crescente di varie fasi della produzione, i treni e le automobili senza conducenti, i controlli e le connessioni a distanza”. Un mondo di fantascienza? No perché molti paesi, tra questi la Germania in Europa, gli USA , il Giappone e la Corea stanno facendo passi di gigante per correre sulla strada dell’automazione, per la realizzazione di una società “unmanned”, grazie anche ai loro sistemi educativi tra i migliori al mondo e grazie alle loro reti in banda ultralarga le più capillari e moderne del mondo”.
In questo contesto, secondo il presidente Mucchetti, l’Italia non può sottrarsi alla sfida “pena il tracollo della sua competitività sui mercati globali con fatali conseguenze negative sui livelli di vita degli italiani”, ha affermato Mucchetti. Ma malgrado i molti investimenti di società come Telecom Italia e di Open Fiber nella banda larga ed ultralarga, molto resta ancora da fare”.
Ad esempio, “nella pubblica amministrazione – ha detto il sen. Mucchetti – sia come big spender che può sostenere questa seconda fase dell’automazione rendendo più efficienti i propri uffici, sia come partner delle imprese, dei professionisti nei processi autorizzativi”. Ma la politica potrà fare ben poco, ha concluso Mucchetti, senza il contributo della società civile che nella storia ha dimostrato di saper spostare le montagne quando ci hanno creduto: “nulla potrà la politica senza uno spirito imprenditoriale nuovo”.
Secondo il ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, “la globalizzazione e l’innovazione sono due fortissimi elementi che hanno cambiato il modo in cui le società si organizzano”. Ma non sempre innovazione e globalizzazione, anche se ben gestite, vengono viste come motori di sviluppo. Purtroppo, ha ricordato il ministro, c’è, nel mondo, chi crede che questi due fenomeni, vissuti come espressione della modernità, siano invece “percepiti come un pericolo e perciò rifiutati per paura di un cambiamento troppo veloce”. E non a torto, ha sottolineato Calenda, se si pensa che innovazione e globalizzazione, che si annunciavano come promotrici di cambiamenti importanti e positivi, in realtà negli ultimi 25 anni non hanno mantenuto le loro promesse.
Quale può essere, allora, il ruolo del governo? “Evitare di fare casino”, ha detto Calenda che ha ricordato che la politica degli ultimi 20 anni nella gestione dell’innovazione industriale non è stata ottimale. “Abbiamo fatto gli “incentivi a bando” – ha ricordato – con i quali il governo decideva quale tecnologia avrebbe prevalso e in quale settore, costruendo su questo la politica industriale e le sue linee di sviluppo, con costi però enormi. Io ho chiuso con questo tipo di incentivi. Noi siamo un paese manifatturiero, che ha come base di competenza i macchinari, esportiamo automazione in misura equivalente all’agroalimentare più la moda più l’arredamento. Un’eccellenza che è nata sull’osservazione incrementale, cioè l’ osservazione sulla catena di montaggio”.
Oggi è diverso, ha ricordato il ministro, “l’innovazione ha una natura completamente diversa: la cosiddetta industria 4.0 prettamente digitale e che avvicina radicalmente la manifattura ai servizi. La sfida è esiziale, perché è un tipo di innovazione diversa da quella che sappiamo fare, che non si fa solo sulla catena di montaggio, ma soprattutto nei laboratori e nelle università. Un’innovazione difficile per le piccole e medie imprese per i sui costi notevoli”.
Quest’anno, ha sottolineato Calenda, è stato varato un piano nella legge di bilancio che prevede 20 miliardi di euro di incentivi fiscali automatici che si chiama “piano industria 4.0”. Si tratta di incentivi fiscali neutri rispetto alla scelta della tecnologia e del settore. “Per la prima volta – ha spiegato il ministro – ci affidiamo a quello che l’impresa ritiene siano la tecnologia giusta e il settore giusto nei quali investire. E’ una grande scommessa! Abbiamo cercato di creare un cortocircuito tra le imprese e le università, pochi centri di eccellenza con i quali gli imprenditori devono entrare in contatto”.
“E’ una grande sfida e non sappiamo se funzionerà”, ha confessato il ministro. Perché tutto questo impegno possa raggiungere gli obiettivi prefissati è necessario fare leva sulle forze competitive e su investimenti importanti. “L’Italia è uscita dalla crisi più segnata di qualunque altro paese comparabile – ha detto Calenda – perché nessuno si è occupato dell’ industria che ha portato, invece, il paese sulle spalle per molti anni”. Malgrado la crisi, lo scorso anno l’Italia ha registrato il record assoluto nell’export con 417 miliardi di euro , un incoraggiamento ad allargare la base di quel 20% di industrie che ha prodotto quel fatturato con strumenti semplici, ma che facciano leva sulla capacità di innovare. “Questo tipo di iniziativa – ha detto Calenda riferendosi al Concorso di idee Inarcassa – è di quelle che fa emergere talenti e non può farle che la società civile. La politica può fare la differenza su quello che decide di investire”.
L’innovazione – ha ricordato il presidente di Inarcassa, Giuseppe Santoro – è sempre stata il prodotto del genio individuale e, in Italia “ci sono stati ineguagliabili ed eccellenti individualismi, come Leonardo, Marconi e Michelangelo, anche se oggi qualcosa è cambiato e la capacità di innovare è sempre più spesso frutto di un lavoro di squadra”.
Quello che è importante ricordare, secondo Santoro, è che il futuro non esiste senza il passato e solo la salvaguardia del nostro rapporto con la storia e la rilettura di quest’ultima dà un senso al progresso. “La nostra tradizione ingegneristica ed architettonica non ha rivali: cerchiamo di esserne degni continuatori”.
Santoro ha ricordato vi sono tante forme di innovazione e molti modi per declinarla. “Ma, comunque la si definisca, essa costituisce un’ineguagliabile fonte di sviluppo di una comunità, cioè della sua capacità di raggiungere più elevati livelli di benessere, di cultura, di ‘bellezza’ e di qualità della vita personale e sociale”. L’innovazione, come integrazione tra ricerca scientifica e produzione industriale, genera occupazione e crescita economica, ha tenuto a sottolineare il presidente di Inarcassa, “e credo fortemente nella necessità di difendere la proprietà intellettuale: brevetti, copyright, licenze – ha detto – sono strumenti per consentire lo sfruttamento dell’ innovazione”.
Un particolare ed inatteso omaggio ai giovani talenti è venuto dal giornalista Giampaolo Pansa, che attraverso un commosso ricordo della sua vita e dei suoi inizi professionali, ha voluto mandare ai giovani un messaggio: “non dovete temere di non avere possibilità. Perché in realtà ne avete molte”.
Rita Lena