In questa era di comunicazione elettrica ogni persona è al centro di uno spazio virtuale dedicato all’informazione che si acquisisce liberamente e gratuitamente; ci si abitua ad essere immersi in esso e di conseguenza si sviluppano una attitudine all’ubiquità per percepire non solo l’informazione richiesta ma anche gli stimoli di  serendipità del contesto ma nello stesso momento la migliore e la più utile tecnologia del mondo non può imporsi su un pubblico impreparato. La ragione di ciò è che per essa potrebbe non esserci spazio nella nostra psicologia collettiva. Come intravedere, allora, linee di evoluzione più o meno di successo per l’impresa, per l’uomo, per tutto il nostro mondo?

Parto dal settore della legalità. A Bluffdale (USA) è stato costruito un centro spia internazionale che darà accesso al computer di tutti senza che venga richiesta nessuna autorizzazione preventiva. Gli Stati Uniti hanno proposto al Canada di diventare lo stato spione grazie ad un accordo. La domanda: la nostra persona digitale sarà controllata permanentemente? Nel futuro immediato (2-3 anni) si impone la necessità di una particolare attenzione sociopolitica al fine di trovare un equilibrio legale ed istituzionale tra l’invasione della privacy e le libertà del cittadino; sul piano dell’educazione sono necessarie nuove pedagogie per la gestione della persona digitale. La quantità di dati che coinvolgono sia l’individuo che l’impresa pone subito un uovo problea legato all’immagine ed alla reputazione, come saranno gestiti? Insegnare a gestire la propria immagine in rete è già una priorità. Cosa vogliamo chiedere alla legge per implementare la protezione della persona digitale? La mia domanda è come sarà possibile seguire con ipertinenza le esigenze di questa persona digitale?

Tecnologia e cervello, un’accoppiata che conduce alla nuova rivoluzione perché l’arrivo sul mercato consumer dei primi sistemi di colloquio fra il pensiero e i computer. Arriva il periodo dell’app che legge il pensiero. Lo scenario ci porta ad immaginare la creazione di una connessione diretta fra pensiero e ricerca in rete. Le risposte arrivano sullo schermo senza la necessità di digitare una domanda. Siamo alla “mente aumentata” in tutti modi. Quali le conseguenze di questa associazione così stretta fra cervello e tecnologie? Se l’accesso al contenuto sarà attraverso il pensiero che riceve aiuto immediato e pertinente, come dovranno essere strutturati i media e la gestione generale dell’informazione?

L’ambiente in cui la persona digitale vuole vivere quale sarà? Esistono segnali evidenti di una richiesta globale di correttezza politica, di necessità per una società dello sharing. Lo scenario: convergenza sociale di ogni gruppo di età, genere, cultura o religione. Non dobbiamo dimenticare a questo punto il transculturalismo, e nello stesso tempo dobbiamo valutare con molta attenzione le resistenze, quasi criminali, di coloro che difendono lo status quo. I primi vagiti di una forma d’arte globale nell’ambito delle nuove tecnologie è senz’altro un segnale debole da non sottovalutare perché l’arte ha un’azione predittiva, benché a un livello quasi omeopatico, sull’avvenire. L’arte globale riflette una sensibilità planetaria che già esiste. Lo scenario possibile dunque è una collaborazione interculturale a tutti i livelli, dove l’ambiente sarà l’oggetto della ritrovata unione dell’umanità, e la preoccupazione principale di tutte le culture insieme. La persona digitale, infatti, non vorrà avere risposte solo sul clima dal suo gadget tecnologico, ma vorrà sapere come sta il mondo. Il scenario futuro è di una App che ci tiene informati sulla salute del mondo. La domanda che mi pongo e pongo a voi tutti è: come arrivare al salto obbligatorio che ci porta dalla “smart city” allo “smart planet” ?

Nel mondo della tecnologia un segnale debole (non tanto) è il cloud computing che offre accesso immediato a tutto, istruzione, divertimento, informazione. Cloud computing porta con se la promessa di un accesso ovunque non solo alla memoria contenuta nella rete, pero anche all’intelligenza degli sistemi, applicazioni, aggregatori e altri modi di fare cose pertinente con l’aiuto di software di alto livello.

Sebbene con i sistemi interattivi attuali stiamo mettendo nuova enfasi sul mondo della tattilità da una parte e dall’altro nell’interazione fisica con gli oggetti ai quali diamo attenzione. Il mondo del touch non è semplicemente un contatto, è anche intervalllo, vibrazione, radiazione, movimento e gestualità. E’ evidente che siamo circondati da elementi che fanno pressione su di noi. Un esempio per tutti l’inquinamento che è un esperienza tattile. L’aria non è vuota ma piena di roba che non possiamo vedere al momento, ma che ha effetti su di noi. In sintesi tattile per me è anche sentire emotivamente qualcosa.

Mi propongo dunque in questo giorno, che è dedicato alla chiusura del McLuhan centenary di invitare tutti i presenti, membri del nuovo comitato editoriale che sosteranno il percorso culturale di Media Deumila insieme agli storici ed illustri personaggi che da sempre supportano il nostro direttore Maria Pia Rossignaud nel difficile cammino della conoscenza, di iniziare l’analisi della società dai punti di vista che ho fin qui illustrato e che suggerirete. Costruire un ambiente idoneo alla persona digitale non è lavoro da poco e necessitiamo di tutte le competenze possibili. In questi giorni ho letto una ricerca interessante sul numero di like che i quotidiani guadagnano in rete. Ebbene per ogni copia di quotidiano diffusa in Italia si registrano 1,67 likers. La curiosa anomalia italiana porta il Paese ad essere l’unico ad avere piùs likers che copie diffuse. In spagna il rapporto è 0,65, in Francia 0,59, negli USA 0,41, in Gran Bretagna 0,21 ed in Germania 0,17.

Dati che varrebbe la pena di approfondire anche e soprattutto dal nostro punto di vista e cioè quello della persona digitale. Potrebbe essere un indicazione positiva per l’Italia che in questo contesto rappresenterebbe un segnale debole…

Philippe Cahen

 

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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".