C’era una volta la corsa all’oro: uomini intenti a setacciare la sabbia dei grandi fiumi o a scavare profonde miniere in cerca del prezioso metallo. Oggi l’oro rimane, ovviamente, ancora molto ambito, ma i nuovi desideri sembrano essere diventate materie prime che rispondono al nome di litio, cobalto e grafite, elementi ricercatissimi dalle aziende che producono batterie elettriche.
Queste ultime sono infatti alla base di praticamente tutti i dispositivi elettronici che utilizziamo quotidianamente: dagli smartphone ai tablet, dai notebook ai navigatori, oltre che delle automobili e mezzi di trasporto ad alimentazione elettrica ed ibrida.
Quello a cui si è assistito negli ultimi 3 anni è stata dunque una vera e propria impennata nella domanda di queste materie prime, il cui prezzo è, conseguentemente, continuato a salire in modo vertiginoso: basti come esempio il valore del cobalto, aumentato nel 2017 di più del 190%, mentre si stima che la domanda globale di batterie agli ioni di litio dovrebbe crescere tra le sei e le sette volte entro il 2026, tant’è che il prezzo del litio è raddoppiato in un anno, da 7.400 dollari a tonnellata nel 2016 a 13.900 nel 2017. L’inevitabile ascesa delle auto elettriche (vedi il successo del marchio Tesla su tutti) ha fatto sì che i grandi produttori mondiali, come Bmw, Volkswagen Ford e Mercedes si sfidino ogni giorno per accaparrarsi una risorsa che, già oggi, appare limitata rispetto alla enorme richiesta del mercato.
Soprattutto il cobalto: mentre il litio ha infatti diversi produttori, soprattutto in Australia, Cile, Argentina e Bolivia e sono già in atto importanti investimenti per aumentarne la produzione, l’estrazione del cobalto avviene per il 65% in un solo territorio, ovvero nella Repubblica Democratica del Congo, nel cuore dell’Africa, dove nel 2017 ne sono state estratte 66 mila tonnellate. Come termine di paragone basti pensare che la Cina, al secondo posto nella classifica mondiale, ne ha estratte 7.700. Questo rappresenta un grande disequilibrio nella gestione di un mercato che è globale e che richiederebbe un approvvigionamento più equilibrato: il Congo, tra l’altro, è uno Stato molto instabile dal punto di vista politico, rendendo il quadro delle trattative spesso complicato da gesti-re. Ne è un esempio l’attuale decisione del presidente in carica, Joseph Kabila, di aumentare le royalties sulle estrazioni dei metalli e tassare quindi i profitti delle compagnie minerarie. Da non trascurare poi l’aspetto etico ed umano della questione, se si considera che sia l’Unicef che Amnesty International denunciano lo sfruttamento nel lavoro delle miniere di circa 40 mila bambini: la buona notizia è che il 31 agosto 2017 il ministro del lavoro e del Benessere sociale, Lambert Matuku Memas, ha annunciato l’intenzione del governo di mettere fine al lavoro minorile nelle miniere artigianali entro il 2025, riconoscendo esplicitamente l’esistenza del problema.
L’ Africa rappresenta per il mondo intero una e vera e propria fonte di energia primaria per alimentare gran parte dei suoi prodotti tecnologici, ma, autentico paradosso della nostra era, figura negli ultimi posti per consumo annuo di elettricità pro capite: un’inversione di tendenza potrebbe avvenire solo con un concreto e articolato piano di sviluppo delle infrastrutture locali, che permetterebbe finalmente anche agli abitanti di questo grande continente di poter usufruire delle ricchezze nascoste nel proprio suolo.