Se il nemico numero uno degli oceani sembra essere diventata la plastica, con vere e proprie isole di rifiuti galleggianti e micro detriti sparsi ormai in tutte le acque, per l’aria si è deciso di proclamare guerra aperta ai motori diesel, additati come responsabili numero uno della cattiva qualità dell’ossigeno che respiriamo ogni giorno (soprattutto nelle grandi città) per via delle emissioni di ossido di azoto (nox) derivanti dalla combustione.
Il via al maxi processo mediatico ha avuto origine dallo scandalo del Dieselgate, che ha visto coinvolto il gruppo Volkswagen nel settembre 2015: l’EPA (United States Environmental Agency) comunicò in quel periodo che il costruttore tedesco aveva illegalmente installato un software in grado di alterare i dati sulle effettive emissioni di nox, in modo da aggirare le restrizioni imposte per la tutela ambientale (si parlò di un superamento dei limiti di oltre 40 volte).
Il clamore suscitato dall’inchiesta gettò un’ombra nerissima sulla sostenibilità del diesel, rinforzando enormemente le fila dei suoi detrattori e accelerando la fine dello storico motore, progettato nel lontano 1892 dall’ingegnere Rudolf Diesel.
E già, perchè i maggiori costruttori di automobili, da Volvo a Porsche, da Toyota a Nissan, ed ora anche Fca, stanno annunciando uno ad uno l’imminente fine della produzione di veicoli a gasolio, con termini che variano dal 2020 al 2022.
I motivi risiedono in due ragioni principali: i divieti alla circolazione programmati dalle amministrazioni delle maggiori città (Parigi dal 2020, Roma dal 2024, Madrid, Atene e Città del Messico dal 2025) e i costi sempre più alti per rendere i motori a gasolio aderenti agli standard sulle emissioni inquinanti, ogni volta più stringenti ed esigenti, tanto da non rendere più economicamente competitivo questo genere di motore.
Maggiormente cauto, per ora, l’atteggiamento di Mercedes, Volkswagen e Bmw, che, pur pianificando il grosso dei prossimi budget sullo sviluppo di propulsori elettrici, dichiarano di non voler abbandonare ancora il diesel.
E il mercato, come sta reagendo? I dati dicono che, per la prima volta dal 2009, nel corso del 2017 in Europa le immatricolazioni di auto a benzina sono state maggiori di quelle diesel, con un calo di queste ultime del 17% confrontate al 2016. In controtendenza l’Italia, dove il diesel gode ancora di ottima fama, se si considera una percentuale di mercato del 56,7% rispetto a quello benzina.
Ma è una tendenza destinata a cambiare, soprattutto a mano a mano che i comuni applicheranno i blocchi alla circolazione previsti dalla comunità europea: rischioso investire 20 o 30 mila euro su un’auto che tra qualche anno o prima non potrà circolare in sempre più aree e il cui valore sarà nettamente inferiore.
Quale futuro dunque? La previsione degli esperti del settore prefigura uno scenario in cui protagoniste saranno le auto elettriche e quelle ibride, oggi ancora dai costi proibitivi: ma lo erano anche i primi telefoni cellulari, oggi ne abbiamo due a testa.