“L’Iran al tempo di Trump”, di Luciana Borsatti, Castelvecchi, 2018, pag. 142, euro 16,50.
Sulla copertina dell’ultimo libro di Luciana Borsatti, “L’Iran al tempo di Trump”, sono ritratte due giovani donne iraniane. Hanno il capo coperto da un velo nero che cade morbidamente sulle spalle e lascia intravedere ciocche di capelli.
In questi giorni il Wall Street Journal ha ripubblicato la storia di Masih Alinejad, l’iraniana fondatrice della pagina Facebook, poi diventato movimento, My Stealthy Freedom, che promuove la libertà di scelta nell’indossare l’hijab delle donne iraniane e la cui ultima iniziativa, #whitewednesdays, ha portato all’arresto di alcune attiviste.
Per leggere di condizione femminile nella Repubblica Islamica bisogna però arrivare quasi al fondo del libro della corrispondente dell’Ansa: Luciana Borsatti ha lavorato per la maggiore agenzia di stampa italiana per quasi 25 anni, tra Venezia e Roma, il Cairo e Teheran -. Prima, c’è il racconto di un Iran che in Occidente può apparire inconsueto.
Lo spaccato del Paese che ci viene restituito dal racconto della Borsatti è quello di una società piena di contraddizioni e bellezza, di speranza ma anche di disillusione.
Disillusione soprattutto perché la timida apertura del Paese verso l’esterno dopo la firma del Jcpoa nel 2015 è stata bruscamente fermata dalle deliberazioni del presidente Usa, Donald Trump. Nel momento in cui queste pagine venivano scritte gli Stati Uniti avevano appena deciso di non “certificare” più il rispetto iraniano dell’accordo sul nucleare, decisione che si è poi recentemente trasformata nel ritiro unilaterale dal Jcpoa dell’Amministrazione Trump.
Il libro prende il via dal doppio discorso dei due presidenti, americano e iraniano, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2017, quando “Trump sembrava Mahmud Ahmadinejad e Hassan Rohani sembrava Barack Obama”. Attraverso uno stile giornalistico dove la cronaca s’alterna con la narrazione, Borsatti ripercorre i passaggi che portarono alla firma dell’accordo sul nucleare e alla caduta delle prime sanzioni economiche – che favorirono anche l’Italia, primo partner commerciale europeo del Paese -, per poi analizzare l’elezione di Trump e la rielezione di Rohani e l’impatto che questi due eventi politici hanno avuto sull’Iran.
L’autrice inanella uno dopo l’altro fatti di cronaca e li intreccia alla vita e agli umori di questo Paese in costante trasformazione: i riti collettivi dell’Ashura, il mese sacro per gli sciiti che ricorda il martirio dell’Imam Husein nel 680 d.C., aprono simbolicamente il libro, mentre le proteste che si sono diffuse in tutto il Paese a cavallo del nostro Capodanno lo concludono, come a significare che non c’è soluzione di continuità tra l’animo religioso e quello politico degli iraniani.
‘L’Iran al tempo di Trump’ è “un libro aperto” che cerca di dare una chiave di lettura ad eventi ancora in svolgimento. E lo fa ospitando più voci e punti di vista, per rispecchiare almeno in parte il carattere composito e la complessità di un Paese che da sempre è stato “demonizzato da alcuni, discusso da molti, conosciuto da pochi”.

Segnalazione a cura di Francesca Capitelli

L’Iran al tempo di Trump

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