di ROBERTO NAPOLI.


Nel periodo di grave crisi che l’intera comunità internazionale sta vivendo, numerosi ed autorevoli sono i pareri, come quelli espressi dalla Commissione Europea e da gran parte dei Paesi del G8, che ritengono prioritari gli investimenti nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per produrre i maggiori effetti sulla crescita del prodotto interno lordo dei Paesi avanzati.

In Italia, tale strategia, che garantirebbe ricadute positive su tutto il sistema economico e produttivo, accrescendo la produttività del lavoro e l’occupazione e riducendo i costi delle transazioni di mercato, trova un deterrente nella scarsa alfabetizzazione informatica della popolazione, anche se il livello di scolarizzazione è destinato a salire, per l’aggiornamento della scuola e per il formidabile impulso di domanda che sale dalle giovani generazioni, anche nell’ambito delle famiglie.

Un notevole aiuto può venire, in tal senso, da un’efficiente informatizzazione della Pubblica Amministrazione (di seguito P.A.), che costituisce un aspetto qualificante nell’ambito del rapporto stato-cittadini cui si commisura il livello di civiltà di un Paese.

E sulla indispensabile ed improrogabile esigenza di un processo di rapida ed estesa digitalizzazione dei servizi della Pubblica Amministrazione, il dibattito è, oggi, molto vivace. Si registrano quasi quotidianamente interventi, proposte e progetti autorevoli in materia e ci piace citarne solo alcuni veramente significativi.

Non si può non partire dal piano E-gov 2012 del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, presentato ormai già più di un anno fa (gennaio 2009), che, partendo dalla strategia di Lisbona della Comunità Europea, punta al miglioramento della regolamentazione e alla riduzione degli oneri amministrativi per il rafforzamento della competitività, della crescita e dell’occupazione, utilizzando le nuove tecnologie ICT per allineare l’Italia alle migliori performance europee. Il piano propone quattro ambiti di intervento prioritari (settoriali, territoriali, di sistema, internazionali), individuando circa trenta obiettivi e più di sessanta progetti o macro-progetti, con i principali interventi indirizzati a Scuola e Università, Salute, Giustizia, Anagrafi, Dematerializzazione e Cooperazione tra Amministrazioni.

Anche il rapporto di Francesco Caio al Ministero dello Sviluppo Economico-Comunicazioni sulle conclusioni del progetto per portare l’Italia verso la leadership europea nella banda larga (marzo 2009), facendo molte volte riferimento al piano E-gov 2012, individua tra gli obiettivi primari di sviluppo dell’infrastruttura di rete a larga banda, “l’universalità d’accesso, per mettere tutti i cittadini e le imprese, in tempi rapidi, in condizione di poter collegarsi alla rete e fruire di servizi che sempre più hanno caratteristiche di essenzialità”, evidenziando la criticità della piattaforma per accelerare la trasformazione della P.A.

A giugno 2009 Confindustria ha pubblicato il Rapporto “Servizi e Infrastrutture per l’innovazione digitale del Paese”, per la diffusione della banda larga e sottolinearne ancor più la valenza strategica per lo sviluppo competitivo delle imprese italiane. Nel rapporto grande enfasi e spazio sono dedicati alla “digitalizzazione della P.A., resa possibile da una diffusa rete di telecomunicazioni a larga banda, che può generare una vera e propria rivoluzione sia nell’organizzazione interna che nell’offerta di servizi verso imprese e cittadini”, auspicando, “per conseguire tali benefici, obiettivi e scadenze temporali certe, a livello Paese, per transitare rapidamente da comuni pratiche svolte in modalità tradizionale a procedimenti digitalizzati e servizi dematerializzati”.Vengono, in proposito individuate e specificate ben 21 proposte di intervento (su un totale di 68 proposte presentate nell’intero rapporto) nelle aree dello switch-off dei processi cartacei, della sanità, dell’istruzione e della giustizia.

Anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito Agcom), nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, è proattiva sul tema dell’innovazione della P.A.: nel corso del 2009 ha finanziato il Programma di Ricerca “Infrastrutture e Servizi a Banda larga e Ultra Larga”, con la collaborazione di alcuni dei principali atenei italiani. Il programma si è articolato su 3 progetti (Tecnologico, Economico e Giuridico) e 14 sottoprogetti (work packages) con l’obiettivo di porre le basi per un presidio permanente dell’Autorità sulle tematiche tecnologiche, normative, economiche, relative agli aspetti infrastrutturali delle Reti di Nuova Generazione a banda larga e ultra larga, al fine di ottenere risultati utili alla promozione e allo sviluppo delle reti NGN, a vantaggio dell’intera collettività. Uno di tali sottoprogetti (work package 3.2) di cui è disponibile, da febbraio 2010, il Final Report, è stato in particolare dedicato a Servizi ed Applicazioni di Pubblica Utilità, approfondendo i temi di reti, servizi e organizzazione dell’e-Government, e-Learning, e-Health e telemedicina, telelavoro.

Da tale breve excursus emerge prepotente una primaria esigenza: dotare il Paese di una nuova infrastruttura di comunicazione elettronica, la cosiddetta rete a banda larga ed ultralarga, in grado di assicurare la corretta ed universale fruizione dei servizi innovativi che attengono non solo alla P.A. ma, in generale, a tutto l’universo delle applicazioni ICT. E questo prima che si verifichi il rischio di accorgersi troppo tardi che l’infrastruttura non è sufficiente a fronteggiare la domanda. Non è qui il caso di soffermarci sugli aspetti tecnologici delle reti di accesso di nuova generazione (NGAN) in grado di soddisfare i predetti requisiti di alta velocità trasmissiva (quali ad esempio le tecnologia xDSL sulla rete in rame, le tecnologie wireless e satellitari, quelle di tipo mobile a larga banda, quali HSPA ed LTE), ma non si può prescindere dal menzionare la fibra ottica, che, nella configurazione FTTH (fiber to the home), sembrerebbe non solo rispondere alle esigenze attuali delle zone ad alta densità di traffico, ma essere in grado di assecondare le richieste di crescita negli anni a venire con un intervento valido per i prossimi 50 anni.

In tale contesto evolutivo riveste fondamentale importanza il ruolo di regolatore di Agcom, che nel preservare i massici investimenti degli operatori previsti sulle nuove infrastrutture e garantirne il giusto ritorno economico, deve, nel contempo, assicurare condizioni di concorrenzialità sul mercato e tutelare gli interessi ed i diritti degli utenti finali.

Da tempo l’Agcom ha intrapreso questo percorso di regolazione, anche in sintonia con gli indirizzi e le indicazioni provenienti dalla Commissione Europea, che ha varato un nuovo quadro normativo del settore.

Basti pensare all’intenso lavoro di indagine e confronto tra i vari soggetti operanti nel mercato, intrapreso fin dal 2006, sugli aspetti regolamentari relativi all’assetto della rete di accesso fissa ed alle prospettive delle reti di nuova generazione a larga banda, che ha dato un determinante impulso alla decisione di Telecom Italia, l’operatore dominante nel mercato dell’accesso, di creare, a febbraio 2008, la divisione Open Access, preposta alla gestione della rete d’accesso, e, quindi, alla finalizzazione e definitiva approvazione degli impegni presentati da tale operatore in materia di parità di trattamento, a dicembre 2008, tra i quali un rilievo particolarmente strategico assumono le misure relative alle reti di accesso di nuova generazione.

Sulla base di tali impegni, nel corso del 2009, l’Agcom ha lavorato a finalizzare i procedimenti di identificazione e analisi dei mercati dell’accesso alla rete fissa e di individuazione dei relativi obblighi regolamentari per le imprese notificate con significativo potere di mercato (SPM). In particolare sono stati identificati il mercato dell’accesso a banda larga all’ingrosso come rilevante a dimensione geografica nazionale e Telecom Italia come operatore SPM su tale mercato, con imposizione dell’obbligo dell’accesso ai cavidotti ed alla fibra spenta e dell’obbligo di fornitura del servizio bitstream, ma non dell’unbundling fisico.

A febbraio 2009, l’Agcom ha, inoltre, istituito il Comitato NGN Italia quale organo consultivo del Consiglio dell’Autorità, con l’obiettivo di elaborare proposte ed individuare soluzioni relative a questioni attinenti gli aspetti tecnici, organizzativi ed economici connessi alla transizione alle reti di nuova generazione. Il Comitato è sede di confronto ed elaborazione tra quanti operano nel settore, e, attualmente, ha focalizzato i propri sforzi alla finalizzazione, entro luglio 2010, di una proposta di “Linee guida per la regolamentazione della transizione alle reti NGN”, nel cui ambito individuare, tra l’altro, le procedure per la migrazione dalla rete in rame, la possibilità e le modalità per l’unbundling delle reti in fibra, le modalità di attuazione e disciplina economica dell’obbligo di bitstream su fibra, le condizioni di condivisione delle infrastrutture, ivi comprese le installazioni all’interno dei condomini.

Nel breve termine, i principali obiettivi che l’Agcom si pone, in prosecuzione del percorso finora illustrato, sono:

– Analizzare la proposta di Linee guida per la regolamentazione della transizione alle reti NGN, una volta ultimata dal Comitato NGN Italia e presentata al Consiglio dell’Autorità;

– Tradurre in eventuali proposte attuative e normative nazionali la Direttiva 2009/140/CE, approvata dal parlamento europeo a fine 2009, che introduce, tra le altre, alcune norme innovative sull’accesso, quali la co-ubicazione e condivisione di elementi della rete e risorse correlate per i fornitori di reti di comunicazione elettronica;

– Contribuire alla consultazione pubblica recentemente indetta dalla Commissione Europea per stabilire se sia necessario adeguare l’impianto normativo sul servizio universale per tenere conto dell’avvento del digitale e, in particolare, se vada esteso anche all’accesso a banda larga: sarebbe auspicabile che lo schema di provvedimento europeo finale preveda tale obbligo, a garanzia dell’universalità dell’accesso a larga banda per tutti i cittadini, con l’obiettivo di abbattere il Digital Divide infrastrutturale entro il 2011-2012;

– Avviare una riflessione sulla qualità del servizio delle reti di nuova generazione, per mettere i cittadini e le imprese allo stesso livello di competitività dei Paesi più avanzati, come autorevolmente auspicato da più parti.

In conclusione, riprendendo le parole ed i concetti espressi dal presidente Calabrò nella presentazione dell’ultima relazione annuale dell’Autorità, è innegabile che “le infrastrutture a larga e larghissima banda rappresenteranno la spina dorsale dell’avvenire dei Paesi avanzati”. Perché anche l’Italia diventi una Fiber Nation è necessario, allora, realizzare un progetto nazionale di grande respiro, basato su un modello aperto di sviluppo della rete: una società veicolo, aperta anche alla partecipazione del capitale pubblico, formata da un nucleo forte di partner industriali con un mix di capacità imprenditoriali per sviluppare il progetto fibra. Essa dovrebbe mettere a frutto i tratti in fibra eseguiti dalle Amministrazioni locali e anche le opere civili realizzate ad altro scopo. Il progetto di transizione potrebbe essere organizzato sul modello del digitale terrestre: ossia identificando, sulla base dell’aspettativa di redditività, una serie di aree territoriali (necessariamente meno estese e più mirate rispetto al digitale terrestre) dove effettuare la sostituzione del doppino in rame con la fibra ottica.

Roberto Napoli

commissario dell’AGCOM

Articolo precedenteSanità in Rete: i vantaggi e i rischi da risolvere
Articolo successivo“Nostalgia di Futuro” 2010. Il Premio Giovannini alla seconda edizione