Negli ultimi 10 anni il settore dell’informazione ha subito una crisi senza precedenti in Italia: i ricavi degli editori si sono dimezzati e la pubblicità degli OTT è oramai più del doppio di quella raccolta dal complesso della stampa quotidiana e periodica. In questo contesto i finanziamenti pubblici si sono ridotti di molto, nel 2019 saranno circa 120/130 milioni di euro e il funzionamento di un segmento esposto naturalmente al “fallimento di mercato” sembra ormai inceppato.
Fabrizio Carotti, direttore generale FIEG, non usa mezzi termini per descrivere le condizioni del sistema dell’informazione nazionale e non risparmia l’autocritica: “la pubblicità – che si pensava potesse essere sufficiente per il settore – oggi è contesa dalle grandi piattaforme on-line. Leggere il nome di una testata su una notizia è garanzia di autorevolezza, il legame di fiducia con i lettori deve essere mantenuto”. Carotti ribadisce l’importanza di applicare misure di contrasto efficaci e incisive contro la pirateria. “Del resto”, continua il direttore generale FIEG, “senza delle riforme che rimuovano gli ostacoli, gli editori e i giornalisti italiani si troveranno sempre in una posizione di svantaggio dal punto di vista della competitività. E questa non può che essere considerata una delle cause della crisi dell’editoria”.
D’altronde, la crisi ha investito meno il settore dell’informazione locale, che è calato di circa il 25% rispetto al decennio scorso (vale a dire la metà del nazionale) e il dato è molto significativo. “La domanda di informazione locale si conferma elevata”, ha aggiunto Carotti, “ciò significa che ai cittadini interessa essere informati. La richiesta di contenuti di qualità è alta ed evidente, eppure calano le vendite dei giornali. Com’è possibile? Bisogna entrare nell’ottica che l’informazione richiede investimenti importanti: se non si hanno le risorse per finanziare una redazione che accerti le notizie e verifichi le fonti in tempi utili, come si può pensare di offrire un prodotto di qualità che sia, al contempo, competitivo?”. Si corre il rischio che il diritto all’informazione si perda fra le notizie interessate, le fake news, il sensazionalismo e la ricerca spasmodica di “click”. “Invece”, conclude Carotti “l’informazione di qualità deve essere tutelata e sostenuta per il suo alto valore culturale e come presidio dei valori costituzionali”.