“A Vico Equense con l’esperimento dell’Accademia di Democrazia proviamo a capire cosa significa essere comunità, avere voce e incidere sulle decisioni che riguardano il Paese e noi stessi. Il mio scopo evidente è parlare di felicità urbana, di come si manifesta, di come si misura, con chi la determina da un lato e con chi la vive e ne è promotore dall’altro”. In questo breve estratto dell’articolo che il prof. Derrick de Kerckhove ha scritto come presentazione dell’“Accademia di Democrazia” organizzata da Milly Tucci di Demoskopika e da Media Duemila a Vico Equense il 22 e il 23 di febbraio, c’è una vera e propria dichiarazione programmatica.
Si usa il termine “esperimento” che è senz’altro adeguato a una due giorni che riunisce professionisti della comunicazione, studiosi, spin doctor, giornalisti, amministratori locali e studenti delle scuole superiori. Una platea eterogenea accomunata dalla voglia di indagare sui cambiamenti profondi in atto nella nostra epoca e di discutere in maniera costruttiva scambiando opinioni e condividendo sapere. Del resto, il richiamo al concetto di “agorà”, inteso come base e ossatura di una collettività consapevole e aperta, si ripropone in ogni intervento delineandosi come il leit-motiv del dibattito. Quale migliore risposta alla tanto sbandierata crisi della rappresentanza se non il protagonismo costruttivo di una società fatta di individui consapevoli che cerchino di vivere in modo felice il proprio spazio? Domanda, questa, dall’apparenza retorica ma centrale nell’epoca dei big data, degli avatar on-line e della crisi dell’informazione tradizionale. Iniziare a chiedersi, come hanno fatto il prof. Eugenio Iorio nell’intervento di apertura e de Kerckhove in quello conclusivo, se non si stia demandando troppo spesso il nostro agire nella rete a fattori estranei alla volontà di ognuno, se non si stiano sottovalutando le ingerenze di elementi esterni al nostro ragionamento, se, in ultima analisi, non sia il caso di “riprendere consapevolezza della propria umanità e distinguerla dal proprio alter-ego digitale” (de Kerckhove). Oppure, detto diversamente, di evitare che la rete diventi l’unico spazio del “sociale”. Laddove, in realtà, gli elementi costitutivi di questo “specchio digitale” che creiamo e alimentiamo su internet, si indirizzano sempre più verso l’anti-sociale. Si tende a isolarsi invece di condividere (che, ironia della sorte, è uno dei verbi più adottati sul web): i meccanismi di echo-chamber, filter-bubble, la difficoltà a distinguere le informazioni dal marketing, creano una sorta di effetto Grimilde (la strega di Biancaneve, quella che ripeteva in continuazione “specchio specchio delle mie brame…”) che non ha più bisogno di un referente nella realtà per essere rassicurante. Lo spazio che ci circonda in rete diventa autoreferenziale e non fa altro che confermare l’idea di noi stessi che già abbiamo all’origine, in una sorta di gioco di rimandi perverso, nel quale ogni specchio si riflette nel suo doppio, all’infinito. Così si rischia di perdere la possibilità di essere smentiti o di essere positivamente influenzati da fattori esterni e opinioni differenti, tutto ciò che con un’espressione consolidata si definisce “il contatto con la realtà”. Ma a quale realtà ci rifacciamo nell’epoca dell’ITT, della connettività totale, dell’Intelligenza Artificiale in continuo sviluppo? de Kerckhove cita, dimostrando ancora una volta l’importanza di una visione olistica sull’argomento, gli studi di Ferdinand de Saussure: “quello che Saussure definiva il “referente”, cioè il patto di autenticità che garantiva il rapporto verace tra significato e significante, oggi si perde”. E lo spaesamento non è solo linguistico ma, potremmo azzardare, esistenziale.
Risulta scontato che è proprio il linguaggio la prima avvisaglia di tale scollamento, come illustrato chiaramente da Raffaele Rio, presidente di Demoskopika, nel suo intervento sul “glossario della politica”: analizzare le mode per cavalcarle, farsi carico (a parole) dei problemi di tutti purché si ottenga visibilità, essere presenti nei punti nevralgici della realtà e della rete, mostrarsi “come tutti” eliminando ogni elemento respingente (se non strumentale alla diffusione della propria immagine in una determinata cerchia) è la nuova strategia di propaganda dei politici. Una strategia che sull’uso sapiente ma distorto della comunicazione basa la sua forza, ricostruendosi meglio dopo ogni scossone grazie all’accumulo di dati e statistiche preziosi, senza risparmiare attacchi a uno dei pochi avversari ancora in grado di fronteggiarla: l’informazione. Il mondo dei giornalisti e dei comunicatori di professione, infatti, si trova esposto da qualche anno a un attacco senza precedenti. Da un lato la diffusione delle “fake news”, siano esse volontarie e frutto di una strategia (disinformazione), o accidentali, conseguenza dell’impreparazione e della superficialità di chi le veicola (misinformazione); dall’altro la sfiducia nei media alimentata da una parte della politica e dai grandi gruppi di potere economico. “Bisogna tornare a una comunicazione autorevole, vera e comprensibile, che ispiri fiducia nel pubblico e sia riconosciuta come antitetica al dilagare della cattiva informazione” ha affermato Iorio, “altrimenti, il rischio, è quello di ritrovarsi una schiera di governanti alla Cetto Laqualunque” gli ha fatto eco Rio in seguito.
Ma nel rapporto tra informazione e utenti non ci sono parametri assoluti. Una variabile fondamentale è lo spazio d’indagine: più si scende nel particolare, nel piccolo della realtà cittadina e locale, dove i rapporti umani contano di più perché sono identificabili e riconoscibili in misura maggiore, più la distanza tra informazione, politica e cittadino diminuisce. Il concetto di comunità resiste nella prossimità ed è proprio da questo che propone di ripartire De Kerckhove per raggiungere quella che definisce “felicità urbana”. A tale proposito, tra gli ospiti invitati a intervenire, c’è una nutrita rappresentanza di sindaci, da De Magistris, Primo Cittadino di Napoli, a Andrea Buonocore, sindaco di Vico Equense; Giuseppe Cuomo, sindaco di Sorrento; Gaetano Cimmino, sindaco di Castellammare Di Stabia; Pietro Amitrano, sindaco di Pompei; Vincenzo Ascione, sindaco di Torre Annunziata e Alessandro Delli Noci, vice-sindaco di Lecce. Come sottolineano molti amministratori locali: fare politica nelle città e nei paesi è diverso da farla a livello nazionale: nel territorio non si percepisce l’Amministrazione come qualcosa di distante e alieno, il rapporto con il sindaco è diretto e si presta molto di più alle simpatie e alle antipatie degli elettori. Come a dire che riportando i problemi a una dimensione più vicina a noi, sia anche più semplice trovare una soluzione o, per lo meno, intravedere una via di cambiamento
Non a caso, la parte finale della prima giornata è stata affidata alle domande e al racconto delle esperienze dei più giovani. Attraverso l’esempio virtuoso di iniziative lodevoli come quella del dott. Raffaele Schettino, direttore del quotidiano Metropolis, che ha iniziato un progetto con alcuni studenti della provincia (“Metropolis Young”, ndr)concedendogli la possibilità di scrivere articoli in un inserto ad hoc del suo giornale; o dell’ing. Antonio Pescapè, che negli spazi della Digita Academy di San Giovanni a Teduccio sta provando, insieme ad associazioni ed enti locali, a rendere il nuovo polo universitario fruibile anche per i ragazzi del quartiere, cercando di eliminare le barriere tra il luogo istituzionale (“in un certo senso imposto dall’alto”, come afferma egli stesso) e gli spazi urbani di una realtà periferica.
A chiudere i lavori è stata la lectio magistralis del prof. de Kerckhove che, in una lunga ricostruzione del concetto e della pratica democratica, dalla teorizzazione ateniese alla “datacrazia” odierna, ha consegnato agli ascoltatori e agli altri relatori un’intensa e puntuale analisi delle possibilità e degli ostacoli per la felicità urbana. Un’idea auspicabile e senz’altro possibile, basata su una presa di coscienza individuale e collettiva del proprio agire nel mondo, sull’educazione a un uso consapevole e critico della rete e, soprattutto, sulla voglia positiva di incidere sulla realtà migliorando lo spazio del quotidiano.