L’Europa ha detto il sì definitivo alla riforma del diritto d’autore: nel Palazzo Berlaymont a Bruxelles, sede della Commissione europea, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato senza discussione la direttiva votata dal Parlamento Ue il 26 marzo scorso, che proponeva di modificare le regole sul copyright, mettendo la parola fine su tre anni di lunghi negoziati. In quell’occasione erano stati 348 i voti a favore, 274 contro e 34 le astensioni. La decisione è stata quindi ratificata anche dai Paesi Membri, ad eccezione di 6 Stati, che hanno votato contro: Finlandia, Italia, Lussemburgo, Olanda, Polonia e Svezia, mentre Belgio, Estonia e Slovenia si sono astenuti. La posizione contraria del nostro Paese ha lasciato perplessi, se si considera che proprio l’Italia è da sempre considerata una delle fonti primarie per creatività e inventiva, e dunque dovrebbe essere in prima linea nella tutela delle proprie idee. A questo proposito ha tuonato Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia: “L’Europa difende l’industria culturale e creativa mentre l’Italia ha votato contro. Perché?”. Di tutt’altro umore Valer Daniel Breaz, ministro della Cultura della Romania, Stato che sta esercitando la presidenza di turno del Consiglio, la quale esprime la propria soddisfazione per il risultato: “Sono molto contenta del fatto che abbiamo raggiunto un testo bilanciato, creando diverse opportunità per i settori creativi europei, che prospereranno e rifletteranno meglio la nostra diversità culturale e altri valori comuni europei, ma anche per gli utenti, la cui libertà di espressione su internet risulterà consolidata”.
Ma in cosa consiste il testo appena varato? In pratica si istituisce l’obbligo da parte grandi delle grandi piattaforme come Facebook, Google e YouTube di accordarsi, sia in termini di consenso formale che di remunerazione economica, con i professionisti dell’informazione, ovvero editori, etichette discografiche, case cinematografiche, piuttosto che fotografi e filmmaker, per la pubblicazione e diffusione dei loro contenuti. Troppo grande era infatti diventato il divario tra gli introiti derivati dalla diffusione di questi contenuti (basti pensare che il mercato della pubblicità online in Europa, veicolata sulle principali piattaforme, vale 48 miliardi di euro all’anno, secondo i dati Iab Europe del 2018 sul 2017) e la remunerazione ottenuta dai loro creatori, in termini di prestazione d’opera o diritti d’autore. Da sottolineare inoltre il fatto che, chiunque sia autore di un contenuto editoriale, potrà anche rifiutarne in toto la divulgazione sulle piattaforme digitali, pur in presenza di un’offerta economica.
Non saranno nemmeno più responsabili gli utenti che caricheranno in Rete materiale protetto da copyright, bensì la piattaforma o sito su cui verranno ospitati: nella direttiva si esplicita che saranno questi ultimi a dover vigilare sulla correttezza dei dati resi online, con l’obbligo di fare il “massimo sforzo” per non rendere disponibili i contenuti di cui non possiedono i diritti. I filtri, dunque, non saranno all’origine o ex-ante (come paventato dai detrattori della riforma, che avevano parlato di “bavaglio “o “censura” dell’informazione), semplicemente ci sarà l’obbligo di rimuovere “speditamente” i contenuti non autorizzati, dopo apposita segnalazione.
“Con l’accordo di oggi rendiamo le regole del copyright adatte all’era digitale. L’Europa avrà ora regole chiare che garantiscono equa remunerazione ai creatori, diritti per gli utenti e responsabilità per le piattaforme. La riforma era il pezzo mancante del completamento del mercato unico digitale”, ha puntualizzato il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker.
Le nuove disposizioni saranno ratificate mercoledì prossimo all’Europarlamento di Strasburgo. Seguirà la firma e la pubblicazione della direttiva nella Gazzetta ufficiale dell’UE: gli Stati membri avranno quindi a disposizione 24 mesi per integrare le nuove regole nella propria legislazione nazionale e renderle effettive.