Il giornalismo investigativo e collaborativo, oggi come ieri, dipende da informazioni provenienti da fonti diverse. Nel panorama attuale dei nuovi media però molte cose sono cambiate perché Internet ha aumentato la rilevanza della collaborazione che permette di rispondere adeguatamente a due sfide contemporanee che sono anche in contraddizione. La prima è il cammino irrevocabile alla trasparenza, l’altra è la valanga inarrestabile di notizie false che coinvolge tutti i settori della società. La figura dell’informatore ha una lunga e conosciuta storia, ma tale compito è stato da sempre considerato rischioso tanto è che per proteggere le persone che assumevano questo ruolo sono state fatte disposizioni anche nella costituzione americana.

Intanto segreti compromettenti e notizie false emergono da molte fonti come fare? Quando i giornalisti investigativi affrontano disinformazione o grandi malasanità o problemi di collusione fra istituzioni e governi locali, il consiglio è fare fronte comune, anche con media rivali. Wikileaks non è stato il primo o unico esempio di questo genere di tale collaborazione, ma la ha portato all’attenzione del pubblico. Panama Papers ha portato all’attenzione della’opinione pubblica che l’evasione fiscale è stata praticata dalle grandi imprese – e persino dalle grandi aziende tra cui le OTT – a scapito delle economie di molte nazioni. Nel mondo dei media elettrici nasce una rivoluzione che trasforma sospetto di abusi in certezza e generato rivolte populistiche anche in paesi c imbavagliati dal totalitarismo. Una domanda interessante è: fino a che punto la trasparenza può cambiare sia l’etica delle persone che quella dei governanti.


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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".