Più che lezioni quelle di Yuval Noah Harari sono precisazioni sull’oggi. Il libro spazia fra il nostro divenire cyberuomini all’essenzialità della meditazione con la crudele fotografia di una società dove le élite non hanno più bisogno delle masse.
Siamo però alla vigilia di un voto importante perciò ho deciso di riportare alla vostra attenzione le 5 domande che l’autore di “21 lezioni per il XXI secolo” suggerisce di fare a tutti i politici prima di votarli. Io ci ho provato e ci sto ancora provando e ho deciso di continuare a chiedere anche a chi è già in Parlamento.
- Se sarete eletti quali misure adotterete per contenere i rischi di una guerra nucleare?
- Quali decisioni prenderete per ridurre i rischi del cambiamento climatico?
- Quali azioni porterete avanti per regolare gli effetti delle rivoluzioni tecnologiche determinanti dall’IA alla bioingegneria?
- Come vedete il mondo nel 2040?
- Cosa prevede il vostro scenario più pessimista e quello più ottimista?
Se devo immaginare il mondo nel 2050 nonostante le tante visioni raccolte e puntualmente riportate su Media Duemila non sono tanto sicura come lo è Derrick de Kerckhove che dice: “avremo tutti un Gemello digitale anche se non si sa in quale modo, sicuramente saremo regolati da qualcosa di simile al Social Credit per indurre comportamenti corretti. La trasparenza imporrà nuovi modelli che emergeranno dal caos attuale”.
La transizione è evidente. Harari dice che il progresso ha permesso di hackerare gli esseri umani e di comprendere i processi decisionali. Quindi l’Intelligenza artificiale può superare l’uomo anche laddove l’intuizione è fondamentale?
Gli spunti di riflessione di questo testo sono tanti (più di 400 pagine), la lettura non è sempre scorrevole, i concetti macigni che ritornano in mente: “i costi della deglobalizzazione talmente alti che bisogna continuare a camminare verso la globalizzazione”.
Eppure secondo Harari per arrivare alla verità avete bisogno di allontanarvi dal buco nero del potere e permettere a voi stessi di sprecare un sacco di tempo vagando qui e là nella più lontana periferia.