Antonio Martusciello, Commissario Agcom, commenta lo studio di News Media Alliance: 4,7 miliardi dollari dalle news per Google.
A Media Duemila dice: “È innegabile lo strapotere delle piattaforme digitali che, negli ultimi anni, hanno stravolto l’industria dei media e il loro business. Il tema vero è che il lavoro è fatto da giornalisti, produttori, da altri, insomma, ma la diffusione per il tramite delle big tech porta i guadagni lontano dai creatori. Non si tratta di illazioni, ma di dati: i 4,7 miliardi di dollari che Google ricava dalle news sono una cifra enorme. Le controdeduzioni di Google, invece, non sembrano supportate da dati o evidenze: occorre “parlare” con numeri alla mano, e non rimandare al mittente le accuse”.
Per Martusciello le conclusioni della ricerca compiuta da News Media Alliance mettono in luce una situazione tristemente nota, infatti nel suo saggio su “Il Caos dell’informazione” mette in guardia il lettore: “da questo pericoloso meccanismo di business che penalizza l’industria creativa e informativa.Già nel 2017, uno studio del Pew Research Center, condotto su 38 Paesi, evidenziava come l’accesso giornaliero (ossia, effettuato una o più volte al giorno) ai social network, allo scopo di informarsi, avesse coinvolto mediamente oltre un terzo della popolazione adulta. Un valore che raggiungeva il 48% se venivano considerati anche coloro che dichiaravano di reperire news, non tutti i giorni, attraverso questi strumenti”.
Quel è il risultato di queste mutate modalità di consumo?
“Da un lato, la riduzione delle vendite è sotto l’occhio di tutti. Dall’altro, è chiaro che a cambiare è il business. Un processo intrinsecamente collegato. Alle risorse derivanti dalla vendita di copie, da provvidenze e convenzioni, infatti, oggi si sostituisce quasi totalmente la gratuità in termini monetari dell’offerta informativa, retta principalmente dalla pubblicità.
I modelli distributivi di compravendita su cui si fonda il mercato dell’advertising sono principalmente basati su meccanismi automatici, con la conseguenza che gli incentivi vengono offerti in base alla capacità di generare maggiore traffico, da parte del player (piattaforma, produttore di notizie, inserzionista), nella distribuzione”.
Quali i pericoli che ne derivano?
“Il crollo dei ricavi editoriali può rappresentare una criticità per l’intera società civile tenuto conto del ruolo fondamentale che il sistema dell’informazione esercita nei confronti della democrazia. In questo senso, interessante mi sembra la proposta proveniente da Oltreoceano, dove si sta preparando la Journalism Competition and Preservation Act che intende imporre a carico delle piattaforme delle royalties più adeguate per i giornali, oltre che un’esenzione fiscale di quattro anni per gli editori. Lo studio della News Media Alliance allora appare strategico anche per sostenere la proposta di legge statunitense, fissando una corretta retribuzione nei confronti di giornali e siti di informazione”.
Il Caos dell’informazione è dunque il saggio giusto nel momento giusto. Invita a riflettere: siamo nel caos? Si, no perché?.
Il caos dell’informazione deriva anche da un dato di fatto: pochi sono coscienti che di informazione (nonostante ce ne sia tanta in giro) ne sforniamo più di quella che acquisiamo. Ed infatti, come si legge nel libro, la crescente attitudine verso il digitale consente di delineare in modo sempre più accuratole attitudini e abitudini degli utenti.
La datacrazia è in agguato come sostiene Derrick De Kerckhove in un contesto che in cui “la pluralità dell’informazione – come si legge nel saggio – risente dei cambiamenti legati al modelli di business tanto che l’era della globalizzazione ci sta portando verso la concentrazione di testate e un depauperamento delle fonti di informazione di qualità”.
Fake news e disinformazione, sebbene sempre esistite, oggi si diffondono attraverso quello che Derrik de Kerkhove definisce il nostro sistema limbico. La vita virtuale in rete che fa da eco, così che a volte invece di essere la nostra vita libera diviene la caverna delle voci che rimbombano.
In ogni caso grazie ad Antonio Martusciello abbiamo ancora un nuovo testo per riflettere e tante indicazioni sulle fonti dalle quali trarre conclusioni o sulle quali costruire un’opinione.
E abbiamo anche uno spiraglio di speranza perché si intravvede un cambiamento di rotta nelle abitudini degli utenti infatti gli abbonamenti ai quotidiani aumentano come dimostra il New York Times e The Guardian.
Il 53% degli americani si dichiara disponibile a pagare per l’informazione, peccato che come segnala lo studio del Reuters Institute del 2017 in Italia la percentuale scende al 40% con la crescente attitudine verso il digitale .