Non appena il COVID-19 ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo, la disinformazione sul virus ha iniziato a circolare online. In quella che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito “un’infodemia”, centinaia di bufale e informazioni false e fuorvianti si sono diffuse ampiamente sui social network e su centinaia di siti di disinformazione: dalle teorie del complotto sulle origini del virus che hanno portato i pazienti a diffidare delle istituzioni sanitarie, a false cure per la malattia, alle bufale sui vaccini.
Un anno dopo, stiamo assistendo a un aumento degli sforzi per la campagna vaccinale che va di pari passo a un aumento della diffusione delle bufale sul vaccino: l’impatto di quella disinformazione è diventato più chiaro che mai. Uno studio della London School of Hygiene and Tropical Medicine ha rilevato una diminuzione della disponibilità dei pazienti a farsi vaccinare contro il COVID-19 dovuto all’esposizione alla disinformazione sulla malattia. Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui alcuni ospedali vedono fino alla metà dei loro membri del personale rifiutare il vaccino.
L’anno scorso, l’OMS ha invitato i suoi membri a intraprendere azioni per combattere la disinformazione sul COVID-19, guidando un ampio numero di aziende e istituzioni, dai governi, alle piattaforme tecnologiche, ai sistemi ospedalieri, nel lancio di iniziative concrete.
Un’analisi dei dati sulla pubblicità programmatica rileva però una sconnessione tra quegli sforzi e le campagne pubblicitarie programmatiche di quelle stesse aziende e istituzioni. Durante la pandemia, molti dei marchi più conosciuti e affidabili al mondo hanno sostenuto finanziariamente la disinformazione sul COVID-19, inserendo migliaia di annunci programmatici su siti web che hanno pubblicato informazioni false e teorie del complotto sulla pandemia.
Dal febbraio 2020 ad oggi, 4.315 marchi hanno pubblicato oltre 42.000 annunci su siti noti per avere pubblicato disinformazione sul COVID-19 e inseriti da NewsGuard nel suo Centro di monitoraggio della disinformazione sul Coronavirus.
Nella maggior parte dei casi, gli annunci erano probabilmente involontari, inseriti da algoritmi su piattaforme di acquisto di annunci programmatici come DV360 di Google, e non inseriti intenzionalmente dai marchi coinvolti. I dati dimostrano però quanto la pubblicità programmatica stia supportando l’ecosistema della disinformazione online e quanto un’azione decisa da parte di queste aziende potrebbe ridurre notevolmente la portata della disinformazione.
Aziende attive nel fronteggiare il COVID-19 stanno alimentando la disinformazione sul COVID-19
La nostra analisi, che ha combinato i dati del Centro di monitoraggio della disinformazione sul Coronavirus di NewsGuard con i dati di Moat Pro, ha rilevato che una vasta gamma di marchi ha pubblicato annunci pubblicitari sui siti che diffondono disinformazione sul COVID-19. 2.346 dei 4.315 marchi presenti nella lista hanno pubblicato annunci su più di uno di questi siti.
Anche aziende direttamente coinvolte nella campagna vaccinale compaiono tra quelle che finanziano i siti di disinformazione sul COVID-19. Lo studio ha rilevato che 105 assicuratori e fornitori di servizi sanitari, tra cui Stanford Health Care, Emory Healthcare, Northwell Health, RWJ Barnabas, Oscar Health Insurance, United Healthcare, Beaumont Health, University of Pittsburgh Medical Center, New York Presbyterian e Mayo Clinic, hanno pubblicizzato sui siti web che pubblicano informazioni false sulla pandemia. Tra i siti troviamo domini come WorldTruth.TV, che ha affermato che il vaccino contro il COVID-19 conterrà un microchip di tracciamento; TheGateWayPundit.com, che ha affermato che il dottor Anthony Fauci sta per “guadagnare miliardi” da un vaccino contro il COVID-19 e che le mascherine sono pericolose per la salute; e IntelliHub.com, che ha affermato che il vaccino modificherà il DNA dei pazienti.
Anche Pfizer, che attualmente offre uno dei vaccini a disposizione, e Merck, che ha recentemente interrotto i suoi sforzi di sviluppo di un vaccino, compaiono nell’elenco degli inserzionisti che pubblicano annunci sui siti di disinformazione sul COVID-19, come NOQReport.com, che tra le altre falsità ha affermato che la pandemia è stata progettata da Bill Gates, e TheEpochTimes.com, che ha affermato che il virus è stato prodotto artificialmente.
Persino i Centers for Disease Control hanno investito in pubblicità su siti che pubblicano disinformazione sul COVID-19, inserendo annunci che esortano le persone a sottoporsi ai vaccini antinfluenzali su GlobalTimes.cn, il sito di propaganda cinese che non rivela di essere finanziato e gestito dal Partito Comunista Cinese e che sostiene che il virus abbia avuto origine in Europa. Il CDC ha anche pubblicizzato su siti statunitensi che pubblicano disinformazione sul COVID-19, tra cui IndependentSentinel.com, che ha affermato che indossare una mascherina aumenta il rischio di contrarre il COVID-19 e che un insieme di zinco e antibiotici può “curare” il COVID- 19. Anche altri marchi ben noti come Starbucks, Acura, Pepsi e Marriott sono stati pubblicizzati su IndependentSentinel.com.
L’elenco degli inserzionisti che finanziano i siti che pubblicano disinformazione sul COVID-19 include anche aziende coinvolte nella distribuzione di vaccini. Ad esempio, Kroger, che distribuisce vaccini a livello nazionale nei suoi negozi, ha pubblicizzato su oltre una decina di siti di disinformazione, incluso Intellihub.com, che ha falsamente affermato che il vaccino contro il COVID-19 modifica il DNA dei pazienti.
Walmart, che probabilmente sarà tra i principali distributori dei vaccini contro il COVID-19 e che ha recentemente annunciato che sta per lanciare la propria piattaforma pubblicitaria, ha pubblicizzato su 25 dei siti di disinformazione sul COVID-19, incluso il sito di propaganda controllato dal governo russo SputnikNews.com.
Nella lista troviamo anche società di media i cui organi di stampa hanno il compito di fornire informazioni accurate sulla pandemia. Comcast ha pubblicizzato i suoi prodotti a banda larga MSNBC, NBC, Universal e Comcast su 14 dei siti di disinformazione sul COVID-19, tra cui CharlieKirk.com, che ha pubblicato affermazioni false sul farmaco idrossiclorochina e ha descritto il COVID-19 come una “pandemia di psicosi delirante”; e Disrn.com, che ha affermato che il COVID-19 è un virus artificiale, creato in laboratorio.
ViacomCBS, che gestisce CBS News, ha pubblicizzato su 29 siti di disinformazione sul COVID-19, tra cui il sito di propaganda russo SputnikNews.com e AltHealthWorks.com, che ha pubblicato disinformazione sul vaccino e ha affermato che indossare mascherine è dannoso per la salute.
Provider di telefonia mobile hanno finanziato siti che sostengono che la causa del COVID-19 sia il 5G
Una delle bufale più diffuse sul COVID-19 è stata la falsa affermazione che la pandemia sia stata causata o aggravata dalla tecnologia 5G. Nell’aprile del 2020, dopo che diverse antenne del 5G sono state prese d’assalto nel Regno Unito, OfCom, ente regolatore delle telecomunicazioni, ha rilasciato dei dati che mostrano che più della metà della popolazione del Regno Unito era stata esposta a disinformazione sul COVID-19 e la narrativa più comune era che il 5G era legato alla pandemia.
I principali fornitori di telefonia mobile nel mondo hanno pubblicato annunci pubblicitari su numerosi siti che pubblicano informazioni false sul COVID-19, inclusa la bufala del 5G.
Verizon, ad esempio, ha pubblicizzato su 35 siti di disinformazione sul COVID-19, inclusi siti come WorldTruthTV.com, che affermavano falsamente che i circuiti 5G erano contrassegnati con il codice “COV-19”, evidente indicazione che sono la causa della malattia, e altre affermazioni false, come quella che il COVID-19 è stato brevettato da un’organizzazione legata a Bill Gates.
Allo stesso modo, anche AT&T, Sprint, Boost Mobile, e Motorola hanno pubblicato annunci pubblicitari su siti di disinformazione sul COVID-19, inclusi siti come EnergyTherapy.Biz che hanno pubblicato la bufala del 5G.
I siti di disinformazione sulla salute dipendono dagli annunci programmatici
Dei 405 siti individuati dal team di NewsGuard per aver pubblicato informazioni false sul COVID-19, la stragrande maggioranza – oltre l’80% – sono ‘recidivi’, ovvero erano stati individuati già prima della pandemia per aver pubblicato informazioni false sulla salute.
NaturalNews.com, il sito di punta di una rete di centinaia di siti di disinformazione sulla salute, per esempio, durante la pandemia ha pubblicato annunci di una serie di marchi, tra cui il dolcificante Stevia e le scarpe da corsa Saucony.
TheGatewayPundit.com, che ha pubblicato numerose informazioni false sul COVID-19, aveva annunci di 1.021 marchi durante la pandemia, tra cui The Home Depot, Macy’s, Target, Nordstrom, Hilton, Mercedes-Benz, Rite Aid, General Mills e la Susan G. Komen Foundation.
Marchi come Berkshire Hathaway e Vimeo hanno pubblicato i loro annunci pubblicitari su DavidIcke.com, noto per aver diffuso numerose informazioni false sulla pandemia, come la falsa affermazione che il vaccino contro il COVID-19 cambierà il DNA dei pazienti.
GlobalResearch.ca, che ha promosso numerose teorie del complotto sulle origini del virus, ha pubblicato annunci di 131 marchi, tra cui Wayfair, Unilever, Adobe e 3M.
Affrontare il problema
I dati mostrano chiaramente che il problema di pubblicizzare sulla disinformazione – compresa la disinformazione sul COVID-19 – non è limitato a un marchio, un settore o una categoria di aziende.
I marchi che finanziano la disinformazione sul COVID-19 appartengono a quasi tutte le principali categorie e settori. E una recente analisi ha mostrato che lo stesso problema esiste per altre forme di disinformazione, come quella elettorale che ha riguardato le presidenziali statunitensi del 2020.
La maggior parte delle aziende inserisce annunci attraverso le pubblicità programmatiche che utilizzano algoritmi per determinare quali pagine web raggiungeranno un determinato tipo di pubblico. In altre parole, i marchi in genere non sanno dove stanno posizionando i loro annunci.
Le piattaforme pubblicitarie di Google, DV360 e DoubleClick, sono tra le più utilizzate per inserire annunci su siti web di disinformazione: il 67% di tutti i siti di disinformazione sul COVID-19 identificati da NewsGuard con posizionamenti di annunci presentavano tag pubblicitari di Google, e il 30% presentava tag di The Trade Desk, un’altra grande piattaforma pubblicitaria.
Da un lato, ciò significa che è improbabile che le aziende da sole possano porre fine al problema della pubblicità sui siti che pubblicano disinformazione, anche se un impegno verso il raggiungimento di tale obiettivo da parte dei marchi potrebbe già fare molto.
Dall’altro lato, se le piattaforme pubblicitarie fornissero strumenti per evitare i siti che pubblicano disinformazione quando si inseriscono annunci, potrebbero avere un impatto determinante sul modello di business della disinformazione, riducendo notevolmente l’incentivo per i siti che pubblicano informazioni false e teorie del complotto a promuovere false affermazioni.
Nota: NewsGuard concede in licenza l’accesso ai dati sulla credibilità dei siti utilizzati in questo report per scopi di ricerca, governativi e commerciali. I ricercatori, le autorità di regolamentazione, gli inserzionisti, le piattaforme e altre società interessate ad accedere ai dati alla base di questo report possono richiederne l’accesso qui: Richiedi accesso ai dati.