Università della Pace (UPEACE), ONU. Due realtà legate e collegate perché la pace è, anche e soprattutto, legata alla capacità di mediazione.
L’Università per la Pace è un’organizzazione intergovernativa con status universitario, istituita per trattato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1980 e con il suo campus principale in Costa Rica. La sua missione dichiarata è “fornire all’umanità un’istituzione internazionale di istruzione superiore per la pace con l’obiettivo di promuovere tra tutti gli esseri umani lo spirito di comprensione, tolleranza e convivenza pacifica, stimolare la cooperazione tra i popoli e aiutare a ridurre gli ostacoli e le minacce al mondo. Pace e progresso, in linea con le nobili aspirazioni proclamate nella Carta delle Nazioni Unite”.
Dal 2015 abbiamo anche una sede a Roma. Il presidente Giovanni Cara, schietto ottantenne ha lasciato la diplomazia nella sua prima parte della vita. Ora dice: “Non ho bisogno di fingere, dico quello che penso sempre”. Sardo, di strada ne ha fatta tanta nella sua vita. La sede dell’Università della Pace a Roma è rappresentata da lui: “Non è stato facile creare la sede romana – racconta – Parigi ambiva ad averla, così per molto tempo l’Europa è rimasta senza una sede di questa istituzione”.
Inizialmente l’UPEACE nasce in Costa Rica, paese senza esercito che già nella metà del secolo scorso decide di assegnare all’istruzione la quota che il bilancio disponeva per i militari. Concetto d’attualità che noi di TuttiMedia abbiamo lanciato a dicembre scorso, chiedendo al nostro governo di accorpare il Ministero dell’Ambiente con quello della Salute e quello della Difesa con l’Istruzione.
Con l’Università della Pace si approfondiscono situazioni legate a problemi di geopolitica, si impara ad essere mediatori di conflitti. “Per fare questo mestiere si deve anche conoscere la geografia – precisa Cara – troppo spesso le nostre conoscenze geografiche sono legate a quanto studiato nelle scuole primarie”.
Ritorniamo alla nostra storia. “Questa università nasce nel 1980. Comincia ad operare sulla base dei principi fondamentali delle Nazioni Unite, cioè i diritti umani – continua – e crea master per la formazione di mediatori di pace. Oggi laddove c’è bisogno di una persona che sappia mediare c’è un nostro allievo. Qui a Roma rappresento la delegazione dell’università internazionale per la pace che comprende l’area dei Paesi del Mediterraneo, perché noi cerchiamo di mettere insieme paesi con affinità e geograficamente vicini”.
Roma, ha vinto su Parigi perché Ban Ki-moon andando in pensione ha scelto Cara per organizzarne la sede: “La mia carriera l’ho fatta perlopiù all’agenzia delle Nazioni Unite dove mi occupavo di catastrofi naturali – racconta – conosco a fondo la nostra organizzazione ma confesso che mi sono sorpreso quando, nei corridoi, tutti si chiedevano perché il segretario generale volesse premiare l’Italiano. Questo contesto era nebuloso ed io non mi fidavo. Ma poi mi sono convito che andare a Roma a costituire l’Università della Pace per l’area del Mediterraneo sarebbe stata una nuova e bella sfida dopo due lauree in ingegneria, senza esperienze di docente”.
L’Università della Pace ha una storia difficile alle spalle, non è stata sempre accolta con entusiasmo perché alcune nazioni temevamo che potesse fare concorrenza agli istituti esistenti, per questa ragione propone master, dottorati di ricerca e corsi di alta formazione, scelta che Cara non condivide: “Infatti, sono certo che poter accogliere allievi più giovani sia fondamentale per la loro formazione. Oggi qui arrivano venticinquenni, persone già formate, trovo che questo sia un limite. Ho cercato di risolvere questo problema chiedendo al Ministero italiano dell’Università e della Ricerca ( prima che lo dividessero ndr) l’accreditamento quale università di diritto italiano con sette corsi di laurea, e poter, quindi, accogliere gli studenti dopo la maturità e curarli con il metodo che mi piace chiamare Onu“. Per ora però la risposta non è ancora arrivata.
Cara continua diritto su strade d’avanguardia formando i suoi studenti con indirizzi prevalentemente interdisciplinari, fra l’altro lui stesso si è messo in gioco quando da ingegnere si è iscritto a un master di medicina in chirurgia tropicale. Avanti sui tempi in Burundi studia la medicina. Oggi nessuno avrebbe trovato nulla di strano in questa scelta. Ed è forse proprio questa sua vivacità intellettuale che lo porta a scegliere sempre per i suoi studenti percorsi inediti e sempre di successo. Pubblicizzati dalle ambasciate raccolgono sempre numerose candidature. Per la selezione il carattere del presidente fa la differenza, non accetta suggerimenti sulla scelta dei candidati. Il merito è al primo posto: “La raccomandazione l’ho sofferta sulla mia pelle – precisa – vedere persone valide superate o colleghi inefficienti, inadatti …. a 80 anni non è più questione di essere promosso o bocciato. Posso a questo punto dire e scrivere quello che voglio. Creo qualche malumore, mettiamola così, ma io vado avanti per la mia strada”.
L’università che Cara ha creato vuole essere un punto saldo del sapere e del sapere fare con basi conoscitive tradizionali e esperienza sul campo. Nessun privilegio solo competenze per vincere nella vita. “Non voglio che la formazione si riduca ad un pezzo di carta – precisa – metto insieme esperienza utili per il lavoro. L’’ideale sarebbe che ciascuno studente iscritto ad un corso sia capace di trovare uno sbocco nel mondo”.
Oggi con le banche date si comincia già. “Sì, ma siamo ancora indietro. Personalmente voglio dare voce al disagio di chi non può farlo. Questa è la mia natura. Dal paese della Sardegna da dove sono uscito secondo il sacerdote si poteva solo diventare carabiniere o bandito. Io sono diventato un ibrido, con un caratterino non facile. Ho conservato la franchezza e la lealtà di quando a 23 anni il mio primo lavoro mi ha portato in Nigeria. Non faccio il pensionato ai giardinetti e mi piace vincere le mie battaglie. Conto che la mia legacy passi al successore e per il momento mi piacerebbe organizzare un progetto insieme al suo osservatorio TuttiMedia con testimonianze necessità di donne e per le donne da diffondere in tutta la nostra aerea di influenza”.
Accolgo con piacere la prospettiva di una collaborazione anche perché il Mediterraneo è la culla della cultura, sarebbe opportuno usarla anche per seminare uguaglianza di genere e costruire una casa comune, prendendo a prestito le parole di Papa Francesco.