Il linguaggio è la prima tecnologia: “La Grande Invenzione”, titolo dell’ultimo libro di Paolo Benanti (ed. San Paolo), che narra appunto di quanto il parlare rende l’uomo diverso dagli altri esseri viventi. Le tappe della nostra storia sono indissolubilmente legate a questa nuova tecnologia, il linguaggio che ci rende diversi. Mi sono stupita leggendo questo testo che è un resoconto puntuale sul nostro essere animali con capacità specificamente definite e peculiari: “Siamo capaci di costruire un orizzonte, abbiamo un mondo mappato con l’intelletto, i nostri comportamenti non possono essere risolti con discipline come la biologia o l’etologia”.
Mi sono accorta che diamo per scontato delle capacità che rendono l’uomo unico in questo pianeta che possiamo e sappiamo modificare a nostro uso e consumo. Oggi questo libro diviene uno strumento che permette di capire “il fatto che il digitale stia cambiando il nostro rapporto con la parola, narrata o scritta……ci impongono di percorrere una via che si faccia carico del linguaggio e della tecnologia come peculiari fenomeni dell’umano”.
Scoprire leggendo questo è stato il mio viaggio nel mondo della parola che ci permette di fornire istruzioni per immaginare una gamma illimitata di cose e del linguaggio che permette a noi esseri umani di avere un luogo di socialità che rimane inaccessibile ad altri viventi. Naturalmente non posso riportare i tanti passaggi illuminanti, ma certamente posso suggerire che La Grande Invenzione venga studiata per capire come siamo arrivati dal linguaggio artefatto di scrittura e lettura al linguaggio struttura computata.
Il viaggio che si compie grazie a Paolo Benanti, Francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo che si occupa di bioetica ed etica delle tecnologie è storico e funzionale alla comprensione del presente. I suoi studi si focalizzano sulla gestione dell’innovazione, di se stesso dice: “Cerco di mettere a fuoco il significato etico e antropologico della tecnologia per l’Homo sapiens: siamo una specie che da 70.000 anni abita il mondo trasformandolo, la condizione umana è una condizione tecno-umana…”.