Paolo Lutteri, socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, commenta l’articolo di Derrick de Kerckhove: “L’umanesimo digitale… l’ossimoro dell’oggi”.
“Ciao Derrick, ti leggo e inseguo le tue idee come un cacciatore di piste in questo fluido mondo di grandi mutazioni. Ti confesso che non sempre riesco a seguire i tuoi percorsi eclettici, spesso scoppiettanti di innovazioni di rigo in rigo e quindi molto stimolanti. Ti butto qui qualche commento ai tuoi articoli su Media Duemila.
Concordo che la cultura digitale e gli algoritmi dell’intelligenza artificiale sono più precisi delle parole correnti. Le parole correnti (suoni e grafia) nascono da comportamenti primitivi locali (ecco perché tante lingue), con un significato spesso allusivo, che comprende significati allegorici o magari ironici e spesso equivoci e quindi interpretabili in modo plurimo.
La vivacità dell’interpretazione include la strumentalizzazione delle parole da parte degli attori della cultura, singoli o mediatici. Basta un “a”, con o senza “h” o punto esclamativo, come esempio.
In un’interpretazione digitale sarà difficile rendere significati isolati e il contesto anche emozionalmente avrà la sua parte per stabilire che cosa argomentano i suoni o la grafica.
Aggiungo un esempio musicale: una sinfonia di Beethoven può essere certamente costruita digitalmente in modo impeccabile secondo lo spartito, ma quando la ascolti dal vivo e cogli le differenze della gestione dell’orchestra di un Barenboim o di un altro direttore, i neuroni del cervello si agitano differentemente, anche per questioni soggettive. È così anche per i discorsi, le orazioni politiche, la retorica e le sue forme della letteratura e della filosofia, per non parlare delle enfasi della propaganda e del marketing.
Insomma: è per dire che l’intelligenza artificiale gioverà alla razionalità, ma che la storia del linguaggio umano sarà ancora molto connessa alla sensibilità emotiva e all’organizzazione neuropsicologica di singoli individui. In quest’età di transizione digitale c’è da restare almeno un po’ ibridi, non scettici ma un po’ critici, come del resto mi sembra tu faccia.
Che ne pensi?”