Se a fare la difesa europea bastassero le parole (italiane), l’Ue sarebbe già capace di difendersi da sé da tempo, non in antitesi ma in sintonia con la Nato. Nelle ultime settimane, la rotta in Afghanistan, che ha coinvolto tutto l’Occidente, e la crisi dei sottomarini, una tempesta dal Pacifico all’Atlantico, hanno dato la stura, qui da noi, a un vero e proprio ‘festival delle parole’ sulla difesa europea: ne hanno parlato il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, ministri e leader politici, con un’eco non fragorosa, altrove nell’Unione.

La cartina di tornasole della serietà e della concretezza dei propositi italiani sono i mesi successivi alle elezioni tedesche: da  domenica e fino a data da destinarsi, la Germania sarà in mezzo al guado del ‘dopo Angela Merkel’, perché i partiti dovranno trovare un accordo su coalizione e programma di governo; e la Francia entrerà, a sua volta, nella fibrillazione pre-elettorale delle presidenziali della primavera prossima.

A saperla cogliere, è l’occasione giusta perché l’Italia, che ha un premier credibile e autorevole, si metta a cassetta della carrozza dell’Ue e cerchi di avviarla verso un obiettivo che tutte le forze realmente europeiste condividono, almeno a parole. Persino il ministro degli Esteri Luigi di Maio, un grillino con un passato recente da ‘gilet giallo’, afferma che bisogna superare l’unanimità in fatto di politica estera, “altrimenti il dibattito sulla difesa europea resta parziale” (e soprattutto sterile).

Prima che la pandemia arrivasse a sconvolgere le vite e le economie di tutto il Mondo, il progetto della difesa europea appariva il magnete dei progressi dell’integrazione europea nel quinquennio della Commissione europea di Ursula von der Leyen, un ex ministro della Difesa tedesco. Tanto più che, a orientare in quella direzione l’ago della bussola europea, contribuiva fortemente la presenza alla Casa Bianca di Donald Trump, disattento e addirittura sprezzante verso gli alleati europei e imprevedibile e inaffidabile.

La pandemia ha poi imposto altre priorità, tra sanità ed economia. E l’avvicendamento tra Trump e Joe Biden ha attenuato le diffidenze europee verso gli Stati Uniti. Ma l’uscita dall’emergenza, che ormai s’intravvede, e gli incidenti di percorso degli Usa di Biden dall’Afghanistan all’Aukus, l’alleanza del Pacifico in funzione anti-Cina tra Usa, Australia e Gran Bretagna, con annessi sfregio alla Francia e sgarbo all’Ue, possono ricreare le condizioni per approntare il cantiere. E l’Italia può impostare i lavori, almeno fino alla primavera.

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.