Con Matteo Tonoli , ingegnere e sociologo, cultore della materia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca che cerca di tradurre i numerosi interessi e passioni in riflessioni sui temi della complessità, dell’innovazione, del rapporto fra scienza e società, del design continua la nostra  riflessione sul metaverso.  MPRossignuad

Fiducia, incertezza, interferenza sono temi che con Derrick de Kerckhove ho discusso relativamente al metaverso che rappresenta la condivisione per eccellenza.

La tentazione di perdermi per “vie di fuga laterali” è molto forte, ma il vincolo della pagina e soprattutto l’abitudine che impone il digitale di non essere troppo lunghi mi obbliga a trattenermi.

Ieri come oggi i media si basano sulla condivisione. Derrick de Kerckhove, in una delle ultime conversazioni, mi ha detto: “La tv e la radio erano mondi fondati sulla condivisione, si dava un senso ad uno spazio pubblico condiviso”. Questa affermazione mi ha portato ad una serie di domande.

Che tipo di spazio delimita il metaverso, (protagonista dei nostri giorni, ma non ancora della politica) o ciò che, ciascuno a suo modo, definisce “metaverso”? Anche qui sarebbe interessante indagare il potere di convergenza semantica che esercita questa parola: una convergenza per “convenzione”, scomodando D. K. Lewis). E, subito dopo, dal momento che ormai da più di cento anni parlare di spazio implica necessariamente parlare di tempo, mi domando ancora: qual è il tempo del metaverso? Con “tempo” intendo proprio il “tempo verbale”: nel metaverso c’è il passato? O il presente? Si può parlare del futuro?

Non ho risposte a queste che mi paiono domande “legittime” (nel senso di von Foerster). Ciò che posso fare è compiere un primo passo: brevi considerazioni per provare a stimolare un processo auspicabilmente convergente, che ci porti, par tâtonnement, ad un equilibrio.

A mio avviso lo spazio del metaverso è tutt’altro che condiviso: è uno spazio “sartoriale”, che ciascuno crea a misura delle proprie fattezze (o almeno in base a come le percepisce guardando la propria immagine riflessa in uno specchio reso concavo e convesso dall’esplosione del rumore digitale): è uno spazio che, in assenza di filtri opportuni, di una “metafriction”, rischia di amplificare le distorsioni con cui percepiamo il sé.

Quanto al tempo, provo a “ragionare ad alta voce” direttamente qui. È sicuramente un tempo passato, quello delle informazioni contenute in memorie sempre più capienti a cui attingiamo in maniera sempre più efficiente con il supporto di intelligenze artificiali potenti.

Nutro invece dubbi che quello del metaverso sia un tempo futuro, per almeno due motivi: il primo è che dal metaverso, per definizione, si può uscire quando si vuole (e in questo ciascuno di noi s’illude di svolgere il ruolo di Atropo, tagliando il filo del tempo individuale). Ci si potrebbe allora chiedere se, pur potendo, ci “convenga” (a quali condizioni) uscirne, ma ho promesso di non lasciarmi tentare da vie di fuga laterali. Il secondo motivo per cui dubito di un metatempo futuro è che, se fosse, sarebbe un futuro disegnato secondo le regole del passato (le informazioni contenute in memoria) e quindi potenzialmente fallace ab origine: cambierebbero solo le quantità, ma le qualità rimarrebbero le stesse.

Nemmeno il tempo presente mi convince molto, ad essere sincero. Se ciascuno costruisce il proprio metaverso sartoriale, allora in ciascuno di essi scorrerà il proprio tempo presente. Avremo dunque, nella migliore delle ipotesi, tanti tempi “compresenti” quanti sono i metaversi. O, meglio, avremo un nuovo tempo verbale: il contingente (contingente indicativo?).

Sarebbe perlomeno bizzarro se nel metaverso, il mondo che verrà, fossimo costretti a coniugare i verbi al passato! Cosa ne pensate?

Matteo Tonoli è ingegnere e sociologo, cultore della materia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Cerca di tradurre i numerosi interessi e passioni in riflessioni sui temi della complessità, dell’innovazione, del rapporto fra scienza e società, del design.

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Matteo Tonoli
Matteo Tonoli è ingegnere e sociologo, cultore della materia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Cerca di tradurre i numerosi interessi e passioni in riflessioni sui temi della complessità, dell'innovazione, del rapporto fra scienza e società, del design.