“Metaverso: opportunità e rischi del mondo che cambia” è il tema dell’Atelier di Intelligenza Connettiva che l’Osservatorio TuttiMedia organizza il 9 novembre (ore 15:00/17:00) in UPA a Milano. Il tavolo di confronto rifletterà a porte chiuse sul metaverso. L’analisi della punta dell’iceberg dell’innovazione nella comunicazione è lo scopo dell’associazione che in alcuni casi preferisce un confronto serrato e trasparente solo con i soci (Confindustria Radio Tv, Eni, Facebook, FIEG, FNSI, FUB, Google, Mediaset, Rai Pubblicità, RAI, Gruppo Unipol, Banca Intesa Sanpaolo, UPA).
Ho trovato molto pertinente l’articolo di Tony Parisi “Le 7 regole del metaverso” che afferma “Il Metaverso è il prossimo sviluppo significativo nelle comunicazioni globali”. Il mio amico e collega di Toronto, Paolo Granata, dice che il metaverso è immersione al 100%, nessuna distrazione. Dicono che sarebbe il nuovo Internet, 3-dimensionale, partecipativo e co-presente in tempo reale, in somma l’incoronazione della cultura digitale. In parte sono d’accordo, ma la mia idea sulla transizione digitale mi porta anche a riflettere che il Metaverso è solo una parte del grande cambiamento in arrivo: andiamo verso un nuovo sistema operativo che cambia il nostro brainframe e modo di vivere. La scrittura alfabetica è stato il sistema operativo occidentale per secoli, organizzando società, conoscenze e governi. Ora si cambia. Si tratta della transizione tra scrittura e algoritmi, tra un mondo basato su significati e un altro basato su ordini operativi senza l’obbligo di spiegazione.
Recentemente su ILSole24ore @GianpieroColletti ha riportato il mio pensiero: “viviamo in una interruzione permanente con la tentazione continua di guardare oltre”. Mentre leggiamo il giornale sullo smartphone un algoritmo ci invita ad ascoltare un podcast e di un altra testata. Mentre leggo la mail sono distratto da un whatsapp. Siamo nell’era della notifica permanente e appena pertinente in troppi casi. La fase critica della transizione ci porta definitivamente al sistema operativo della cultura digitale che decida per noi cosa ci serve. L’industria dell’informazione e della pubblicità ha bisogno di attenzione. Abbiamo bisogno di una nuova ecologia dell’informazione dove prima la responsabilità dell’informatore.