La sorte di ChatGPT in Italia fa discutere: siamo ad un bivio vietare o contribuire alla crescita. In questi giorni in cui in Italia il Garante della Privacy ha deciso di bloccare ChatGPT ho ascoltato pareri.
Derrick de Kerckhove, il direttore scientifico dell’Osservatorio TuttiMedia e di Media Duemila, la rivista che dirigo e che quest’anno compie 40 anni dedicati all’ innovazione, provoca dicendo che benché in un modo autocratico il garante per la Privacy ha elementi in suo favore: fermare ChatGPT potrebbe essere stato un modo per dire basta al caos informativo dovuto alla libertà sfrenata di parole diffuse dovunque che ha creato danni ed ha portato alla crisi epistemologica – e globalmente politica – che viviamo oggi: “Il cambiamento epocale e radicale dell’essere umano – precisa de Kerckhove – però non è semplicemente dovuto alla tecnologia. Assistiamo a una sorta di passaggio dalle coscienze private a quella collettiva. Usiamo la rete come estensione delle coscienze senza sapere l’uso che se ne può fare”.
Altre opinioni mi portano a riflettere sul fatto che la scelta di bloccare ChatGPT è, quantomeno, frettolosa.
Filiberto E. Brozzetti, Assistant Professor of AI, Law and Ethics presso il Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS Guido Carli di Roma spiega: “Questa decisione incide direttamente sul rapporto tradizionale tra cittadino/utente e Stato/regolatore nella dimensione dell’innovazione tecnologica, perché induce a riflettere su quale sia e debba essere il ruolo dell’Autorità indipendente di riferimento, che non a caso si chiama Garante, dovendo propriamente garantire un diritto in funzione del cittadino e non
assumere il ruolo di censore categorico dei costumi della società.
Quando si tratta della regolazione dell’innovazione si guarda sempre alla coppia diritto, da un lato, e tecnologia, dall’altro, lamentandosi di sperequazioni e asimmetrie soprattutto per quanto attiene al ritmo del progresso dell’uno rispetto all’altra; con il diritto indefettibilmente e fisiologicamente indietro, che arranca dietro alla tecnologica. Mentre uno si cristallizza, l’altra è già evoluta. Manca però dalla scena un convitato di pietra, il terzo fondamentale elemento: la società. Il diritto, nel disciplinare usi e applicazioni della tecnologia, non dovrebbe prescindere dalle attitudini sviluppate dalla società, nella sua inter-generazionalità, complessità e trasversalità, rispetto a determinate tecnologie. Soprattutto quando chi crea il diritto, con un orientamento interpretativo che nel policy-making di oggi passa anche dai provvedimenti è un applicatore della normativa di settore di natura amministrativa, per quanto indipendente, che quindi non è né giudice, né tantomeno Legislatore”.
Le perplessità crescono, quando chi ha esaminato il provvedimento con attenzione, fa notare che i principali rilievi sollevati dal Garante attengono solo residualmente a profili giuridici. Altri si chiedono se è concreto il pericolo dell’intelligenza artificiale sullo sviluppo intellettivo e l’autoconsapevolezza dei minori.
Se l’IA è pericolosa tout court perché «altera la nostra identità», come affermato in due interviste del 1° aprile dal Presidente su La Repubblica e da un componente del Garante su La Stampa, cosa ne dev’essere di tutte le applicazioni sulle quali il PNRR prevede investimenti a pioggia? Da cittadina vorrei saperne di più.
Il contesto oggi è complesso perché anche l’Eu con il prossimo Regolamento sull’IA richiede agli stati membri di individuare un’autorità, tra quelle già esistenti, oppure di costituirne una nuova proprio dedicata a regolamentare l’IA.
Un blocco tanto perentorio di ChatGPT, in Italia, ha anche conseguenze economiche, tralasciando l’isolamento internazionale dell’iniziativa, con la CNIL (Commission nationale de l’informatique et des libertés) che afferma di non avere intenzione di adottare provvedimenti analoghi ed il Comitato europeo che dichiara di non avere previsto iniziative congiunte, prima di aver costituito un gruppo di lavoro e aver fatto tutti i dovuti approfondimenti.
Qui la crisi oltre che epistemologica è anche istituzionale con risvolti economici di non poco conto, perché tutti gli investitori e le startup di questo ecosistema stanno legittimamente valutando di spostarsi oltre confine verso climi regolatori meno ostili, perché nel nostro Paese non hanno possibilità di crescita o di confronto con i colossi d’oltre oceano.
L’IA ha rimesso in discussione l’intero nostro modo di percepire il rapporto con la conoscenza e talvolta anche con la coscienza, in maniera, come si suole dire, “dirompente”, la relazione fra riflessione etica e giuridica deve condursi in maniera estremamente equilibrata, mentre il rischio più grande è che l’attenzione si catalizzi solo su un aspetto del problema.
Ecco perché è auspicabile un approfondimento su come gestire la transizione e le conseguenze giuridiche dell’IA e dell’IAG (intelligenza artificiale generativa), mentre un intervento come il blocco può generare panico e incertezza.
Per Derrick de Kerckhove è il momento di riflettere ed auspicabilmente interpretare la decisione italiana come un evento da cui far scaturire un piano di azione condiviso da tutte le parti coinvolte. La decisione italiana mette tutti di fronte al problema e noi di TuttiMedia, che riuniamo innovazione e tradizione, siamo pronti ad accettare la sfida e provare a costruire insieme.
Infatti una riflessione sistemica, organica e generale serve a costruire il dialogo tra tecnologia e diritto che non è più procrastinabile ed anche a porre le basi per la nuova società, tenendo conto anche dell’uomo medio che poca sa di Intelligenza artificiale, Intelligenza Artificiale Generale e Large Language Model…