Un’iniziativa di pace annunciata a sorpresa da Papa Francesco e non confermata né da Kiev né da Mosca. Il giallo di un voto all’Onu di Cina e India che potrebbe indicare una correzione di rotta di Pechino e Nuova Delhi sulla guerra in Ucraina. E ulteriori indicazioni dell’intelligence statunitense che appesantiscono il bilancio delle perdite russe (il Cremlino le bolla come “cifre fantasiose”).
L’imminenza della controffensiva di primavera ucraina, che potrebbe partire a giorni, se non è già partita, è contrappuntata di informazioni contraddittorie, che fanno comunque trasparire un fermento della diplomazia, dopo un anno di traccheggi e ‘ammoine’. Sono invece invariate invece, le cronache di guerra: lo stillicidio di bombardamenti e una strage di civili a Kherson, mentre il fronte di terra è praticamente immobile. A Bakhmut, il capo dei mercenari Wagner, Evgheny Prighozin, minaccia di ritirare i propri uomini, che non hanno sufficienti munizioni, e sostiene che gli ucraini produrranno il loro sforzo a metà maggio.
Un deposito di carburante viene distrutto nel porto di Sebastopoli, in Crimea, probabilmente per l’attacco di un drone ucraino. E tra martedì e mercoledì brucia un serbatoio a Volna, nell’area di Krasnodar, al confine con la Crimea. Dopo il primo episodio, forse per ritorsione, i russi avevano pesantemente bombardato Kherson, spingendo gli ucraini ad attuare un piano d’evacuazione di massa dei civili, e diverse altre località, facendo decine di vittime.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ribadisce che con la sua controffensiva Kiev punta a liberare anche la Crimea: l’obiettivo non appare verosimile all’intelligence occidentale, ma suscita preoccupazioni a Washington e a Bruxelles, perché – a parte le posizioni di facciata – gli alleati temono che la Crimea sia per il presidente russo Vladimir Putin una linea rossa, varcata la quale c’è il rischio di un’escalation nucleare.
Significativa, in merito, una dichiarazione del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che accusa la Germania di essere sempre più coinvolta nel conflitto: le armi di Berlino – dice – “sono già usate per colpire il territorio russo, perché il Donbass è una regione russa”, dopo l’annessione dell’anno scorso con i referendum farsa.
Il comandante delle forze della Nato in Europa, il generale Usa Christopher Cavoli, riferisce al Congresso che la coalizione occidentale ha già consegnato all’Ucraina il 98% delle armi e delle munizioni promesse.
Zelensky continua, però, a fare pressione sull’Occidente per altre armi, ma anche per il grano, mentre Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, dove gli agricoltori sono in subbuglio, chiedono limitazioni all’import di cereali dall’Ucraina in dumping rispetto ai prezzi nazionali. La solidarietà degli europei sul grano, subordinata ai propri interessi, delude Kiev: Zelensky se ne lamenta direttamente con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
In un articolo su Foreign Affairs, l’autorevole rivista del Council on Foreign Relations, Richard Haass e Charles Kupchan formulano una proposta per portare al tavolo negoziale Ucraina e Russia, basata sulla convinzione che non esista una soluzione militare al conflitto in corso, la cui prosecuzione, oltre a crescenti costi umani ed economici per entrambe le parti, ma anche per la comunità internazionale, rischia di prolungarsi senza sbocchi e di sfociare, nel caso peggiore, in una escalation incontrollabile.
In un testo scritto per il Centro Studi sul Federalismo di Torino, Domenico Moro, coordinatore dell’area sicurezza e difesa, elabora a sua volta, a partire dall’idea di Haass e Kupchan, un piano europeo di pace per l’Ucraina, che dovrebbe in qualche misura ispirarsi all’accordo De Gasperi – Gruber per il Sud Tirolo, integrato nel 1972 ed avallato dall’Onu.
Home Soprattutto Europa Finestra sull'Europa Ucraina: aspettando la controffensiva, fronte in stallo, diplomazia in fermento