Lettera aperta di Paolo Lutteri –1° giugno 2023
Caro nipote Andrea,
quando la dicotomia tra male e bene è forte, tutto ciò che è anche parzialmente brutto diventa cattivo. Non ci sono sfumature accettabili. E’ il radicalismo del giudizio. Come dire che una macchiolina di caffè sulla camicia fa brutta tutta la camicia e spregevole chi la indossa.
Quasi al contrario c’è un’interpretazione pragmatica, poco idealistica ed estetica, ma efficiente e risolutiva: “la camicia è più importante della macchia”. In altri modi si può riassumere nell’aforisma (cinese) “non importa se il gatto è bianco o nero, basta che prenda i topi”. Penso subito agli animalisti che vorrebbero difendere anche i topolini, hanno ragione, ma bisogna accettare l’allegoria e semmai discutere sul vero colore del gatto e sulla violenza logica della frase. La violenza c’è perché si giustifica ogni mezzo, magari esagerato o illecito, per raggiungere uno scopo. Poi ci devono pensare i media e gli influencers a indorare la pillola.
Un esempio? Tanti: dall’assassinio di Giulio Cesare alle bombe atomiche sul Giappone, anche se “Bruto è un uomo d’onore” e le democrazie occidentali hanno potuto sconfiggere i nazi-nipponici. Nei conflitti c’è sempre chi vince e chi perde, per la pace bisogna coltivare il lecito, la dignità e condividere una morale, valutare i benefici e le conseguenze negative.
Ciò detto, resta che ribellarsi ai soprusi è giusto, difendersi dalla prepotenza è un diritto. Se fosse possibile usando la dialettica, sarebbe meglio che agire con crudeltà.
Belle parole, mi dirai caro Andrea, tu che sei maestro di public speaking, ma quotidianamente persone e istituzioni si scontrano, come animali che cercano il primato. Ognuno rappresenta la sua giustizia, concordare sembra impossibile. La zuffa è continua, senza esclusione di colpi. Abbiamo ancora il cervello primitivo degli animali? Forse sì. Manca educazione? O forse l’educazione non è omogenea?
Se anche le virtù sono disomogenee, allora pare che l’evoluzione dell’intelligenza abbia davanti un percorso ancora lungo e mi viene da chiedere quali sono i criteri morali con i quali istruiamo la cosiddetta Intelligenza Artificiale nei computer e nei robot. La Legge Zero di Asimov (1950) dice che un robot non può recar danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, l’umanità riceva danno. Dopo questo esordio letterario, quali saranno adesso le regole istituzionali per gestire l’Intelligenza Artificiale? Non mi riferisco a quelle spregiudicate dell’industria tech, ma per esempio ai Regolamenti dell’Unione Europea. Come costruire l’algoritmo della violenza o della non violenza? Fin dove sono accettabili a livello ecumenico?
Per il momento la pace civile sembra un’utopia. Per certo quel che possiamo fare è impegnarci nell’informazione, nell’educazione, nella comprensione dei casi comuni e nella disciplina dei casi singoli. Riconoscere nel colore dei gatti i pifferai malefici e le follie irrazionali.
Un abbraccio
Paolo