Lettera aperta di Paolo Lutteri – 26 ottobre 2023
Caro Enzo,
sarò banale ma vorrei richiamare la tua attenzione sul concetto di ‘punto di vista’. Una pecora conosce i suoi simili, probabilmente riconosce il suo pastore, il cane del suo pastore e cerca l’erba migliore da masticare. Per scelta o per paura ha una forte coscienza di gregge. È il suo punto di vista. Un’aquila conosce i suoi simili, riconosce i nemici e le prede, ha una vista panoramica nei suoi voli, esplora un universo un po’ più grande di quello di una pecora. Lasciando da parte le caratteristiche socio-zoologiche di questi animali, quel che li differenzia è ‘il punto di vista’.
Oggi la conoscenza del mondo e i comportamenti umani, anche se teniamo il mondo in palmo di mano (col telefonino!) sono indirizzati da punti di vista plurali e polemici. Ovviamente non si può conoscere e sperimentare tutto, ma rispetto a qualche generazione fa, i media, i viaggi e l’istruzione ci hanno messo in contatto con culture e spettacolo diversi da quelli del nostro habitat locale. Hanno infranto confini comportamentali, allargato a dismisura il panorama dei volti, delle azioni, degli oggetti e dei concetti. L’umanità è stata prevalentemente ferma nel suo villaggio e nella sua tribù per millenni, e poi, in pochi secoli è decollata alla scoperta di un cielo più grande. Eravamo pecore, siamo diventati quasi tutti aquile.
Nell’accelerazione culturale degli ultimi anni l’uso delle macchine e dei sistemi di comunicazione è stato così strabiliante da sovvertire concezioni astronomiche e innovare tecnologicamente il sistema produttivo. A livello globale. Il progresso ci ha portato a condividere globalmente motori, carburanti, macchine, alimentazioni, lingue, siti web.
Eppure lo sviluppo sociale è ancora nel passato, gravato da pregiudizi, ‘strutture a priori’ (direbbe Kant). Non ci siamo liberati dallo sfruttamento delle persone, dal razzismo, dalla supremazia religiosa, dall’odio sociale, dall’aggressività geopolitica.
Vorrei poter dire che la causa è la competizione economica, la proprietà delle risorse, l’accumulo dei capitali, la distribuzione dei redditi. Sì. Ma perché permangono sfide medioevali, se non ancestrali, percezioni psicologiche ferine che le leadership politiche e i mezzi di comunicazione continuano ad avallare, distribuendo news faziose ed elementi di discordia per creare consensi strumentali e di parte?
Col progresso non siamo riusciti a darci una coscienza globale. Forse perché i pericoli sono vissuti come marginali? E se la guerra e l’inquinamento fossero un rischio globale?
Non siamo del tutto ignoranti, ma la consapevolezza non ci porta a una responsabilizzazione larga e a una scelta condivisa di benessere. La visione è sempre più acuta, la solidarietà è ancora da costruire. La coscienza è rimasta al tempo delle pecore. Nel turbolento vento del mondo, una comune ragione delle aquile, che nei sogni rappresentano attenzione e lucidità, è ancora da venire.
Ho speranza che il settore della comunicazione non resti un campo di gossip e di disquisizioni di forze, ma una rampa di lancio di formazione. Sappi che il nostro Osservatorio TuttiMedia resta un laboratorio di allerta e di approfondimento.
Un caro saluto
Paolo