Intervento di Andrea Cristallini (Communications Manager Google) al corso di formazione dal titolo: “Da Internet all’Intelligenza Artificiale Generativa: giornali e giornalisti alla sfida della creatività” organizzato dall’Osservatorio TuttiMedia in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti.
“Condivido una storia che semplifica bene che relazione ci può essere tra giornalismo e tecnologie. Cinque anni fa Google ha avviato con la London School of Economics un progetto che si chiama “Journalism and AI”, per capire come questa tecnologia avrebbe penetrato il mondo del giornalismo. La premessa è che Google, che già nel 2016 utilizzava l’IA, ha avuto subito l’obiettivo di diventare “una AI first company”, che significa mettere al primo posto l’intelligenza artificiale per animare tutte le attività e i prodotti.
Nel 2018, dopo meno di due anni, Google stabilisce anche dei principi etici per l’uso dell’IA ed avvia il progetto con la London School.
Il principale obiettivo è fare il punto della situazione dell’utilizzo dell’IA nelle redazioni con una ricerca che coinvolge 70 redazioni nel mondo, in 30 paesi. Fra questi c’è anche l’Italia.
I primi report dicono che le macchine non sostituiranno i giornalisti, perché servono competenze esclusive degli uomini, come l’individuazione di una notizia e la ricostruzione dei fatti. Ma diviene anche chiaro che quasi nessuna redazione ha una strategia per l’AI.
Le aree di utilizzo dell’AI sono la raccolta delle informazioni, la produzione delle informazioni soprattutto per gli articoli di sport e finanza, dove i dati sono particolarmente importanti, e la distribuzione, ovvero la possibilità di raggiungere i lettori nel modo migliore con contenuti più adatti a seconda del pubblico. Con Google News Initiative, un altro progetto durato molti anni, il motore di ricerca ha puntato alla collaborazione e finanziato progetti diANSA, AvvenireeIl Messaggero.
Dopo la ricerca inizia la fase della disseminazione culturale e della formazione dedicata all’AI e ai suoi usi, condividere gli esempi di successo è una pratica utile.
L’anno scorso, la ricerca è stata riproposta, ma questa volta coinvolgendo 100 testate e 50 paesi. Il risultato, confrontato con quello di cinque anni prima, conferma alcuni aspetti, ma emerge che l’AI può sostenere il lavoro del giornalista ma ancora manca la strategia, ovvero come applicare quanto si apprende. Servono linnee guida, ruoli di responsabilità, ovvero chi si occupa di cosa e in che modo i giornalisti devono collaborare con chi conosce la tecnologia.
Per quanto riguarda le questioni aperte e sensibili come quelle etiche sugli utilizzi dell’IA, l’Europa è molto avanti e sta lavorando sulla definizione delle regole con l’AI Act, regolamentazione internazionale. L’ultimo punto è quello culturale, l’Italia ha una grande storia, Italo Calvino ha scritto “Cibernetica e fantasmi” nel 1969 e Primo Levi “Il Versificatore” trasmesso dalla Rai. Ora bisogna puntare all’equilibrio dei valori, da un lato quelli del giornalismo e dall’altro quelli della tecnologia e per questo la formazione è determinante: l’IA è la nuova frontiera, bisogna capire come integrarla, non cambierà il lavoro ma cambierà il modo in cui verranno svolte alcune attività.
Condivido una storia che semplifica bene che relazione ci può essere tra giornalismo e tecnologie. Cinque anni fa Google ha avviato con la London School of Economics un progetto che si chiama “Journalism and AI”, per capire come questa tecnologia avrebbe penetrato il mondo del giornalismo. La premessa è che Google, che già nel 2016 utilizzava l’IA, ha avuto subito l’obiettivo di diventare “una AI first company”, che significa mettere al primo posto l’intelligenza artificiale per animare tutte le attività e i prodotti.
Nel 2018, dopo meno di due anni, Google stabilisce anche dei principi etici per l’uso dell’IA ed avvia il progetto con la London School.
Il principale obiettivo è fare il punto della situazione dell’utilizzo dell’IA nelle redazioni con una ricerca che coinvolge 70 redazioni nel mondo, in 30 paesi. Fra questi c’è anche l’Italia.
I primi report dicono che le macchine non sostituiranno i giornalisti, perché servono competenze esclusive degli uomini, come l’individuazione di una notizia e la ricostruzione dei fatti. Ma diviene anche chiaro che quasi nessuna redazione ha una strategia per l’AI.
Le aree di utilizzo dell’AI sono la raccolta delle informazioni, la produzione delle informazioni soprattutto per gli articoli di sport e finanza, dove i dati sono particolarmente importanti, e la distribuzione, ovvero la possibilità di raggiungere i lettori nel modo migliore con contenuti più adatti a seconda del pubblico. Con Google News Initiative, un altro progetto durato molti anni, il motore di ricerca ha puntato alla collaborazione e finanziato progetti diANSA, AvvenireeIl Messaggero.
Dopo la ricerca inizia la fase della disseminazione culturale e della formazione dedicata all’AI e ai suoi usi, condividere gli esempi di successo è una pratica utile.
L’anno scorso, la ricerca è stata riproposta, ma questa volta coinvolgendo 100 testate e 50 paesi. Il risultato, confrontato con quello di cinque anni prima, conferma alcuni aspetti, ma emerge che l’AI può sostenere il lavoro del giornalista ma ancora manca la strategia, ovvero come applicare quanto si apprende. Servono linnee guida, ruoli di responsabilità, ovvero chi si occupa di cosa e in che modo i giornalisti devono collaborare con chi conosce la tecnologia.
Per quanto riguarda le questioni aperte e sensibili come quelle etiche sugli utilizzi dell’IA, l’Europa è molto avanti e sta lavorando sulla definizione delle regole con l’AI Act, regolamentazione internazionale. L’ultimo punto è quello culturale, l’Italia ha una grande storia, Italo Calvino ha scritto “Cibernetica e fantasmi” nel 1969 e Primo Levi “Il Versificatore” trasmesso dalla Rai. Ora bisogna puntare all’equilibrio dei valori, da un lato quelli del giornalismo e dall’altro quelli della tecnologia e per questo la formazione è determinante: l’IA è la nuova frontiera, bisogna capire come integrarla, non cambierà il lavoro ma cambierà il modo in cui verranno svolte alcune attività”.