Caro Giulio,
il nostro Draghi, il 15 febbraio, ha infilzato l’establishement economico del mondo liberale con una lezione magistrale, in occasione della Conferenza del Nabe di Washington. Ben ricco di spunti storici dell’economia, in sostanza Draghi ha detto che la globalizzazione si proponeva di diffondere benessere e sicurezza, ma ci è riuscita solo in parte. E’ mancato il rispetto di regole condivise dalle strutture internazionali, senza il quale sono sorti squilibri economici. Le governances sono state fragili e le disuguaglianze tra Paesi e tra cittadini sono perfino aumentate. Testualmente: “Di fronte a mercati del lavoro fiacchi, investimenti pubblici in calo, diminuzione della quota di manodopera e delocalizzazione dei posti di lavoro, ampi segmenti dell’opinione pubblica dei Paesi occidentali si sono giustamente sentiti ‘lasciati indietro’ dalla globalizzazione. Di conseguenza, contrariamente alle aspettative iniziali, la globalizzazione non solo non ha diffuso i valori liberali, perché la democrazia e la libertà non viaggiano necessariamente con i beni e i servizi, ma li ha anche indeboliti nei Paesi che ne erano i più forti sostenitori, alimentando invece l’ascesa di forze orientate verso l’interno”.
La politica monetaria non basta più a proteggere le economie nazionali se la politica fiscale non è stabile. Occorre fra loro una interconnessione. Pandemia, guerre e allarmi climatici hanno ulteriormente complicato e frazionato le relazioni commerciali e gli interventi comuni. Bisogna ricostruire il sistema con provvedimenti fiscali più adatti, fare investimenti con debiti collettivi che sostengano le economie più deboli, confrontarsi in maniera più decisa con gli Stati che agiscono in modo egocentrico, distribuire più equamente alle persone i vantaggi della globalizzazione e garantire una sicurezza economica. Le risorse tecnologiche e l’utilizzo di una intelligenza artificiale estesa possono aiutare. Come sai, Giulio, anche Francesco Giavazzi qui da noi sostiene l’utilità di un debito pubblico europeo comune che possa riallineare costi e benefici. Dobbiamo discuterne.
Intanto quello di Draghi è stato un affondo potente ai gestori della politica e del capitalismo mondiale e un allarme lanciato verso alcune situazioni di gran rischio.
Ora, al nostro Draghi non manca la visione strategica e all’occorrenza anche un’efficienza tattica (che non sappiamo se l’Unione Europea gli affiderà). Purtroppo sembra che al momento gli manchi una squadra di colleghi robusti, mentre le trame, i complotti e gli arroccamenti imperversano nei confini europei e fuori. Sembra che dittature e populismi preferiscano il disordine per proteggere le proprie autonomie. Ne sono esempi quei mass media e quei social media che sostengono un pluralismo dalla lunga coda, farcito di incompetenza e fake news. Sembra più facile divergere invece che convergere, blaterare invece che discutere.
Ma i cittadini – sempre parole di Draghi – conoscono bene il valore della nostra democrazia e ciò che ci ha dato negli ultimi ottant’anni. Vogliono preservarla. Vogliono essere inclusi e valorizzati al suo interno. Spetta ai leader e ai politici ascoltare, capire e agire insieme per progettare il nostro futuro comune”.
Quel che ci servirebbe adesso è dare un mandato parlamentare a Draghi, per le vie della democrazia, così alla competenza tecnica professionale può aggiungere a pieno titolo quella politica. Caro Giulio, come dice lui: ci vogliono ‘azioni coraggiose’, a presto, ciao!
Paolo
(Il discorso originale inglese di Draghi al Nabe – National Association for Business Economics: https://files.constantcontact.com/668faa28001/a33105a7-25c1-4102-9a8e-f7becb95e8c3.pdf)
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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it