Lettera aperta di Paolo Lutteri –21 marzo 2024
Cara Daniela,
stavamo meglio ieri o staremo meglio domani? Vivendo una volta sola, dobbiamo pensare all’oggi. Mi chiedi della decadenza della cultura nel mondo di oggi. Alludi senz’altro alla cultura classica, quella che da noi si ispira ai valori dell’estetica fondata sul bello, sul verosimile e su una morale ‘cristiana’. Beh, confermo che quello che abbiamo imparato dalle nostre famiglie tradizionali e che abbiamo studiato nella storia dell’antichità sta scomparendo dal panorama di oggi. Greco e latino, religione e filosofia ispirano cultura molto meno della tecnologia, del consumo dei beni, del possesso di denaro o di immobili. Il mercato delle cose e i prodotti status-symbol e le protesi tecniche (l’auto e il telefonino per cominciare) hanno sostituito nelle giovani generazioni le discussioni sulla morale e sul piacere. Nel nostro mondo liberista occidentale, sostanzialmente laico anche per chi si dichiara religioso, governato tramite un potere mass-mediatico, la cultura è frammentata in mille rivoli, agitata da social network non-sense, da relazioni di interesse, da esibizioni provocanti, da creatività scandalistiche, da mode di breve durata, da valori monetari.
Mille valenze, intensa e sbriciolata partecipazione emotiva, poche percentuali da condividere in comune. Poiché la platea del pubblico è sostanzialmente pecorona, chi traina la cultura sono spesso gli influencers, fate e pifferai, sedicenti politici e critici sui massmedia, sedicenti esperti di costume sui social. Gli effetti sono evidenti: non si riesce ad andare d’accordo, le diversità sono accentuate, le contraddizioni messe sotto i riflettori. Insieme alla cultura anche la morale e la democrazia degli intellettuali finiscono in crisi. I governanti cercano consensi, ci sono più megafoni da imbonitori e opportunità d’affari per gli elettori che scuole per la formazione dei cittadini. Così metà della popolazione rinuncia a votare.
Decadenza? Mah! Forse è solo cambiamento negli ineluttabili passaggi generazionali, che comprendono morti e feriti. In musica siamo passati dalle sinfonie da ascoltare ai ritmi rock-hop-trap da trillare insieme. I valori ideologici sono ridotti al consumo del quotidiano. E’ un trauma perché ci disorganizza i pensieri ancorati al passato. E’ un trauma controllato se razionalizzi i perché dell’oggi.
Ci sarebbero un paio di ragioni positive per comprendere e apprezzare il cambiamento. La prima è che la base dell’istruzione si è allargata negli ultimi 80 anni. L’analfabetismo è molto ridotto, la partecipazione popolare è aumentata, la realizzazione di infrastrutture culturali (biblioteche, mostre, musei, convegni, concerti, cortei …) è più larga, le conoscenze del mondo, anche internazionale, sono molto diffuse, fake news permettendo.
La seconda è che il riferimento dell’organizzazione sociale, fondamentale per la sopravvivenza, è diventata la tecnologia: i tempi, gli spazi, le misure, i sensori, la velocità, le frequenze, le agende a breve, i calcoli, gli algoritmi. Quindi: la digitalizzazione, i computer, i dispositivi, l’equipaggiamento tecnico. Tra poco tutto sarà ‘indossabile’ e l’intelligenza artificiale potrebbe guidare anche i processi burocratici in modo più efficiente. Sempre che chi sta nei centri di comando sia personale di servizio non criminale.
Queste due ragioni hanno allargato il ventaglio delle opportunità di vita, complicato il meccanismo delle priorità, sparpagliato le omogeneità. Così come la morale e l’estetica, l’arte e la cultura potrebbero diventare solo soprammobili, colori di accompagnamento allo sviluppo della sfera economica individuale. Ci sta? Mah!
Prima che questi interessi egotici prevalgano, degenerando la civiltà comune, dovremmo fare un investimento sulla formazione scolastica, magari abolendo le lezioni di latino ma non quelle di storia e di educazione civica. Ci sta! Ciao Dani, ti abbraccio!
Paolo