Nel mio spazio oggi segnalo l’articolo del collega Francesco Ferrigno sulla classifica mondiale dedicata alla libertà di stampa che è più minacciata anche dagli algoritmi, come scrivo nel mio articolo “I giornalisti a difesa della parola” che aiuta a pensare.

Classifica RSF

Una cosa appare chiara nella Classifica mondiale della libertà di stampa elaborata da Report Senza Frontiere per il 2024: la libertà di stampa è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti, ovvero le autorità politiche. Tra i cinque indicatori che compongono i punteggi dei Paesi, l’indicatore politico è quello che diminuisce maggiormente nel 2024, con un calo complessivo di 7,6 punti.

“Gli stati e le forze politiche, qualunque sia il loro schieramento, svolgono sempre meno il loro ruolo nella protezione della libertà di stampa. – ha detto Anne Bocandé, direttore editoriale di Rsf -. Questa mancanza di responsabilità va talvolta di pari passo con la messa in discussione del ruolo dei giornalisti, o addirittura con la strumentalizzazione dei media in campagne di molestie o di disinformazione. Il giornalismo degno di questo nome è, al contrario, la condizione di un sistema democratico”.

Poca protezione ai giornalisti

A livello internazionale, quest’anno, è degno di nota per una chiara mancanza di volontà politica da parte della comunità internazionale di far rispettare i principi di protezione dei giornalisti. La guerra a Gaza è stata segnata da un numero record di abusi commessi contro giornalisti e media dall’ottobre 2023: più di 100 reporter palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano, di cui almeno 22 nell’esercizio delle loro funzioni. In questa classifica Rsf del 2024, la Palestina (157esima), occupata e sotto le bombe israeliane, diventa uno degli ultimi dieci Paesi al mondo in termini di sicurezza per i giornalisti.

Sebbene il 2024 sia l’anno elettorale più importante della storia mondiale, il 2023 ha visto anche lo svolgimento di elezioni decisive, soprattutto in America Latina, con l’avvento al potere di presunti predatori della libertà di stampa e della pluralità dell’informazione, come Javier Milei in Argentina che, con un atto simbolico preoccupante, ha chiuso la più grande agenzia di stampa del Paese.

AI preoccupa

L’uso dell’Intelligenza Artificiale in un contesto di non regolamentazione poi è motivo di preoccupazione. I deepfake occupano ora una posizione di primo piano nell’influenzare il corso delle elezioni. Ciò è dimostrato dall’audio deepfake di cui è stata vittima la giornalista Monika Todova, durante le elezioni legislative in Slovacchia, uno dei primi casi documentati di questo tipo di attacco contro un giornalista con l’obiettivo di influenzare un partito democratico.

“Alcuni gruppi politici alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli o minacciandoli – scrive l’Rsf -. Altri stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia dei media pubblici, che sono passati sotto il loro controllo, sia dei media privati, tramite acquisizioni da parte di uomini d’affari amichevoli. L’Italia (46esima) di Giorgia Meloni, dove un deputato di maggioranza punta ad acquisire la seconda agenzia di stampa del Paese (Agi), perde quest’anno cinque posizioni”.

Le forze politiche svolgono regolarmente il ruolo di canali di diffusione o addirittura di istigatori di campagne di disinformazione. In più di tre quarti dei paesi del mondo valutati dalla classifica (138 paesi), la maggior parte degli intervistati al questionario riferisce un coinvolgimento regolare di attori politici nel proprio paese in campagne di propaganda o disinformazione. Un coinvolgimento definito “sistematico” in 31 Paesi.

Libertà di stampa

Il calo generale dell’indicatore politico colpisce anche i primi tre indicatori di questo indice mondiale sulla libertà di stampa. La Norvegia, che rimane al primo posto, vede diminuire il suo punteggio in questo ambito, e l’Irlanda (8a), dove le intimidazioni giudiziarie da parte di gruppi politici prendono di mira i media, cede la sua posizione di leader nell’Unione europea alla Danimarca (2a), seguita dalla Svezia (3a).

In coda alla classifica, i paesi asiatici come Cina, Vietnam e Corea del Nord cedono il passo a tre paesi che hanno visto crollare il loro indicatore politico: l’Afghanistan (-44 posti a livello politico) che continua a reprimere il giornalismo dal ritorno in potere dei talebani, Siria (-8 posti politici) ed Eritrea (ultimo posto assoluto e ultimo posto politico, -9 posti) – due Paesi che sono diventati zone senza legge per i media, con un numero record di giornalisti detenuti, scomparsi o ostaggi .

La regione del Maghreb e del Medio Oriente è quella in cui la situazione è più grave secondo l’indice sulla libertà di stampa 2024. Segue la regione dell’Asia-Pacifico, dove il giornalismo soffoca sotto il peso dei regimi autoritari. In Africa, anche se meno del 10% del territorio si trova in una situazione “molto grave”, quasi la metà dei Paesi si trova in una situazione “difficile”. In tutte le regioni del mondo, le prossime elezioni fanno presagire una pressione molto forte sui giornalisti.

 

 

 

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Francesco Ferrigno
Giornalista, esperto di comunicazione, copywriter. Laureato in Scienze della Comunicazione e successivamente specializzato in digital journalism e content marketing. Collabora con diversi quotidiani, portali web e agenzie di comunicazione, tra cui Media 2000, Antimafia 2000, iGv Network, Il Mattino.