Caro Gianni e caro Marco,
ci vediamo di rado, ma vi penso. Studiamo la storia: il materiale c’è. La democrazia, anche se imperfetta, cresce con la conoscenza. Fiumi d’inchiostro e miniere di reperti, ai quali possiamo aggiungere memorie digitali, archivi istantanei, informazioni ufficiali, controinformazioni, interpretazioni alternative.
Ma le occasioni per lo studio sono limitate. Le nostre agende prevedono ritmi serrati di vita, guidati perlopiù da occupazioni prioritarie e consumi: il lavoro, lo shopping, pranzi e cene, lo sport, l’intrattenimento, i viaggi, gli incontri, le relazioni sociali, le libidini e il sonno. Certamente c’è anche chi pensa o scrive, o recita copioni scolastici o politici. E ci sono i ritagli di tempo, terribili, nei quali ficcare una marea di attenzioni piccole ma fondamentali (la salute, la gestione del denaro, il pagamento delle bollette, la visita parenti …). Così quando siamo coinvolti dalle discussioni globali, finiamo spesso per dar retta a quel che ci passano i media o gli influencers (anche quelli più scalcinati). Ha ragione il governo o l’opposizione? Han ragione i Palestinesi o gli Israeliani? Normalmente c’è chi decide anche per noi. Tutti siamo influenzati dai tempi e dalle pressioni dell’attualità e comunque siamo perlopiù subordinati o funzionari con ‘le mani legate’. Tuttavia il concetto di diritti dell’uomo ha preso punti nella storia della civiltà. Anche se sottoposto alle priorità generali degli Stati, la tutela della natura originaria dell’individuo è viva e cresce presso l’opinione pubblica. Alla Corte internazionale dell’Aja (ICC) indagano e sentenziano sui crimini contro l’umanità, prodotti di ideologie diverse. Non importa se le grandi potenze si astengono. Sappiamo che il colonialismo non è finito, ognuno sostiene le sue ragioni. La sociologia dei governanti ha limato il concetto di schiavi e sudditi, meglio chiamarli collaboratori e elettori. I colori della pelle attivano ancora reticenze di inclusione, ma molto meno che in passato. Anche i generi sessuali diversificati cominciano ad essere accettati.
Dò atto al mondo mediatico di aver fortemente contribuito a una grande diffusione e mescolanza di idee, atteggiamenti, comportamenti. Non solo stampa, ma cinematografi, televisione, letteratura, eventi di musica e sport.
Per esempio: il Festival di Sanremo, ma anche il Giro d’Italia del prode patron Vincenzo Torriani hanno fortemente contribuito ad avvicinare Sud e Nord, campagne e città, separati da pregiudizi antichi, così come la lingua televisiva ha avuto il merito di far capire l’italiano in tutte le aree dialettali. Brava anche la scuola, ma la potenza dei media è stata determinante. Oggi i media e i social, nonostante siano ricchi di fake news, sono sempre in testa per raccontarci quel che succede, anche le contestazioni ai governi, le manifestazioni di protesta, i casi individuali di repressione o ingiustizia. Non è proprio così per tutti dappertutto, ma la rivoluzione digitale ha portato la possibilità di informare senza limiti. Uno spazio di conoscenza libera ce lo ha aperto. Con merito e con non pochi difetti.
La tv italiana, pubblica e privata, ha messo in luce sentimenti familiari e costumi con le semplici fiction tipo ‘Un posto al sole’, ‘Il medico in famiglia’ (solo due esempi fra tanti) e qua e là con le fiction romantiche o poliziesche ambientate in giro per l’Italia. Un modo per condividere località e culture. A livello internazionale anche le major Usa hanno ben propagandato una cultura popolare sugli schermi di tutti i Paesi, film telefilm soap opera, in qualche modo fungendo da magnete per la scelta delle opinioni politiche e di stili di vita. Da Disney a Beautiful a Succession, alle crime-series di successo, alla fanta-geopolitica. E adesso sono arrivate anche i Netflix, Amazon, Warner, Paramount per intrattenere il pubblico in stile americano.
Beh, cari Gianni e Marco, il colonialismo oggi si fa anche con i media. Noi italiani abbiamo spedito nel mondo la Piovra, Montalbano e Gomorra; ma non vorrei che questa semplificazione distorcesse troppo la realtà visto che all’estero apprezzano anche tanta bella nostra musica (da Verdi ai Manneskin) e tanti successi sportivi (vedi lo spettacolo dei recenti Europei di Atletica da Roma e il Giro d’Italia 2024 che pare abbia raggiunto nel mondo quasi 700 milioni di spettatori). La nostra storia italiana si fa sentire.
Cari Gianni e Marco, grazie per la cultura sportiva, apprezzata e senza confini, che con le vostre famiglie avete contributo a produrre. Un abbraccio a tutti
Paolo
Articolo precedenteUPA Academy: calendario corsi brevi settembre-ottobre 2024 (retail media e AI)
Articolo successivoNYCANTA: intervista al Direttore Artistico Maestro Cesare Rascel
Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it