La diplomazia pesta nel mortaio di formule trite e di auto-compiacimenti per castelli di parole spacciati per successi. Sui fronti delle guerre, si muove qualcosa solo in Medio Oriente – e per dinamiche essenzialmente interne al campo israeliano -, mentre i negoziati fluttuano nell’incertezza. In Ucraina, nulla accade, a parte la tragica litania di morti (anche civili) ammazzati nei combattimenti in prima linea e dai bombardamenti nelle retrovie; e la Russia consolida i suoi legami con Paesi alternativi allo schieramento occidentale – e, in concreto, ottiene le munizioni di cui ha bisogno -.
Il presidente Vladimir Putin va in Corea del Nord e restituisce la visita fattagli lo scorso anno dal dittatore nord-coreano Kim Jong-un: obiettivo, una accresciuta cooperazione per contrare l’effetto delle sanzioni che colpiscono entrambi i Paesi nel confronto inasprito con gli Usa e con l’Occidente. E la marina di Mosca fa vedere la bandiera nei Caraibi con una visita a Cuba che evoca la crisi dei missili dell’ottobre del 1962, che portò Usa e Urss sull’orlo dell’olocausto nucleare.
Di pace ne esce ben poca, dalla staffetta dei Vertici: dal G7 in Puglia all’incontro in Svizzera, sul lago dei Quattro Cantoni, al consulto fra i leader deì 27 lunedì a Bruxelles, il primo dopo le elezioni europee. Nelle dichiarazioni diffuse ad appuntamenti finiti, c’è retorica a bizzeffe e poco altro: la legge dei Vertici è che i documenti più sono lunghi meno sono significativi (e il G7 in Puglia ne produce uno di 36 pagine).
Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in Svizzera “si fa la storia”. Ma le conclusioni della conferenza, cui partecipano oltre 90 Paesi, per lo più occidentali o filo-occidentali, non fanno l’unanimità: 80 delegazioni circa lo avallano, una dozzina no; w quella dozzina, che ha dentro India, Indonesia, SudAfrica, Brasile, Messico, pesa demograficamente di più di tutti gli altri.
Il Vertice della Pace si conclude con l’impegno a farne un altro. Che, magari, se ci saranno la Russia e la Cina, questa volta assenti, sarà una cosa seria. Quando? Per i più ottimisti “prima di novembre”, cioè prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Berna lo ospiterà, ma bisogna prima vedere l’evolvere dei rapporti di forza sul terreno e degli sviluppi diplomatici.
E la guerra tra Israele e Hamas? La diplomazia dei Grandi s’astiene, consscia di non cavarne un ragno dal buco. Lascia fare in sordina a Usa, Egitto e Qatar.
Guerre: Medio Oriente, frizioni in Israele tra politici e militari
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu scioglie il gabinetto di guerra, dopo che un leader dell’opposizione, Benny Gantz, se n’era dimesso: Netanyahu evita così di farvi entrare esponenti dell’estrema-destra della sua maggioranza. Quasi contemporaneamente, i militari annunciano “pause tattiche” di 11 ore al giorno dell’attività bellica lungo una strada a sud della Striscia di Gaza, per consentire l’ingresso e la distribuzione degli aiuti umanitari.
Le reazioni politiche agli annunci militari lasciano intravvedere una certa cacofonia: la mossa pare cogliere di sorpresa e irritare il governo. I generali puntualizzano che ciò non significa la fine dell’offensiva a Rafah, che si sta però avvicinando alla conclusione coi risultati raggiunti: la distruzione delle inrastrutture di Hamas e il taglio dei rifornimenti di armi e munizioni che arrivavano dall’Egitto attraverso i tunnel.
Il conflitto starebbe, quindi, evolvendo verso una fase meno intensa di bombardamenti e combattimenti. La transizione a operazioni militari più mirate darà respiro ai civili, da quasi nove mesi costretti a vivere sulla linea del fuoco e in condizioni “indicibili”, secondo agenzie dell’Onu e organizzazioni umanitarie.
Ma le cronache registrano ancora lutti e orrori. Le forse armate ustareliane negano di avere colpito un’area sicura nel sud della Striscia, in località Al-Maeasiu dove si addensano oltre mezzo milione di palestinesi spinti dagli istraeliani a concentrarsi nelle sone umanitarie che dovrebbero essere esenti da attacchi. Sempre nel sud della Striscia, Israele perde otto soldati in una singola operazione: è l’attacco più letale da mesi condotto dai miliziani di Hamas.
La notizia riaccende, in Israele, le richieste di un cessate-il-fuoco e le proteste per l’esenzione degli ebrei ultra-ortodossi dal servizio militare. La guerra, innescata dalle azioni terroristiche di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre – 1200 le vittime –, ha fatto quasi 37 mila vittime a Gaza, soprattutto donne e bambini, e provoca focolai di tensione cruenti in CisGiordania e al confine tra Libano e Israele. Resta il nodo degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, non è chiaro dive e da chi: sarebbero ancora 120, ma si ignora quanti di essi siano ancora vivi.
Le trattative per una tregua duratura in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi proseguono sotto traccia, dopo che Hamas ha posto alcune condizioni al sì alle proposte israeliane. Gli Stati Uniti hanno avvicendato la loro presenza diplomatica nella Regione.
Guerre: punto, Ucraina, le mosse di Mosca militari e diplomatiche
Nei giorni dei Vertici, Mosca rivendica la presa d’una città nel sud dell’Ucraina: Zagirne, nell’area di Zaporizhzhia; Kiev non smentisce. E il presidente russo Vladimir Putin mette una proposta sul tavolo: “Subito un cessate-il-fuoco, se l’Ucraina rinuncia ale quattro regioni annesse e all’ingresso nella Nato”.
Dalla Puglia, si leva un coro di no, cui fa poi eco un coro di no dalla Svizzera. Zelensky respinge la proposta di Putin: è – dice – “un ultimatum”, accettarla sarebbe una resa. A Vertici conclusi, Zelensky esulta: cita il “chiaro sostegno all’Ucraina” espresso sia in Puglia che in Svizzera, e gli impegni per nuovi aiuti. Mosca è gelidamente minacciosa: “E’ un passo che non porterà niente di buono”, né all’Ucraina né all’Occidente.
I Vertici, di nuovo, producono solo una raffica di sanzioni contro Mosca e contro chi sta con Mosca, a partire dall’uso degli extra-profitti derivanti dai beni russi sequestrati: proposta americana, che gli europei accettano un po’ ‘obtorto collo’, temendone contraccolpi; e i cui dettagli, comunque, devono essere ancora definiti – si parla di un fondo da 50 miliardi di dollari a favore di Kiev da sbloccare entro l’anno -.
In vista del Vertice della Pace 2, se e quando ci sarà, la Svizzera chiarisce d’essere pronta ad accogliere Putin senza arrestarlo, nonostante su di lui penda un mandato di cattura internazionale della Corte di Giustizia dell’Onu.
Guerre: punto, Ucraina, Biden e Zelensky firmano un patto di sicurezza
Al G7, il presidente Usa Joe Biden ha presentato ai suoi partner una gamma di 300 nuove misure per isolare ulteriormente la Russia (penalizzando chi fa affari con lei) e limitare ancora gli introiti del Cremlino.
Dopo un bilaterale con Zelensky, Biden firma un patto di sicurezza con l’Ucraina: è l’unica notizia che fa scattare i campanelli delle ‘breaking news’ nelle redazioni statunitensi, Puglia e Svizzera sommate insieme.
Il patto impegna gli Stati Uniti a continuare ad addestrare per i prossimi dieci anni le forze armate ucraine; ad approfondire la cooperazione nella produzione di armi e di equipaggiamenti militari; ed a proseguire la fornitura di assistenza militare e informazioni d’intelligence.
L’accordo Usa/Ucraina può essere un elemento di frizione ulteriore con la Russia, ma potrebbe anche rivelarsi utile a ridurre le tensioni con Mosca: il patto, infatti, potrebbe cpostituire un’alternativa all’adesione dell’Ucraina alla Nato, essendole già garantita la copertura di sicurezza americana.
Ma ci sono punti da chiarire. L’accordo non è un trattato e non è quindi sottoposto alla ratifica dal Congresso, dove oggi, nel clima di campagna elettorale, potrebbe incontrare ostacoli. Questo significa, osserva il Washington Post, che qualsiasi futuro presidente degli Stati Uniti potrà cancellarlo, anche se l’intesa decennale mira a impegnare le future Amministrazioni degli Stati Uniti a sostenere l’Ucraina ed a creare la cornice per uno sforzo americano a lungo termine per aiutare, sostenere e sviluppare le forze armate ucraine.
Non è ovviamente escluso che l’intesa trascenda le divisioni politiche all’interno degli Stati Uniti. Ma, d’altra parte, non è neppure escluso che Donald Trump o altri per lui si chiami fuori dal patto.
Guerre: punto, Ucraina, sostegno Ue resta, nonostante gli scossoni politici
Il doppio appuntamento G7 e Vertice della Pace conferma la solidità del sostegno dell’Occidente all’Ucraina, nonostante l’Ue viva un momento di grandi incertezze politiche, dopo le elezioni europee.
Il voto dà uno scossone agli equilibri politici tedeschi: i partiti al governo escono tutti pesantemente sconfitti; i cristiano-sociali hanno vinto; i neo-nazisti dell’AdF sono diventati la seconda forza. In Francia, il successo della destra è così netto che il presidente Emmanuel Macron, il leader europeo più determinato a sostenere l’Ucraina, indice le elezioni – primo turno il 30 giugno, ballottaggio il 7 luglio. Anche in Gran Bretagna l’appuntamento elettorale è imminente, il 4 luglio.
Per gli analisti della Cnn e di Politico, gli appuntamenti europei di questi giorni, con leader indotti ad equilibrismi per restare in sella, meritavano questo titolo: “Sei anatre zoppe e Giorgia Meloni”.
In queste condizioni, era impossibile attendersi sviluppi significativi su qualsiasi fronte dal G7, che ha infatti prodotto riflessioni stimolanti ma zero decisioni sull’intelligenza artificiale, con lo straordinario contributo di Papa Francesco; passi indietro rispetto all’anno scorso sui diritti, motivo di frizione fra presidenza di turno italiana e Francia; affermazioni ripetitive sull’economia e sui commerci, sulla democrazia e sull’immigrazione. L’Italia ha presentato il suo Piano Mattei per l’Africa, ricevendo dai Grandi incoraggiamenti di circostanza.
Un punto a favore di Kiev è la decisione dei 27, presa lunedì e formalizzata il 21, di aprire il negoziato per l’adesione all’Ue di Ucraina e Moldova. Ma il dossier, nel semestre di presidenza di turno dell’Ungheria del Consiglio dei Ministri dell’Ue, dal 1° luglio, subirà battute d’’arresto, perché Budapest frena. Per avere un’idea del tono che il premier Viktor Orban vuole dare al semestre ungherese, basta lo slogan: ‘Make Europe great again’ – Trump docet -.