Caro Tiziano,
già sui banchi del liceo brillavi per acume e dialettica. Adesso che sei adulto e scienziato puoi aiutare me e gli antichi compagni di scuola a capire qualcosa in più. Anzi, poiché i compagni sono ormai tutti grandi professionisti e già da piccoli dimostravano attitudine alla letteratura, alla matematica e alla filosofia, potranno aiutarci tutti su questo argomento. Se ci leggono, che si sentano coinvolti per ogni prosieguo.
Il tema è quello dell’intelligenza artificiale generativa, apparentemente grande risultato tecnologico delle imprese di informatica digitale. Secondo me: un’eccellente iniziativa di marketing cibernetico, grazie ad una velocità di computazione e aggregazione che fino a poco fa non c’era.
Questi computer che producono risultati teorici e operativi di altissimo interesse, sono creativi o no? Forse sì, forse no. Io propendo per il no. Infatti: costruire un algoritmo è un procedimento meccanico, come disegnare un’equazione. Chi la realizza è certamente bravo decifratore. Ha scoperto una formula, non è che l’abbia creata. E = mc2è un’interpretazione eccellente delle forze naturali. Einstein l’ha scritta e descritta, non è che l’abbia creata dal nulla. Meglio dire che ha codificato una scoperta di quanto esisteva già in natura. Bravo! Più perspicace di altri. Non dico ‘più intelligente’ per evitare un aggettivo equivoco.
Così penso che le conclusioni di una complessa operazione di ‘intelligenza’ artificiale con i computer siano il risultato di un’analisi dei dati estremamente larga e estremamente veloce, ma non generino qualcosa di nuovo che prima non c’era. Generano qualcosa che prima non poteva essere descritto perché le risorse di dati e i tempi di elaborazione non erano sufficienti. Quindi questi computer ‘intelligenti’ sono macchine efficienti ma non creano niente, mettono solo insieme dei dati e semplificano i percorsi di conoscenza umana che di solito sono lunghi. Non sono sicuro che quel che ho scritto sia del tutto vero. Può darsi che qualche meccanismo ‘creativo’ sia possibile. Tu che dici?
Il bello della mia riflessione arriva adesso. Anche il nostro cervello è una macchina bioelettrica di questo tipo? Ovvero: non crea niente, al massimo ricerca e costruisce strumenti di conoscenza e assembla neurologicamente conclusioni di comportamento o ipotesi scientifiche? E come i computer si affida più alla probabilità che alle certezze culturali della sua memoria? Pare che anche le scoperte della fisica quantistica, a livello subatomico o cosmico, siano più affidate alla probabilità del caso che alla necessità della logica. Oppure: quella dose di emotività cerebrale, che i computer non hanno, dà il tocco creativo ai progetti? Sono endorfine e ormoni che fanno creatività? Nell’arte vi sono stili creativi inavvicinabili per un’intelligenza artificiale: surrealismo, dadaismo… ma anche ironia e satira letteraria. Il computer può copiare e scarabocchiarci sopra con buoni risultati estetici, ma si ferma lì. O no?
Per il momento non ho conclusioni certe, anzi sono confuso, ma mi pare che l’intelligenza cosiddetta artificiale sia solo una formidabile, ma meccanica, capacità di analisi, calcolo e assemblaggio di dati, secondo statistiche e livelli di probabilità, mentre al cervello umano potrebbe attenere una facoltà neurologica più complessa ed effettivamente creativa, con risvolti morali (differenziati secondo cultura ed educazione ricevuta) e magari con frequenti errori di calcolo (stress, crisi e patologie cliniche che le macchine matematiche non hanno). Forse.
Non è ovviamente solo questione di parole. Non so se mi sono spiegato, anche perché sono tech-incompetente. Torno a chiedere l’aiuto tuo e dei compagni per ogni correzione utile, per indagare, discutere e capire meglio.
Un saluto affettuoso, come mai un robot potrebbe mandarti.
Paolo
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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it