Nei giorni scorsi è stata presentata e discussa alla Luiss una tesi di laurea magistrale dal titolo intrigante: “Ridere con i Chatbot: un’analisi sulle strategie umoristiche per massimizzare la soddisfazione del cliente. Età, stili e successi nell’ umorismo virtuale”. Autore della tesi Cristiano Maurizi, 23 anni, di Roma; relatore il prof. Luigi Monsurrò, docente di marketing e titolare di un corso sull’Analisi del comportamento d’acquisto.
I chatbot – come è noto – sono programmi informatici progettati per interagire con gli utenti attraverso una conversazione in linguaggio naturale. Utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale e di elaborazione del linguaggio naturale.
Cristiano Maurizi ha concentrato la sua ricerca su come l’autoironia dei chatbot possa influenzare positivamente l’esperienza del consumatore, specialmente quando si tratti di affrontare situazioni critiche come i problemi di services recovery. Sono situazioni in cui i consumatori, da un lato sono sempre più esigenti e si aspettano un servizio rapido, personalizzato e accattivante e dall’altro possono essere già frustrati o insoddisfatti e hanno bisogno di un approccio sensibile e rassicurante.
Ricerche internazionali hanno appurato che l’autoironia può giocare un ruolo cruciale nel migliorare l’interazione tra i chatbot e i consumatori e che l’uso appropriato dell’umorismo può creare un’atmosfera più amichevole e distesa durante le conversazioni, contribuendo a trasmettere un’immagine di marca più umana e autentica.
Tuttavia, non tutti i consumatori reagiscono allo stesso modo all’autoironia e le differenze generazionali giocano un ruolo significativo, come ha potuto constatare Cristiano Maurizi attraverso la somministrazione di un questionario ad oltre 200 persone, di diverse età. E’ venuto fuori che la Generazione X, cresciuta durante una fase di transizione tecnologica, tende ad apprezzare di più l’autoironia, che riflette l’ umorismo sottile e l’autodeprecazione presenti nella cultura popolare di quegli anni; mentre la Generazione Z, nata e cresciuta nell’era digitale, potrebbe avere aspettative diverse riguardo alla comunicazione e all’umorismo. Questo ci dice che sarebbe importante adattare le strategie di comunicazione dei chatbot anche in base alle caratteristiche demografiche del pubblico di riferimento.
Va precisato però che il campione dei partecipanti è stato relativamente piccolo e proveniente esclusivamente dall’Italia. C’è molto spazio, dunque, per ulteriori ricerche e sarebbe interessante esplorare come altri fattori, come l’uso dell’autoironia in contesti diversi, influenzino l’efficacia dei chatbot.
“Considerando il rapido cambiamento delle aspettative dei consumatori e l’evoluzione della tecnologia le strategie di comunicazione con i chatbot dovranno adattarsi continuamente per soddisfare le esigenze e le preferenze mutevoli del pubblico delle diverse età”, ha concluso Maurizi. Che, per la cronaca, si è laureato – tra gli applausi – con 109/110.